
“Non siamo orgogliosi di essere i primi, ma siamo soddistfatti di tutto quello che abbiamo fatto finora”: Così il presidente della Biennale, Roberto Cicutto ha ribadito, nella presentazione del cartellone di Venezia 77, oggi in diretta streaming, che la Biennale non avrebbe mai rinunciato alla Mostra “in presenza”, pur nel rispetto delle necessarie misure di sicurezza.
Sarà un “laboratorio” dice orgoglioso Cicutto, che con abilità da trapezisti ( allude, il direttore Alberto Barbera, al manifesto molto calzante alle contingenze di Venezia 77) “ha salvato il cuore della Mostra”: sacrificata la sezione “Sconfini” e delocalizzate “Venezia Classici”, ospitata dalla Cineteca di Bologna, e “Venice VR Expanded”, fruibile in streaming, il programma può comunque vantare 62 film più 15 cortometraggi.

“Non sarà un festival autarchico”, ha precisato Barbera: rappresentando più di 50 paesi, “non rinuncia ad essere vetrina della migliore produzione mondiale”.
Ma anche stavolta è generosa la presenza dei film italiani in concorso. Sono quattro film: “Le sorelle Macaluso”, tratto dall’omonima piece teatrale di Emma Dante, la quale torna a Venezia dopo l’esordio di “”Via Castellana Bandiera”; “Padre Nostro” di Claudio Noce, una vicenda reale ai tempi del terrorismo degli anni 70 rivissuta dal regista, allora bambino, con Pierfrancesco Favino produttore e interprete; “Notturno”, dove il regista Gianfranco Rosi restituisce allo spettatore la devastazione lasciata dalla infinita, sanguinosa guerra in Siria; promossa al “concorso” ( nel 2017 miglior film sezione Orizzonti di Venezia 74 con “Nico 1988”) Susanna Nicchiarelli ( “una delle voci femminili più interessanti del momento” annota Barbera) con un altro biopic: “Miss Marx”, vita della figlia più piccola del più noto Karl, prodromo del femminismo.
A proposito di donne, il direttore sottolinea che 8 titoli, sui 18 in concorso, sono diretti da donne. Sono, oltre alle 2 italiane citate: la francese Nicole Garcia con il thriller “Amants”, la polacca Malgorzata Szumowska con “Never Gonna Snow Again” ( che ricorda, ha detto Barbera “Teorema” di Pasolini) , l’indiana Chaitanya Tamhanecon con “The Disciple”, sulla musica classica indiana , la tedesca Julia Von Heinz che sulle orme di Margarethe Von Trotta ripropone il cinema politico con “And Tomorrow the Entire World”, sulla reazione violenta ai neonazisti in Germania, la bosniaca Jasmila Zbanic con “Quo vadis, Aida?” (le conseguenze del massacro di Srebenica), “Nomadland “di Chloe Zhao , film sui nuovi nomadi d’America con protagonista Frances McDormand, e la norvegese ( ma vive a Brooklin) Mona Fastvold con “The World to Come”, storia d’amore di fine ottocento tra due donne .
Sempre la sezione “Concorso” riporta al Lido nomi storici e beniamini delle Mostra, come Amos Gitai con Laila in Haifa ( la difficile convivenza tra israekiani e palestinesi) Andrei Konchalovsky con “Dear Comrades”, ambientato nell’Unione Sovietica ai tempi di Breznev.
A contendere il Leone d’Oro ci sono anche: Michel Franco con “Nuevo Orden”, Kiyoshi Kurosawa con il mèlo spionistico “Wife of a Spy” , l’iraniano Majid Majidi con “Sun Children” (un neorealismo alla Dickens), l’esordiente Kornel Mundruczo con il dramma familiare “Pieces of a Woman”, l’ azebaigiano Hilal Baydarov con “In Between Dying”.