La notte degli Oscar, il 4 marzo, scopriremo se “Call me by your name” di Luca Guadagnino, con le sue quattro nomination – miglior film, migliore sceneggiatura non originale, miglior attore protagonista, migliore canzone originale – entrerà nella storia degli Academy Awards.
Che un film italiano sia uscito dal recinto del “miglior film straniero” è un ottimo segnale, e non stupisce che sia firmato da Guadagnino, il cui cinema è sempre stato molto apprezzato all’estero.
Le ragioni di questa “internazionalità” le spiega Elisabetta Brunella nelle pagine interne, individuando i principali punti di forza del film: “Call me by your name” è una co-produzione, può contare su una struttura distributiva internazionale, su un cast internazionale, e su quell’elemento che Armie Hammer (Oliver nel lm), ha definito “la terza protagonista”.
E’ l’Italia, che il raffinato talento di Guadagnino evoca più che descrivere, rappresentandola non attraverso icone quali Venezia o Firenze, Napoli o Roma, ma nella tenue campagna cremasca, in Lombardia.
Oltre Guadagnino, c’è attesa per un altro nome italiano, Alessandra Querzola, candidata per gli arredi al set di “Blade Runner 2049”, che conferma la tradizione di grande professionalità dei nostri tecnici.
Infine, proseguendo nel gioco delle metafore, scorgiamo, in questa corsa agli Oscar, un’altra protagonista: la Mostra del Cinema di Venezia.
La discreta storia d’amore tra Venezia e Hollywood dura ormai da qualche anno, con film che dopo il passaggio al Lido hanno spesso conquistato la famosa statuetta.
Stavolta, con le tredici nomination a “La forma dell’acqua”, Leone d’oro a Venezia 2017, sembra proprio che si vada alla cerimonia nuziale, officiante il direttore Alberto Barbera.
E che il già alto prestigio internazionale della Mostra cresca ulteriormente.