di Paolo Di Maira
Daniele Vicari sta lavorando a due progetti che hanno a che fare con il G8 di Genova.
Il primo, “Questa volta dai retta a me: corri”, è la storia di un caro amico di Carlo Giuliani, morto sei mesi dopo di lui.
E’ Prodotto da R&C, Vivofilm e Minollo film, è interamente ambientato a Genova.
“Potrebbe essere girato domani mattina “” dice con amarezza Vicari – abbiamo scelto gli attori e le location. Tutto pronto.
Ha avuto un ottimo punteggio dalla Commissione per il fondo di garanzia, è tra i primi cinque film finanziabili”.
Ma è una delle vittime del taglio al Fus.
“Per partecipare alla selezione i produttori hanno sborsato una quota di 3.000 euro che nessuno restituirà mai loro, è solo un piccolo corollario della situazione assurda che si è creata”.
Il secondo film è “Diaz”, la vicenda dell’irruzione della polizia presso la sede del Genoa Social Forum, prodotto da Fandango.
“Siamo ancora in sceneggiatura, Domenico Procacci ha intenzione di produrlo solo con soldi provenienti dall’estero. Che Dio lo benedica!”
Sono difficoltà , quelle di Daniele Vicari, comuni a molti altri autori.
Forse mai come questa volta la scure dei tagli al finanziamento pubblico sta mietendo vittime.
E il parziale reintegro di 60 milioni al FUS, per ora soltanto annunciato, non risolve i problemi del cinema italiano.
Il settore dello spettacolo è in fermento. Qual è la tua posizione?
Io sono stato purtroppo l’unico regista italiano ad aver criticato pubblicamente lo scorso anno le proposta di Tax Schelter e Tax Credit, non perché le ritenessi sbagliate in sé ma perché pensavo che questi provvedimenti fossero molto pericolosi fuori da un quadro normativo chiaro, e sarebbero stati usati come grimaldello per demolire il finanziamento pubblico.
Il finanziamento del cinema deve provenire da un mix di risorse alcune certe (finanziamento pubblico e tassa di scopo) altre di mercato, come avviene in tutti i paesi europei, ma fino ad ora ha prevalso l’improvvisazione anche da parte delle associazioni di categoria, una politica un po’ troppo avventurosa, basata su colloqui riservati con questo e con quello e non su percorsi pubblici e discussioni aperte, e il risultato è sotto gli occhi di tutti, un disastro totale, Tremonti ha concesso il Tax Credit ma ha azzerato il fondo di garanzia.
In una situazione di mercato totalmente ingessato com’è il nostro, significa che pochissimi produttori e pochissimi registi realizzeranno pochissimi film nei prossimi anni.
Condividi la protesta portata avanti?
Purtroppo le iniziative che sono state messe in campo fino ad ora sono insufficienti, poco più che embrionali, hanno ottenuto qualche articoletto, qualche plauso e qualche stroncatura.
Secondo me gli artisti devono rendersi conto di non essere un corpo separato dalla società , quindi devono comprendere quali sono le contraddizioni in cui l’attuale governo getta interi settori sociali e interi settori produttivi e allearsi con loro, non rimanere isolati.
Altrimenti la battaglia è persa in partenza, figuriamoci cosa può importare a chi perde il lavoro e non riesce a mantenere la propria famiglia, che Daniele Vicari, poverino, non potrà fare il suo film.
I registi devono avere come alleati almeno i lavoratori dello spettacolo, altrimenti di cosa stiamo parlando?
Sembra che per questo governo la cultura e lo spettacolo non siano una priorità ( in verità per nessun governo losono veramente mai state).
Tuttavia, non pensi che il FUS abbia ormai fatto il suo tempo, e occorra esplorare altre fonti e altri meccanismi di finanziamento ?
La legge Urbani ha rivoluzionato le modalità e gli scopi del finanziamento pubblico rendendolo più difficilmente accessibile e lo ha legato alla produzione -l’art 28 attribuiva il fondo al regista-, ma nessuno farà un bilancio di questi mutamenti che non sono stati secondo me per niente positivi.
Ma, a prescindere dalle possibili valutazioni, in mancanza di un mercato con regole equilibrate, certe logiche di fondo sono rimaste pressoché identiche.
Va detto che, nonostante le distorsioni, il finanziamento pubblico ha però consentito la produzione di un numero accettabile di film che hanno permesso al cinema italiano di non scomparire al cospetto delle restanti cinematografie europee e non solo.
Basta ricordare il caso de “Il Divo” e “Gomorra”, film che in Italia, senza il finanziamento pubblico nessuno avrebbe potuto produrre.
Ma dobbiamo urlare “”avremmo dovuto urlare!- che non basta, non è sufficiente. Invece come al solito il nostro provincialismo travolge tutto, noi abbiamo il record mondiale di intellettuali di sinistra che predicano contro il finanziamento pubblico, tanto per non rimanere indietro rispetto alle sirene mediatiche della destra.
Non c’è un solo paese europeo che abbia tagliato i fondi pubblici per la produzione culturale, anzi, Francia e Germania hanno aumentato e di molto l’impegno dello Stato, la Spagna è davanti a noi da un decennio, per non parlare dei paesi asiatici dove Cina, India, Corea del Sud spendono in questo settore e nella ricerca scientifica ben più dell’Italia da un pezzo.
Non so se qualcuno in Italia si è accorto che le nuove teorie e pratiche economiche (vedi il citatissimo Obama) sono basate su un massiccio intervento dello Stato in economia, per arrivare a un bilanciamento tra indebitamento pubblico ed indebitamento privato.
Invece siamo al paradosso che se lo stato italiano finanzia le banche va tutto bene, se finanzia le Scuole e l’Università spreca il denaro pubblico!
Tra sinistra al caviale e destra padanocentrica siamo messi bene davvero.
Cosa bisognerebbe fare secondo te?
Mi sento di affermare con forza che:
a) Il cinema è un settore economico, e come tale va trattato, dà lavoro a decine di migliaia di persone, ha un notevole indotto e produce un ritorno in tasse e contributi che non è trascurabile, e non solo a Roma (lo dico per i padanocentrici). I cineasti quindi non devono mai dare la sensazione di elemosinare soldi per le loro indispensabili opere, ma devono collocare ciò che fanno nella società , nel mondo reale, fuori dai salotti.
b) I film girano il mondo e portano la nostra cultura ovunque, nello spazio e nel tempo, solo gli ignoranti possono affermare il contrario. Non tutti i film sono all’altezza, è vero, ma nessuno può produrre per legge direttamente dei capolavori, bisogna fare tentativi su tentativi finché non si fa centro.
c) l’esercizio della libertà espressiva fa bene alla democrazia di un paese, anche quando è conflittuale, e fa anche bene all’economia. La ricerca artistica è spesso alla base di grandi avanzamenti in settori contigui come il design , la pubblicità , la moda.
d) fare una battaglia seria per la produzione e la circolazione sociale del sapere in generale, per tutte le discipline e le forme espressive.
Per quanto riguarda il cinema bisogna ottenere norme che permettano una produzione e una distribuzione vera, fuori da certi meccanismi umilianti, che costringono a misurare la polvere di sale d’aspetto pubbliche e private, nelle quali a volte non c’è rispetto nemmeno per grandi maestri.
e) se davvero si vuole ridurre drasticamente o addirittura eliminare il finanziamento pubblico, allora va fatta una legge antitrust, che permetta lo sviluppo di una vera indu-stria cinematografica, fatta da produttori veri “”attualmente ce ne sono pochini- sganciati dalla politica e dalle televisioni, con un circuito distributivo regolamentato seriamente e severamente, anche questo sganciato dalle televisioni.
Tutto il resto sono chiacchiere o furberie per favorire questo o quel gruppo di potere, chiacchiere alla quali fino ad ora hanno purtroppo dato un robusto contributo anche molti autori.
Per finire vorrei parlare dell’Abruzzo, una regione che ti è molto vicina, sia umanamente che professionalmente.
Subito dopo il terremoto dell’Aquila mi hai detto che questa regione non è mai riuscita ad autorappresentarsi. Perché?
L’Abruzzo, come molte altre regioni italiane, è terra di conquista per cineasti ed operatori economici vari, io auspico che da un trauma come quello subito, il terremoto dell’Aquila, l’intera Regione ne esca con una maggiore consapevolezza di sè.
Spesso le amministrazioni locali preferiscono facilitare la realizzazione di iniziative o opere olografiche e persino pittoresche, ora con il terremoto si rischia di cadere nel baratro del vittimismo.
Invece racconti più complessi possono essere magari scomodi, però aiutano la società intera a prendere coscienza di sé e delle proprie difficoltà .
Questo vale per tutte le Regioni italiane che stanno cominciando a svolgere una funzione determinante nella produzione culturale.
Mentre lo Stato Centrale evapora”¦
Hai detto anche che con la ricostruzione si presenta un’occasione storica: la possibilità di documentare questo processo.
E hai messo in piedi un progetto “aquilano”. Puoi parlarne?
Il terremoto è una tragedia incredibile.
L’Aquila è distrutta, sono morte centinaia di persone, e ci vorranno anni perché la vita lì torni alla normalità .
L’attenzione politica e mediatica sull’Abruzzo ha aspetti assai negativi. La politica ed i media strumentalizzano la tragedia in modo rivoltante, cinico ed incivile.
E’ per questo che ho sollecitato alcuni ragazzi dell’Aquila ad auto-raccontarsi, per prendersi la parola e, se necessario, urlare la propria rabbia e le proprie ragioni.
Ho messo insieme un gruppo di giovani cineasti dell’Aquila e dintorni che, attraverso il racconto della ricostruzione, raccontino anche la tensione verso il futuro di questa importantissima città italiana.
Questi ragazzi –Pietro Pelliccione, Mauro Rubeo, Francesca Tracanna, Michele Buo, Flavio Paolilli Treonze– stanno facendo un grosso e difficile lavoro.
Si tratta dunque di un progetto collettivo, che verrà realizzato nell’arco di un anno.
L’idea di fondo è quella di raccontare dal di dentro la vicenda del post-terremoto.
Stiamo valutando se farne un solo documentario o una serie.
La musica sarà realizzata dai Vegas, un gruppo aquilano molto interessante e il montaggio verrà curato da Luca Gasparini e Alberto Masi.
Il doc verrà presentato in forma di work-inprogress al Festival del Film di Roma, nella sezione Extra curata da Mario Sesti.
Oltre me che curo la parte artistica, i produttori saranno Gregorio Paonessa “”Vivofilm- e Valerio Mastandrea.