

Una volta prodotto, per un indipendente la sfida è portare il proprio film in sala. Così è frequente che un produttore curi anche la distribuzione: a questo argomento è stato dedicato l’interessante panel “L’autodistribuzione: un’opportunità, una necessità o un limite?” nella prima giornata di Visioni Incontra, la sezione Industry di Visioni dal Mondo, Festival internazionale del documentario la cui quinta edizione è in corso a Milano (12-15 settembre).
La legge del 2016 ha recepito questa prassi, agevolandola con il tax credit. Ma le criticità non mancano, ha affermato la moderatrice Cinzia Masotina (coordinatrice di Visioni Incontra), che ha auspicato ulteriori «interventi del legislatore per necessarie modifiche alla legge» ma anche l’attenzione di broadcaster ed esercenti su chi distribuisce il proprio film.
Ad aprire gli interventi è stata Nadia Trevisan, fondatrice della società friulana Nefertiti Film conil regista Alberto Fasulo. «I nostri sono “film difficili”, non da grandi incassi ma possono lasciare qualcosa allo spettatore. Con Menocchio, il nostro ultimo lavoro ambientato nel ’500 e diretto proprio da Alberto dopo il passaggio in concorso a Locarno abbiamo deciso di fare questa esperienza importante ma complessa per una piccola società. Siamo usciti il 30 ottobre 2018 e abbiamo fatto passaggi in 80 cinema (ma anche in università e centri culturali), con teniture nelle grandi città di una o due settimane e facendo girare molto le nostre 5 copie dcp. L’incasso? 85mila euro circa». Senza un grosso budget, si può investire su web e social, lavorare molto con l’ufficio stampa e sugli eventi: «Ogni settimana il regista o i due attori principali presenziavano a molte anteprime nei cinema».
Anche Apapaya di Simone Bachini, nata nel 2012 come casa di produzioni, da un paio d’anni si è aperta alla distribuzione, prima con documentari, «poi con un nostro film di produzione, Il vegetariano». Per Bachini occorre sempre valutare tanti aspetti: «Lavorare sui social dà visibilità a un film, ma quanti biglietti fa staccare? A chi ci rivolgiamo, a un pubblico specifico o anche a quello generalista? Vale la pena il tax credit per un lavoro che può durare anche due anni? La legge impone tetti minimi di spesa nei primi sei mesi dall’uscita: 40mila per i lungometraggi, 20mila per corti e documentari, con un beneficio di credito fiscale del 30%; ma a volte le spese sono inferiori se si attua una distribuzione a macchia di leopardo, con poche copie che ruotano, e non l’uscita nazionale classica».
Lo conferma anche Claudio Puglisi, Lo Scrittoio: «La distribuzione spesso è una necessità, non si può fare diversamente con certe opere che non trovano spazio. Ma è anche un limite: non è facile far stare in piedi economicamente tutto il lavoro creativo per eventi e iniziative».
Nel 2014 Se chiudo gli occhi non sono più quidi Vittorio Moroni passò in 110 schermi, «oggi sarebbe quasi impossibile perché molte sale che programmavano film simili non ci sono più».
Per Emanuele Nespeca di Solaria Film alcune problematiche sono inarrestabili, come le condizioni di un mercato sempre più difficile, «ma un dato positivo è che il prodotto aumenta per quantità e anche qualità, i nostri film negli ultimi dieci anni ottengono soddisfazioni nei festival. Solo che dieci anni fa si producevano 40 film d’autore che poi trovavano spazio, oggi 80/100 che non lo trovano. La legge? È già vecchia, la realtà è già cambiata: l’autodistribuzione serviva dieci anni fa, oggi ci sono altre opzioni. Un nostro esempio: 7 giorni di Rolando Colla è passato in 40 sale, l’incasso è stato basso ma almeno non dovevamo darlo a un distributore… Ed è un film che si è fatto vedere, ha circolato, ha avuto un senso.”