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Si chiama T-Green Film ed è il disciplinare lanciato da Trentino Film Commission per una produzione cinematografica ecosostenibile. Operativo dal febbraio 2017, ha registrato un immediato successo: su un totale di 8 lungometraggi ammessi nello scorso anno al contributo del Fondo, ben 5 hanno richiesto la certificazione. L’incentivo economico all’adozione del disciplinare da solo non basta a spiegarne la fortuna.
Infatti, incide per un 5% sul contributo percepito, il cui tetto è di 200 mila euro; significa che non si superano i 10 mila euro.
“Diciamo che invoglia a provare”, commenta il responsabile di Trentino Film Commission Luca Ferrario, precisando che “il produttore deve comunque essere predisposto ad una condotta green”.
Ma chi sono questi produttori “virtuosi”? Cinema & Video International ha raccolto i loro commenti. Esperienze significative, perché provenienti da produzioni diverse tra loro per genere, per budget e per origine.
Uscirà il 6 settembre “Ride” di Jacopo Rondinelli, (scritto e co-prodotto da Fabio Guaglione e Fabio Resinaro -con la loro Mercurious e Tim Vision-, autori anche della supervisione artistica), thriller adrenalico che racconta la storia di due riders acrobatici che vengono invitati a partecipare ad una misteriosa gara di downhill sulle montagne del Trentino.
Un film molto atteso perché è uno dei primissimi esperimenti in multicam, con sequenze girate anche con una ventina di go pro in scena contemporaneamente.
Tommaso Arrighi, che con la sua Mood Film ne ha curato la produzione per Lucky Red, lo definisce “un film che per la natura stessa della storia aveva un potenziale molto green, potenziale che poi l’adesione al disciplinare T-Green Film ha permesso di valorizzare a pieno.”
Innanzi tutto per quanto riguarda il risparmio energetico: “le go pro sono camere che vanno a batteria, che non hanno bisogno di un’illuminazione particolare. Inoltre, la modalità di ripresa prevedeva che i personaggi le avessero addosso: sul casco, sullo zaino… Questo impediva quasi sempre di avere illuminazione artificiale o costruita. Adottando il disciplinare, poi, abbiamo scelto di evitare totalmente l’uso del gruppo elettrogeno. Inoltre, ci muovevamo su un set molto “leggero”, per l’assenza di scenografie, di costumi. Altro capitolo è stato quello dei trasporti, che sono stati ottimizzati per operare a piena capacità, utilizzando veicoli appartenenti alla categoria dei più bassi livelli di inquinamento.”
La troupe, poi era piuttosto piccola e molto ‘trentina’: “abbiamo impiegato tante maestranze locali: attrezzisti, assistenti scenografi, unità di trucco e parrucco, autisti, qualche persona di produzione, il capo reparto fonico, Carlo Missidenti, il location manager Massimo Lorenzato”.
Per questo il Trentino era il luogo d’elezione per “Sconnessi”di Christian Marazziti, commedia (uscita in sala nello scorso febbraio) che racconta di un’eccentrica famiglia allargata che si ritrova in una baita di montagna senza connessione internet. “Scoprire che anche il Trentino ha lo stesso tipo di approccio all’ambiente ci ha convinti ancora di più che questo era il posto giusto per girare.” Spiega Roberto Cipullo, produttore del film.
La baita è stata ricreata all’interno del Palazzo delle Miniere di Fiera di Primiero, una frazione di San Martino di Castrozza, che ospita un museo e varie esposizioni.
“La film commission ha messo in campo delle eccellenti sinergie, soprattutto con l’Apt di San Martino di Castrozza e il suo direttore, Manuel Corso, che è stato un prezioso location scout”, racconta Cipullo: “Poiché non riuscivamo a trovare una baita abbastanza grande, Corso ci ha messo in condizioni di girare all’interno del museo, che è stato svuotato e ri-arredato.”
L’allestimento è piaciuto così tanto che l’APT ha chiesto alla produzione di lasciarlo due o tre mesi in più, ed ha organizzato una mostra, da metà giugno a settembre 2017, grazie a cui i visitatori hanno goduto di ‘un’anteprima’ del set del film, cui si è aggiunta anche la proiezione di alcuni spezzoni.
Aderire al T-Green Film, prosegue Elvira Afeltra, ispettore di produzione di Camaleo, comporta sostenere qualche spesa in più, “ad esempio quelle per il materiale biodegradabile per il catering, per la scelta di fornitori la cui sostenibilità fosse garantita, e per l’effettivo riciclo dei pannelli di legno usati per le scenografie. Ma allo stesso tempo consente anche risparmi ed economie di scala: gli stessi pannelli li abbiamo riutilizzati negli eventi che organizziamo. Gli arredi, inoltre, ci sono stati forniti da una serie di aziende e subito dopo le riprese riutilizzati in showroom e fiere del mobile, senza alcun impatto sull’ambiente”. Perciò, alla fine, “ la bilancia pende dal lato benefici”.
Un film “super green”, assicura Nadia Trevisan, che lo ha prodotto con la sua Nefertiti Film (in co-produzione con la rumena Hai Hui Entertainment e Rai Cinema), aderendo al protocollo T-Green Film di Trentino Film Commission.
“E’ un film girato grazie al territorio -spiega- e non solo in Trentino, dove abbiamo girato 2 settimane, ma anche in Friuli Venezia Giulia, dove abbiamo realizzato la maggior parte delle riprese”. Dal Friuli pro- viene il materiale utilizzato per le scenografie “che è stato poi riciclato alla fine delle riprese. Alcune scenografie le abbiamo date ad associazioni, altre sono rimaste al Castello del Buoncosiglio a Trento”.
Nel cuore della città, il Castello del Buonconsiglio, che nel film è il palazzo vescovile (dove si trovano le prigioni) e il palazzo del podestà, è stata l’unica location trentina del film: “Abbiamo girato solo dentro il castello sia in luoghi aperti al pubblico che non, e questo è stato possibile solo grazie alla fortissima collaborazione con la direzione del castello e all’attenta presenza della film commission”.
L’aver girato in un’unica location ha certamente favorito il rispetto del protocollo green, che ha fra le azioni virtuose eleggibili il fatto che l’albergo dove alloggia la troupe si trovi a una distanza di massimo 10 km dal set.
Anche i ristoranti previsti devono garantire criteri di sostenibilità: “ad esempio il catering da noi selezionato era fornito dal bar all’interno del castello ovviando così a spostamenti inutili di troupe e cast. Inoltre tutti disponevano di borracce personali per l’acqua e sono state predisposte apposite aree per la raccolta differenziata sul set”.
L’apporto green è stato condiviso anche dal co-produttore estero. Lo sottolinea Trevisan: “il reparto costumi era rumeno, guidato da Viorica Petrovici, costumista di grande talento, che ha subito capito la visione del regista, aderendovi con grande disponibilità e creando meravigliosi abiti di popolani, di preti, che poi sono stati dati ai magazzini per essere riutilizzati.”
La preoccupazione di un produttore è sempre quella di razionalizzare i costi, evitando gli sprechi, non solo di denaro, ma anche di materiale e di tempo: è questa, sostanzialmente, la logica che predispone il cinema ad una sensibilità ambientale. Ne è convinto Emanuele Nespeca, line producer per Minerva Pictures di “Restiamo Amici”, il nuovo film di Antonello Grimaldi, passato in concorso allo scorso Taormina Film Festival e girato fra Trento, Rovereto, e Riva del Garda:
“Tendenzialmente cerchiamo sempre di rendere più razionale il set, sia per la gestione dei rifiuti, che per l’ottimizzazione dei trasporti. In Trentino poi, scegliendo di aderire al protocollo, abbiamo fatto dei passi ulteriori: il catering, ad esempio non prevedeva cestini, sul set era organizzato un buffet e tutte le stoviglie erano biodegradabili, l’uso della plastica era vietato, e abbiamo fornito tutta la troupe di borracce, che ognuno riempiva da un boccione. Abbiamo usato proiettori luminosi con lampade a led e non abbiamo praticamente mai acceso il generatore grazie a un accordo con Trento Energia, per cui quasi tutte le location hanno avuto la loro cabina con l’allaccio diretto alla corrente elettrica. Il risparmio energetico ha generato anche beneficio economico, perché la benzina costa più dell’elettricità.”
“Quello che sarebbe a mio avviso necessario – suggerisce Nespeca, -è una maggiore flessibilità nell’applicazione di certi punti del protocollo, poiché per certi film alcune delle opzioni non sono praticabili.”
Per esempio, la regola che prescrive di alloggiare entro 10 km dal set: “cosa che nel nostro caso era impossibile, perché giravamo in location distanti fra loro e non sarebbe stato possibile cambiare albergo di continuo”.
Le produzioni, poi, hanno la possibilità di scegliere un green manager da assumere. Nei casi sopracitati, Stefano Boscherini, che assieme aAPPA e alla film commission ha creato il disciplinare: “un ingegnere che conosce a fondo il protocollo e ci ha rassicurato su molti aspetti che ci preoccupavano e che poi si sono rivelati più semplici del previsto”, assicura Arrighi.
La comunicazione è in effetti un punto centrale del TGreen Film, e non si limita solo ai professionisti che scelgono di rendere il loro set più green.
Capitolo strategico e lungimirante del disciplinare, adottato da tutte le produzioni descritte sopra, è infatti quello che prevede, fra i criteri che compongono il punteggio finale, azioni di comunicazione verso il pubblico, quali la produzione di clip, trailer e backstage volti a illustrare le buone pratiche adottate sul set, o la descrizione di tali pratiche nei press kit o in conferenza stampa.
“C’è un gran bisogno del TGreen Film”, sottolinea Nadia Trevisan. “Certo, è essenziale un dialogo fra i responsabili del protocollo e i pro- duttori perché ogni film è un caso a sé, ma una maggiore attenzione alla sostenibilità in questo momento è davvero preziosa per tutti.”