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direttore Paolo Di Maira

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UN ERETICO A ROMA

Il Festival del Cinema di Roma torna ad essere “Festa” così come nacque, nel 2006.
Se all’epoca fu apprezzata la felice intuizione di un evento che andava a conquistarsi uno spazio dove potevano coesistere spettacolo e business (il modello era, ed è, Toronto), ora è un po’ difficile rinnovare l’entusiasmo per un ritorno al passato; non tanto per la validità della formula, che era e rimane buona, quanto per la credibilità degli attori che mettono in scena questa riconversione: il direttore Marco Müller è in scadenza, e gli azionisti di riferimento, Comune di Roma e Regione Lazio, sono condizionati non tanto dalla politica (di progettualità c’è tanto bisogno), quanto dalla eccessiva mutevolezza della stessa.

Eppure, non sarebbe generoso giudicare il Festival di Roma dai capricci dei suoi direttori e dei suoi amministratori. In questi nove anni, nonostante lo scarso sup- porto finanziario della Fondazione, è stato fatto un lavoro interessante sul fronte del mercato e della creatività.

La sezione The Business Street ha tentato un approccio moderno al mercato del cinema, concependolo come luogo dove non si vendono i metri quadrati degli spazi espositivi, ma i film e soprattutto i progetti, le idee.
Anche quest’anno una delle creature più riuscite del Mercato di Roma, New Cinema Network, dedicato alle co-produzioni , ospita una serie di progetti (27) di altrettanti filmakers indipendenti europei.

Fa piacere segnalare, tra questi, il nuovo film cui sta lavorando Alberto Fasulo, vincitore, con “TIR”, del Marc’Aurelio d’Oro all’edizione 2013.
“Menocchio” è il titolo provvisorio che Fasulo ha dato alla sua storia, che finisce nell’agosto 1599 quando Domenico Scandella, detto Menocchio, fu bruciato nella piazza di Portogruaro perché giudicato colpevole di eresia dal tribunale del Santo Uffizio.
Menocchio era un mugnaio di Montereale, nel Friuli delle streghe e degli eretici, che nonostante le umili origini sapeva leggere e imparò a pensare: cominciò a farsi e a fare domande sull’origine della vita e sul perché della divisione della società in poveri e ricchi.
“Menocchio mi ha colpito – racconta Fasulo a Cinema & Video International – per- ché è un uomo umile, che cerca la verità, che si immola per le proprie idee. La storia che sto scrivendo è liberamente tratta dai verbali originali dei processi a Menocchio e ad altri personaggi legati alla vicenda”.
Fasulo rivendica la coerenza del suo percorso creativo, nonostante dall’ultimo film abbia fatto un salto di qualche secolo: “Come “TIR” e prima ancora “Rumore bianco”, sarà un film sul lavoro: Menocchio non è solo un mugnaio ma anche un falegname, è un uomo della terra, un umile, un autodidatta che combatte per essere legittimato dal grande sapere, si batte per la parità dei diritti, contro il potere della Chiesa”.
Il film ha ottenuto un finanziamento allo sviluppo da parte del Fondo Audiovisivo FVG ed è in attesa di contributo dal MiBACT, cui è stata inoltrata domanda.
“Contiamo di chiudere entro l’anno il finanziamento allo sviluppo – prevede Fasulo – il prossimo anno finiremo la sceneggiatura per finanziare il film ed entrare in produzione nel 2017”.
Su “Menocchio”, prodotto da Nadia Trevisan di Nefertiti Film con un budget di 2 milioni di euro, c’è già l’interessamento di una produzione slovena, anticipa il regista.
La scommessa di Alberto Fasulo è che anche stavolta Roma porti fortuna.

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