direttore Paolo Di Maira

VICARI/Il Passato è una Terra Straniera

Daniele Vicari ha tratto “Il passato è una terra straniera” dall’omonimo libro di Gianrico Carofiglio.
E’ la storia dell’amicizia fra Giorgio, studente modello, figlio di intellettuali borghesi e Francesco, suo coetaneo torbido e affascinante, che lo trascina nel mondo del gioco d’azzardo, della droga e della violenza.
Ne parliamo con il regista


Quanta Puglia c’è nel film? Quante e quali sono le locations pugliesi?
Il film è ambientato per più di due terzi a Bari e per poco meno di un terzo a Barcellona.
Per la natura del racconto la gran parte della locations è costituita da interni.
Mi sono sforzato di non trascurare però la relazione tra interni ed esterni, cosa che rende il racconto meno astratto.
Questo sforzo ha permesso di rendere Bari visibile nel film.
Perlopiù è una Bari notturna e semideserta, come quella del lungomare all’altezza della sede regionale, il molo dei pescatori a ridosso del teatro Margherita, le strade adiacenti e quelle interne della Fiera, il porto commerciale, via Dante ed il reticolo di strade che compongono il centro a partire dal Tribunale.
Una delle difficoltà  più grandi nella realizzazione del film è stata proprio la molteplicità  degli ambienti, circa cinquanta, più del doppio del normale.


Che funzione hanno i luoghi nel film in rapporto alla storia e ai personaggi?
Come ho già  detto il ruolo degli ambienti in questo film è caratterizzato da una netta preponderanza degli interni.
La scenografa, Beatrice Scarpato, ha fatto una enorme ricerca di ambienti dal vero, proprio per non trascurare il rapporto con l’esterno.
E poi è intervenuta, a volte stravolgendo gli interni, per raccontare quella particolare sensazione che avevamo in mente di trasmettere. Giorgio e Francesco, i due protagonisti, praticando il poker attraversano tutti gli ambienti sociali della città , dai “sottani” dei quartieri popolari alle case della borghesia barese adiacenti al Petruzzelli.
Francesco è un proletario che attraverso il poker tenta la propria scalata sociale, quindi il suo andirivieni tra gli ambienti sociali ha questa funzione.
Invece Giorgio, figlio della Bari bene, percepisce questo attraversamento come un progressivo sprofondare nel delitto e nella violenza.


Lei ha definito Bari una città  sull’orlo del baratro, e l’avventura di Giorgio come un viaggio nel ventre della città .
Com’è andato il viaggio?Come ha risposto il territorio?

Bari nella realtà  non è una città  sull’orlo del baratro, è al contrario una città  in grande trasformazione, solare e vitale.
E’ nel mio film che assume tinte fosche, perché il mondo frequentato dai due protagonisti è un mondo marcio, in preda al denaro e all’edonismo, soprattutto è la percezione che Giorgio ha di se stesso e della propria esperienza che rende tutto misterioso e pericoloso.
Dal punto di vista dell’accoglienza mi sono sentito letteralmente abbracciato dalla città , accolto con calore, ironia, competenza e voglia di fare.
Direi un’esperienza straordinaria sul piano personale e professionale. L’Apulia Film Commission, essendo ben concepita e ben diretta, ha delle enormi potenzialità  e può regalare al territorio significative possibilità  di sviluppo.


Quanto il film è stato fedele al romanzo nel ricostruirne l’ambientazione?
Dal romanzo ho preso l’atmosfera, ma avendo attualizzato la vicenda narrata (Carofiglio l’ha ambientata nel 1989), tutto è stato reinventato.

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