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“Ci sono molte affinità fra l’l’Italia e l’Iran, se pensiamo alle nostre radici, al passato, ma anche al clima, alla freschezza della vita, alla vitalità della gente… Sono un conoscitore appassionato del passato del vostro paese, che ho visitato molte volte negli ultimi 20 anni, ho molti amici e conosco anche la lingua, le vostre location, la vostra umanità, i desideri, le ambizioni…Ne ho fatta di esperienza negli anni, non sono venuto a girare un film da turista”
Così il regista iraniano Amir Naderi parla del suo nuovo film, “Monte”, che sarà presentato a Venezia in una proiezione speciale Fuori Concorso.
Il primo da lui girato in Italia: è la storia, ambientata in un passato remoto, di Agostino, che vive in un villaggio semi-abbandonato ai piedi di una montagna con la moglie Nina e il figlio Giovanni, e della loro sfida quotidiana per abbattere la montagna, che si erge come un muro contro i raggi del sole che non arrivano mai a illuminare la loro terra.
“Erano circa dieci anni che volevo fare questo film, avevo pensato anche di girarlo in Giappone, ma era impossibile perché questa è veramente una storia italiana”, dice Naderi.
“Monte”, prodotto da Citrullo International, Zivago Media (Carlo S. Hintermann, Gerardo Panichi, Rino Sciarretta e Eric Nyari), in
co-produzione con l’americana Cineric e la francese Cinésud Promotion, in collaborazione con Rai Cinema e con un contributo alla produzione di 200 mila euro da parte di IDM Film Commission, è stato girato quasi interamente sulle montagne dell’Alto Adige a oltre 2.500 metri d’altezza, sul gruppo montano del Latemar, e in Friuli Venezia Giulia (anche con il sostegno della Film Commission del Friuli Venezia Giulia e del Ministero dei beni e delle attività culturali e del turismo – Direzione generale per il cinema).
E’ un film sulla sfida di vivere in alta quota, che è poi la condizione in cui sono stati catapultati anche gli attori e tutta la troupe che ha lavorato alle riprese in alta montagna.
Una cinematografia estrema che Amir Naderi ha commentato così: “L’Italia non è un paese facile in cui lavorare, per varie ragioni. Girare questo film poi, in condizioni climatiche e logistiche molto dure, è stato difficile, ma ho avuto la fortuna di lavorare con professionisti eccezionali, prima di tutto Daniele Frabetti e tutto il dipartimento della scenografia, che ha costruito dal nulla un intero paese medievale. E poi Monica Trappolini e il dipartimento costumi, il sound, a cura di Gianfranco Tortora, la fotografia di Roberto Cimatti e gli altri due direttori della fotografia (abbiamo girato con 3 camere), i bravissimi attori, Andrea Sartoretti e Claudia Potenza.
Una crew di 75 persone, gente che conosceva me e i miei film, e ha accettato la sfida proprio come il mio personaggio, Agostino, che vuole rendere possibile l’impossibile. Hanno creduto in me, si sono voluti mettere alla prova restituendomi quella che io considero l’espressione più autentica della vostra cultura.
L’idea era la mia, la storia veniva da me, ma è stata plasmata dal cuore, dalla passione di queste persone, proprio come accade con la roccia nel film: per me la pietra, tra l’altro, rappresenta l’Italia, la storia della vostra cultura e dei più grandi artisti che l’hanno lavorata creando capolavori, come Michelangelo o Bernini: sono anche loro che mi hanno ispirato questa storia”
Da “Monte” Fuori Concorso, a “Caffè” di Cristiano Bortone alle Giornate degli Autori: dal Medioevo si passa all’urgenza dell’attualità, rimanendo in Alto Adige. “Caffè” è un film corale e globale, tre storie che ci parlano del flusso epocale di migranti, dello scontro tra popoli e culture, del declino economico in cui versa la società occidentale,dell’emergenza ecologica. Tre luoghi del mondo, la Cina, il Belgio e l’Italia e un fil rouge universale che li lega e li attraversa tutti: il caffè.
“E’ stato un lavoro molto impegnativo, come girare un film a sé stante in ogni luogo, perché oltre al cast locale, ho voluto che anche la troupe tecnica fosse del luogo, per mantenere il massimo del realismo in ogni storia. L’unico elemento fisso è stato il direttore della fotografia, Vladan Radovic, premio David di Donatello per “Anime Nere”, che aveva già lavorato con me per “Samir”e “Rosso come il Cielo”, spiega Cristiano Bortone, che produce il film con la sua Orisa (in co-produzione con la belga Savage e le case di produzione cinesi Road Pictures e China Blue).
“Abbiamo girato nel corso di quasi 7 mesi da fine agosto dell’anno scorso. L’episodio italiano, ambientato a Roma, Trieste, e on the road, l’abbiamo realizzato tutto in Alto Adige”. E’ interpretato, fra gli altri, da Ennio Fantastichini, Dario Aita e Miriam Dalmazio. Le 3 le settimane di riprese in Alto Adige, fra Rablà, Bolzano e dintorni, hanno coinvolto la Helios Sustainable Films di Bolzano come service production, e sono state sostenute da un contributo alla produzione di IDM di 300 mila euro.
Continua Bortone: “Ormai l’Alto Adige è uno dei poli cinematografici più importanti in Italia, molto spesso con le film commission si fa un lavoro di mordi e fuggi, invece c’è molta voglia di far crescere realtà diverse da Roma, di passare del tempo con le professionalità locali, costruire con loro una troupe, e in questo caso abbiamo avuto la possibilità di farlo. E’ stato importante soprattutto in vista di possibili lavori futuri, per i quali adesso conosco già le persone valide, i luoghi, le modalità.”
Sono molti gli esempi al cinema, in cui un elemento del gusto viene utilizzato per evocare concetti più universali (“Chocolat”, “Caramel”, “Un tocco di Zenzero”): “Il caffè è poi legato a eventi storici, all’inizio della rivoluzione industriale e alla rivoluzione francese, al commercio equo e solidale: oggi è diventato uno status symbol soprattutto in Oriente. Non a caso il film è ambientato anche nella regione dello Yunnan, nel sud della Cina, ai confini con il Laos, il famoso Stato del caffè, dove abbiamo ricreato Pechino”, racconta Bortone, spiegando come l’eco- sostenibilità, oltre a essere un tema del film, è anche una pratica perseguita dalla produzione sul set, con il supporto del territorio altoatesino: “abbiamo cercato di fare un film ‘green’ pur non aderendo a nessun protocollo ufficiale, collaborando con varie realtà locali che ci hanno fornito partnership ‘in kind’. Ad esempio, abbiamo fatto un accordo con il Comune di Bolzano che ci ha fornito le biciclette per tutta la troupe, con l’Altro Catering di Bolzano, un catering equo-solidale, con piatti riciclabili e biologici. Abbiamo realizzto un accordo per la gestione dell’acqua, abbiamo cercato di evitare i generatori, facendo tutti gli allacci elettrici, abbiamo fatto la raccolta differenziata sul set…”
“Caffè” è la prima co-produzione ufficiale Italia-Cina, frutto anche del lavoro portato avanti da Bridging the Dragon, fondata da Bortone stesso (già produttore di “Rosso come il cielo”, uno dei film stranieri di maggior successo in Cina) e diventata presto punto di riferimento di tutte le co-produzioni fra Europa e Cina (da quest’anno partner ufficiale dei mercati di Cannes e di Berlino).
Il film, che vedremo al cinema dal 22 settembre con Officine Ubu, è sostenuto anche dal fondo d’investimento della città di Shangai D’Hive e dal governo dello stato dello Yunnan (Yunnan Comm. Group), oltrechè da Screen Flanders e dalla città di Anversa.
Die Einsiendler”, in gara a Venezia nella sezione internazionale Orizzonti è l’opera prima del giovane regista altoatesino, residente in Belgio, Ronny Trocker.
“L’idea del film nasce dal libro del giornalista trentino Aldo Gorfer, “Gli eredi della solitudine”, una sorta di foto reportage sui contadini di montagna nella Val Venosta negli anni ‘70, in cui si mostra la crudeltà di questo mondo arcaico”, rivela Trocker. “Mi ha molto colpito perché è lontano dai cliché romantico-buco- lici sui contadini che sono tanto in voga oggi, soprattutto in Alto Adige, che essendo una regione turistica, promuove questa sorta di idealizzazione.”
Il film racconta del giovane figlio di contadini Albert (Andrea Lust) che deve decidere se vivere con la madre (Ingrid Burkhard) nell’isolato maso di montagna della famiglia, o a valle, dove lavora nella cava di marmo. “Un dramma personale, una relazione di incomunicabilità fra una madre autoritaria e un figlio non più giovane e introverso, fra due outsider della società che non riescono a comunicare, ad articolare sentimenti, sogni”.
Continua Trocker: “Questa non comunicazione è ben presente in quelle valli, ha marcato anche la mia gioventù: per questo in tutto il film si parla molto poco. Ho cercato di raccontare con le immagini, le situazioni: parlano i luoghi.”
Due le location fondamentali : il maso e la cava di marmo a Lasa, entrambi in Val Venosta: “Ho scritto la sceneggiatura con il supporto del fondo di sviluppo (pre-produzione) di IDM – di 20.500 euro, n.d.r.- grazie a cui ho potuto fare location scouting in Val Venosta, al maso e alla cava di marmo, per capire come si vive e si lavora in questi luoghi.”
IDM ha poi sostenuto la produzione del film con 320.000 euro.
“Abbiamo girato 4 settimane e mezzo in ottobre e poi a gennaio, un’altra settimana, perché aspettavamo la neve”. Con la neve il problema è stato arrivare al maso. “E’ stata un’avventura, soprattutto per la troupe di Berlino e di Vienna (il film è una co-produzione fra la berlinese Zischlermann Filmproduktion e l’austriaca Golden Girls Filmproduktion & Filmservices,) meno abituati degli altoatesini a muoversi in queste condizioni, e in questo è stato fondamentale il lavoro della Echo Film, (responsabile del service, n.d.r.) che ha organizzato i trasporti. Preziosissimo anche il supporto dell’impresa di estrazione Lasa Marmo”.
Alle due le location principali si aggiunge Merano, per la scena finale e Silandro, la cittadina più importante della Val Venosta.
“La post- produzione delle immagini l’abbiamo fatta a Vienna, quella del suono a Berlino, e il missaggio in Francia, a La Fresnoy, una scuola che avevo frequentato anni fa, e che da questo tipo di supporto agli ex allievi.” Conclude Trocker.
A comporre il budget, di circa 1 milione di euro, ha contribuito, oltre al finanziamento della Film Commission altoatesina, il BKM tedesco, il Medienboard Berlin Brandeburg, poi l’ÖFI, l’istituto di cinema austriaco,e la tv austriaca Servus e Rai Südtirol.