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direttore Paolo Di Maira

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VIAGGIO IN EUROPA

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Abbiamo dedicato, in questo fascicolo, una speciale attenzione a “TIR”, il film diretto da Alberto Fasulo selezionato in concorso all’ottava edizione del Festival Internazionale del Film di Roma.
TIR è un film singolare, dalla complessa architettura produttiva: il viaggio del protagonista, il camionista Branko, attraverso la nuova Europa, traccia anche il percorso che Fasulo ha seguito assieme a Nadia Trevisan, socia in Nefertiti Film, per mettere assieme i partner produttivi.

Partendo dalla coproduzione con la croata Focus Film di Irena Markovic, Fasulo ha ottenuto il sostegno finanziario di un Fondo regionale, di quattro Film Commission, del MiBAC e del suo omologo croato, e si è assicurato in corsa anche la collaborazione di Rai Cinema.
Contrariamente alla massima latina “pecunia non olet”, qui il denaro ha l’odore della storia, costruita in cinque anni di lavoro; un lavoro dove non c’è soluzione di continuità tra talento artistico e creatività produttiva, e che nelle pagine che seguono cerchiamo di raccontare.
Credo, infatti, che in film come “TIR” il cinema italiano, quello che diventa europeo, possa trovare gli elementi della crescita.

“TIR” è uno dei tre film italiani in concorso al Festival di Roma, assieme ad altre due opere seconde, “Take Five” di Guido Lombardi e “I corpi estranei” di Filippo Locatelli. Dei 18 film in concorso ben dieci sono opere prime e seconde. Il cinema italiano completa la sua presenza, fuori concorso, con “La luna su Torino” di Davide Ferrario, “Song’è Napule” dei Manetti Bros, “Come il vento” di Marco Simon Puccioni.
L’apertura del festival è affidata l’8 novembre alla commedia “L’ultima ruota del carro” di Giovanni Veronesi, la chiusura il 17 a “The White Storm”, crime thriller di Hong Kong.

E’ la “ schizofrenia controllata” della seconda volta da direttore a Roma di Marco Müller. Nel presentare il cartellone, Müller ha giocato con leggerezza sulla distinzione Festa (originaria identità) Festival (frutto della sterzata Rondi/De Tassis), non scegliendo.
L’aver ripescato – da parte di Müller – il modello “Toronto”, ha aggiunto disorientamento.
Il Festival di Toronto, giova ricordarlo, è unico, per aver saputo intrecciare il festival con il mercato con il tessuto della città.
E’ questo il modello che la “Festa” voluta da Walter Veltroni avrebbe dovuto seguire con determinazione e costanza (Cinema & Video Inter- national lo sostenne fin dalla prima edizione); ora, dopo sette contraddittorie edizioni, è tutto più difficile.

Anche in questa edizione il Festival di Roma (come usualmente la Mostra del Cinema di Venezia) sarà l’occasione per verificare lo stato del nostro cinema.
Durante l’evento romano – è stato annunciato – verranno rese note le sintesi emerse dai tavoli di lavoro indetti dalla Conferenza Nazionale del Cinema voluta dal ministro dei Beni e delle Attività Culturali Massimo Bray.

Difficile parlare di futuro del cinema italiano in un momento in cui, in Italia, è difficile parlare di futuro tout court.
Lo scenario è molto ben disegnato nelle parole con cui il columnist Frank Bruni chiude l’articolo “L’Italia che spezza il cuore”, recentemente pubblicato sul New York Times.
Scrive Bruni: “Per la mancanza di direzione dell’Italia, c’è una metafora fin troppo facile: i cartelli stradali diventati illeggibili perché coperti dai rami degli alberi. Passavo davanti a cose meravigliose, attraversavo un paesaggio splendido. Ma non avevo idea di dove stessi andando”.

Forse, per capire dove stiamo andando, qualche risposta possiamo cercarla nel viaggio organizzato da Alberto Fasulo in TIR.

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