L’immagine di Pierfrancesco Favino e Berenice Bejo che sorridono sul set de Il Colibrì di Francescea Archibugi ha fatto da sfondo al convegno “Italie, France: Focus bilatéral cinéma“, che si è tenuto ieri, 26 ottobre all’Istituto Francese di Firenze e ha aperto ufficialmente i lavori della XII edizione di France Odeon.
“Una coproduzione franco-italiana che esprime la nostra volontà di improntare tutto il festival e la discussione che lo circonda sulle relazioni fra le nostre cinematografie, una direzione su abbiamo deciso di marcare in maniera ancora più decisa da quando abbiamo saputo che entro fine dicembre sarà firmato il trattato bilaterale fra Italia e la Francia” esordisce il direttore del festival, Francesco Ranieri Martinotti
I fondi di coproduzione resi disponibili dagli stati e dalle regioni, le coproduzioni realizzate dall’Alliance fra France 1, Rai e ZDF, i numeri in crescita di Arte che ogni anno investe 200 mila euro in coproduzini con la Rai. L’Italia che accoglie il 10% dei film francesi distribuiti nel mondo: da quando ci sarà trattato bilaterale, questi due modelli potranno confrontarsi meglio e di più?
Questa la domanda che Martinotti ha rivolto alla vasta platea di interlocutori candidando la manifestazione fiorentina a sede privilegiata che indirizzi il confronto su questo trattato, come ha osservato anche Francesco Rutelli, che ha parlato dell’eccezione culturale, “inventata dalla Francia per contrastare il soft power americano e la loro penetrazione economica, politica, culturale che oggi ad esempio è rappresentata dalle piattaforme.” Ricordando la presidenza italiana del G20 e la prossima presidenza francese dell’EU, il presidente dell’Anica ha auspicato una leadership italiano-francese nella direzione strategica europea, un “soft power europeo legato al cinema e all’audiovisivo.”
Eccezione culturale è stato uno dei temi dominanti del convegno, culturale-industriale come sottolinea i produttore e presidente di CNA Cinema e Audiovisivo Nazionale Gianluca Curti, due facce stessa medaglia per salvaguardare le quali c’è assoluto bisogno che gli streamers rispettino le regole d’ingaggio, (“e l’unione più concreta del sistema Italia-Francia potrebbe portare una maggiore attenzione su questo”). Solo così gli OTT potrebbero realizzare la straordinaria opportunità di crescita che rappresentano, ovvero essendo aiutati a comprendere le situazioni uniche che Italia e Francia rappresentano. “Con l’80% della produzione in Italia in mano a produttori indipendenti under 40 che rappresentano la parte più innovativa e vivace e che, nel caso in cui questo rapporto equilibrato con gli streamers non si dovesse trovare, rischierebbero l’annullamento totale. Questa è una sfida epocale, e i decisori politici hanno molta responsabilità, visto che nei prossimi mesi si deciderà degli esiti del comparto per i prossimi vent’anni.”
Olivier Zegna Rata, Delegato generale del sindacato dei produttori francesi indipendenti ha parlato dell’Accordo sulla cronologia dei Media (le cosiddette finestre), che a breve diventerà decreto, e che tutela i film che escono in sala, che dovranno aspettare 15 mesi prima di arrivare sulle piattaforme. Dopo 6 mesi dall’uscita in sala scatteranno i 9 mesi di Canal Plus, “che a fronte della richiesta di una finestra più lunga, è dovuto tornare ad aumentare gli investimenti sul cinema, che negli scorsi anni si erano ridotti da 200 a 150 milioni. Sarà un accordo storico, che ha richiesto molto tempo”
Zegna Rata ha poi aggiunto che l’investimento di Netflix nella produzione cinematografica francese è del 4% del fatturato, ovvero 40 milioni di euro, diversa la situazione per le serie tv, “che sono il genere più scelto dagli spettatori, e per le quali l’obbligo di investimento è quattro volte tanto”
“L’obiettivo della cronologia deve essere quello di salvaguardare la sala, – ha sottolineato il direttore generale Nicola Borrelli, evidenziando però anche gli elementi di diversità fra il sistema italiano e quello francese, che dovrebbero indurre a pensare quanto sia opportuno usare gli stessi strumenti: “In Francia ci sono 4000 sale, noi ne abbiamo poco più di mille, ma i numeri di produzioni sono quasi equivalenti. Abbiamo 400 film potenzialmente in uscita nelle prossime 12 settimane e sistema non può assorbirli tutti.”
Quote d’investimento e regole d’ingaggio sono stati anche gli argomenti del presidente dell’APA, Giancarlo Leone:
“Devo dare atto alla DG cinema dell’impegno attivo nella ricerca di una soluzione, grazie a cui sono riusciti a mettere allo stesso tavolo tavolo governo, broadcaster tradizionali, OTT e produttori, anche se trovare un punto di sintesi sulle quote per ora è pressoché impossibile. Il passaggio successivo è quello delle regole d’ingaggio”
Non solo è pressoché impossibile, addirittura “le commissioni cultura e comunicazione della Camera hanno recentemente espresso con un documento la richiesta che siano facilitate ulteriormente le piattaforme e tolto loro l’obbligo di finanziare produzioni indipendenti” ha ricordato Antonio Ferraro manager cinematografico e tv, produttore,
Una richiesta che tutti si augurano, cada nel vuoto.
L’apprezzamento per le istituzioni nazionali del cinema è ciò che accomuna l’intervento di Leone a quello del produttore francese Jean Luis Livi (“il fatto di avere il CNC è una cosa meravigliosa, perché ci ha permesso di resistere al Covid e la politica della Francia ha permesso di mantenere un parco di sale forse unico al mondo, secondo solo, e forse neppure, agli USA”) .
I due però si sono ‘scontrati’ sulla convivenza fra cinema e audiovisivo, per Levi nettamente contrapposti (il cinema come il luogo della cultura e della memoria, che rischia di esser fagocitato dai prodotti consumabili all’istante e rispondenti solo a una logica di algoritmo). Per Leone giudicabili solo con il criterio – trasversale- della qualità, e differenziabili solo nelle modalità distributive.
Di coproduzioni internazionali, infine, ha parlato Luciano Sovena, che con Roma Lazio Film Commission, di cui è presidente, gestisce un fondo da 10 milioni ad esse dedicato: “c’è un’esplosione di coproduzioni, e da sei anni a questa parte il nostro maggior interlocutore è la Francia, ma purtroppo si tratta soprattutto di produzioni minoritarie francesi, perché è difficile entrare nelle maggioritarie per i produttori italiani. Così come acquistiamo i diritti di remake dei film francesi ma non avviene il contrario. Bisognerebbe iniziare a pensare a uno sviluppo comune delle sceneggiature.”