di Adriana Marmiroli
Un bell’en plein quello di Rai Cinema per la 68. Mostra del Cinema: una ventina di titoli per lo più italiani tra film in concorso (“Quando la notte”, “Terraferma”, “L’ultimo Terrestre”, oltre alla pattuglia straniera di “Le Idi di marzo” e “Texas Killing Fields”), Fuoriconcorso (“Il villaggio di cartone”), in Controcampo italiano (“Scialla”, “Qualche nuvola”, “Cavalli”, “L’arrivo di Wang”), alcuni documentari (“Piazza Garibaldi”, “Out of Teheran”, “Qui pro quo”, “Io sono. La tratta”), mentre in altre sezioni sono allineati “Ruggine”, “Io sono lì”, “Il mundial dimenticato” (Giornate degli Autori), “Il silenzio di Pelesjan” (Orizzonti), “La-bas” e “Missione di pace” (Settimana della Critica).
Un elenco lungo e composito per cui lo stesso orgoglioso amministratore delegato Paolo Del Brocco parla di «risultato straordinario, che premia l’impegno della Rai nel cinema e conferma la volontà di porre all’attenzione di un pubblico, sempre più esigente e attento, film diversificati per storie, generi e linguaggi. Una strategia editoriale realizzata insieme ai produttori indipendenti che ha prodotto risultati estremamente positivi in termini industriali e culturali».
Ovvio, dati i “carichi” messi in campo, chiedere quali sono le aspettative della società rispetto alla presenza veneziana, soprattutto per quanto riguarda i film della selezione maggiore.
«Il primo obiettivo, partecipando a un festival come quello di Venezia, è la visibilità per i propri film. Vale per i film del Concorso, ma ancora di più per quelli inclusi nelle altre sezioni: più difficili e spesso meno commerciali.
Un festival serve a far trovare a ogni film il suo pubblico. Partecipare ha un ovvio risvolto culturale ma anche – inutile negarlo – economico.
Nei premi si spera (non neghiamolo: fanno sempre piacere) ma soprattutto ci aspettiamo visibilità , mediatizzazione, per usare un brutto termine”.
Del ritorno mediatico Del Brocco si dice abbastanza sicuro, anche perché si parla di film che trattano temi forti e attuali, in particolare «”Terraferma”, “Il villaggio di cartone”, “L’ultimo terrestre” e “L’arrivo di Wang” ruotano attorno all’integrazione, all’accettazione dell’altro, spesso in forma di metafora».
Colpisce il fatto che nel “pattuglione veneziano” di RaiCinema ci siano tanti film (certo trai più importanti) derivati da opere letterarie: “Quando la notte” di Cristina Comencini è da lei stato tratto da un suo affermato romanzo (edito da Feltrinelli, vedi box), “L’ultimo Terrestre” dalla graphic novel “Nessuno mi farà del male”, raccolta di racconti brevi realizzata da Giacomo Monti (ed. Canicola), “Ruggine” di Daniele Gaglianone dall’omonimo romanzo di Stefano Massaron (ed. Einaudi).
«Inventare storie è sempre più difficile”, riflette Del Brocco:
“Per un film, poi, è più facile partire dalle parole di un romanzo che da una pagina bianca. Hai un valore aggiunto sicuro».
Inoltre «rifarsi a un’opera preesistente ha non pochi vantaggi, a partire dalla sua rinomanza che ricade sul film, una rinomanza che l’opera originale non ha.
Si pensi a “Gomorra”: il film di Garrone avrebbe avuto comunque successo, ma mai come quello che ha avuto grazie al preesistente successo editoriale del libro di Saviano».
Anche se sono i produttori indipendenti a contattare di solito Rai Cinema con progetti in qualche modo già strutturati, è però vero che, quando il rapporto si inverte, ed è Rai Cinema che decide di dare il via a un progetto, molto spesso è da un libro che si parte.
«Riceviamo molti libri e talvolta alcuni ci colpiscono.
Un esempio è quello di “Bianca come il latte, rossa come il sangue”, romanzo di Alessandro D’Avenia: ce ne siamo innamorati e stiamo vedendo se ha le potenzialità di divenire film, sviluppandolo con un produttore.
Anche adesso, per esempio, sulla mia scrivania ho una decina di romanzi.
Diventeranno film?
Diciamo che 2-3 li trovo curiosi e sfiziosi: una commedia, uno drammatico e uno a metà .
Attualmente il 2012 è chiuso e stiamo pensando al 2013.
Ma penso che quei 2 o 3 libri entreranno in un processo di selezione. Verranno realizzati? Chissà ».
Certo è che, facendo la spunta delle opere realizzate da Rai Cinema, di matrice letteraria (film di Venezia a parte) ne escono fuori tante altre. Enumera Del Brocco: “Il giorno in più” dall’omonimo romanzo di Fabio Volo, “Bar Sport” di Martelli da Stefano Benni («un libro di culto, un film rischioso per le difficoltà di rendere omogenea una raccolta di racconti spesso fulminei: ma siamo molto soddisfatti dell’esito finale»), “Le premier homme” di Amelio da Albert Camus, “Un giorno questo dolore ti sarà utile” di Faenza da Peter Cameron; tra i film non italiani invece spiccano “Bel Ami” di Declan Donnellan e Nick Ormerod da Maupassant e “La straordinaria invenzione di Hugo Cabret” di Scorsese da Brian Selznick, il primo coprodotto, il secondo solo distribuito (come per altro, per restare in tema, “I tre moschettieri” da Dumas e “Conan the Barbarian” dalla saga di Robert ErvinHoward).
«Un discorso a parte per “A.C.A.B. – All Cops Are Bastards” di Sergio Sollima: qui il libro di Carlo Bonini è solo uno spunto per una storia molto diversa». Insomma a ben guardare circa il 50 per cento del listino 01 che è il “braccio” distributivo di RaiCinema ha questa matrice: una ragione ci sarà .