La prima notizia è che nei primi cinque mesi dell’anno il cinema italiano ha conquistato una quota di mercato di oltre il 35%.
La seconda è che quattro provvedimenti contenuti nella proposta governativa di riforma del cinema (in particolare gli incentivi fiscali), verranno stralciati e inseriti nelle disposizioni della Finanziaria 2008.
In questo fascicolo andiamo a esplorare, con un ampio servizio, l’inconsueta crescita d’interesse della distribuzione cinematografica nei confronti dei film italiani, tale da convincere anche le majors hollywoodiane a investire sulla produzione di film italiani.
Di cinema italiano si parla tanto fin da maggio, quando il festival di Cannes escluse dal concorso i nostri film.
Si sono poi succedute le critiche di Tarantino, le giustifi cazioni del direttore artistico del festival di Cannes Fremaux, evidentemente intenzionato a scongiurare per il futuro l’assenza non tanto del cinema italiano, ma degli italiani, numerosi e generosissimi frequentatori del Festival.
Nel frattempo i cineasti italiani si sono contati, hanno ripreso coraggio, e, costituendo il movimento dei Centoautori, hanno ora una voce. Naturalmente sono riaffiorati, sulla stampa generalista, vecchi rancori verso il cinema italiano reo di beneficiare degli aiuti dello stato senza averne merito.
Opportunamente, l’agguerrito movimento dei Centoautori ha replicato che la carta stampata riceve dallo stato undici (11) volte più del cinema, con esiti, diciamo noi, che sono sotto gli occhi di tutti. Pensiamo che se tra tanti brutti film venisse fuori un bel film, sarebbe un buon risultato, con un costo sopportabile dalla collettività .
Siamo anche convinti che tanti brutti giornali producano disinformazione, con grave danno alla collettività .
Ma torniamo al cinema italiano, alla poesia evocata da Bernardo Bertolucci.
Nel suo appassionato intervento (su Repubblica, lo scorso giugno) chiede al mondo politico di sostenere il cinema, perché il cinema possa ricominciare a “essere nutrito e nutrire la realtà che lo circonda”.
Il cinema è uno dei modi (un’occasione da cogliere) per “rompere un’estraneità che si ingigantisce ogni giorno di più,”¦che ci fa sentire come morti”.
Prendiamo le parole di Bertolucci come un’ esortazione perché la politica (ma non basta, la società nel suo insieme deve sentirsi coinvolta) cessi di essere ostaggio del primato dell’economia e torni a fare progetti.
In sostanza, torni a guardare al futuro.
Le parole sul cinema, almeno per una settimana, lasceranno il posto alla fiction televisiva, che ha per la prima volta un festival ad essa interamente dedicato.
Per il governatore del Lazio Piero Marrazzo, che l’ha voluto, RomaFictionFest, dal 2 al 7 luglio, è un’occasione per rivendicare l’esistenza, sul territorio, delle risorse che hanno reso l’ audiovisivo un importante comparto economico.
Crediamo che la manifestazione possa allungare il respiro, fino a raggiungere mete più ambiziose, zone inesplorate.
Può “fare cultura”.
Proprio per questo il festival presenta più di una incognita, a incominciare dal pubblico: sarà il solito pubblico dei grandi eventi, o lo stesso che va al cinema, o sarà quello che abitualmente sta a casa a vedere la tv?
Nell’ultimo caso la manifestazione avrebbe pienamente centrato l’obiettivo.
Perché questo non è un festival come tutti gli altri.
Nella presentazione alla stampa dello scorso giugno il direttore Felice Laudadio ha ribadito, con parole e ruolo certamente più incisivi, convinzioni da noi espresse su questa stessa colonna nel fascicolo dello scorso febbraio.
RomaFictionFest, ha detto Laudadio, mette in vetrina “contenuti per far pensare”.
Rivolgendosi a milioni di persone, la fiction televisiva “influenza e forma la coscienza civile del pubblico”.
Dunque, “ha una fortissima responsabilità “.
L’intervista con Ettore Bernabei, realizzata nelle pagine che seguono, solca in modo esemplare questo stesso terreno.
Riuscirà RomaFictionFest a “far pensare” i tele-spettatori, e, soprattutto, riuscirà a educare chi ne ha il compito , a fare una televisione migliore?
PAOLO DI MAIRA
Cinema&Video International n.6-7 Giugno/Luglio 2007