di Magdalen Nabb
Gavino Ledda ha fatto due lunghi viaggi nella sua vita, il primo parte dalla nascita a Siligo, attraversa l’infanzia del pastorello analfabeta, e approda allo scrittore di un libro di grande successo; l’altro riparte da questa sua “seconda nascita” come scrittore: un viaggio che continua tutt’oggi .
Del primo sappiamo qualcosa da “Padre Padrone”, ma il secondo?
La pubblicazione di “Padre Padrone” segnò una svolta definitiva nella letteratura sarda.
Altri avevano scritto della vita dei poveri in Sardegna “””Elias Portolu” di Grazia Deledda per citare un precedente illustre “”ma hanno scritto nel conforto delle loro ville borghesi, osservando attentamente, scrivendo con immaginazione e grande talento, ma sempre osservando.
Mai ha scritto dei pastori un pastore. Ora non si può tornare indietro. Anzi, secondo lo stesso Ledda, si deve compiere un passo ulteriore verso l’autenticità .
E’ per questo che l’autore di “Padre Padrone” scrive di nuovo la sua storia, scrivendola in sardo.
In questi trent’ anni è stato autore, regista e interprete del suo premiato film “Ybris”, ha scritto “Lingua di Falce” (Feltrinelli 1978), “Aurum Tellus” (Scheiwiller 1991) “I cimenti dell’agnello” (Scheiwiller 1995).
In tutti questi anni ha studiato a fondo la linguistica sarda.
L’anno scorso ha vinto il premio Nonino. E ora?
Ho incontrato Gavino Ledda a Siligo: lavora in cucina a un computer con due monitor per scrivere contemporaneamente la seconda versione di “Padre Padrone” in sardo e in italiano.
Veramente sarebbe il terzo, dato che nell’estate del 1970 scrisse in forma di saggio quello che poi diventò la narrazione stesa tra il 1972 e il 1974.
Una volta finita questa nuova versione in sardo, Ledda ne vorrebbe trarre un film.
Prima di parlare di questo nuovo progetto, vorrei tanto sapere cosa hai pensato del “Padre Padrone” dei Taviani la prima volta che l’hai visto. Che effetto ti ha fatto?
Quella prima volta Vittorio Taviani mi ha chiamato e mi ha detto. “Vuoi vedere il film, Padre Padrone?” Questo era a maggio, prima che lo portassero a Cannes. A me sembrava bello. Era bello. Però era difficile per me giudicarlo. Vedi”¦era il primo film che io avevo visto. Il primo. Io ero analfabeta anche in materia di cinema. Però mi piacque. Era un piacere che tenevo nascosto, ma mi piacque”¦
Ora, dopo trent’anni, come ti è sembrato?
Questa volta i Taviani non c’erano, stavano lavorando al nuovo film sugli Armeni ( “La masseria delle allodole”, ndr) e così non c’erano. Io ho accettato di andare alla Cineteca di Bologna a vedere il film e parlare con il pubblico a condizione che il giorno dopo facessero vedere “Ybris”. E così hanno fatto. Questa volta era diverso. Prima non avevo visto altri film ma ora Gavino è cresciuto, ha cominciato a ragionare. Così quando ho visto il film””due mesi e mezzo fa””ho visto che l’inizio ( i primi dieci minuti) era bello, perfetto, in perfetto equilibrio, ma poi i Taviani si perdono. Quando cominciano a trasformare”¦si scompensano, non lo so”¦ma questo non vuol dire: ognuno giustamente fa il suo film. I Taviani hanno letto la mia storia e si sono inamorati e li ringrazio anche. Però, Padre Padrone è un libro indigeno, nato qui.Come sono indigeno io, nato qui. Quando farò il film in sardo, sarà diverso.
Generalmente gli autori sono contenti comunque, quando fanno un film, perché poi vendono più libri. Per te non è stato così?
Per me manca la controprova. Non è detto. Il libro era già tradotto in tante lingue, era già molto conosciuto. In tutte le cose ci sono due facce”¦è vero che quando il film ha vinto la Palma d’oro c’è stata un’eco mondiale, ma era già mondiale il libro, ecco. E l’altra faccia è che nel loro film non c’è la Sardegna com’è realmente, e così quelli che in Africa o in Sud America che hanno visto il film e non hanno letto il libro hanno un’immagine della Sardegna falsa. Non è colpa dei Taviani, perché per fare un film sardo bisogna stare in Sardegna almeno dieci anni per capire tutto, e questo non è possibile.
A proposito di questo problema, la figura della madre per me stonava molto. Mi sembrava fuori posto e mi disturbava.
Anche a me. Disturbava tutta la Sardegna! Quel ridere “”una capra sembrava, era un ticchio. Quella non è una donna sarda, una madre sarda, non è una madre mediterranea. E’ una madre falsa, una madre dei Taviani. Una donna di qui che ha novantacinque anni mi ha detto: “˜Se fosse stato mio marito, l’avrei legnato io.’ E avrebbe fatto bene! Ma mia madre non era matriarcale, era soggetta al padre padrone.
Il padre era recitato da Omero Antonutti .Recentemente, intervistato da Cinema & Video International a Trieste, l’attore ha detto di essere dispiaciuto del fatto che il nuovo film vuoi girarlo in sardo. Ha detto “lo farà senza di me”. Questa volta lui non sarà Abramo.
Lo posso capire, sì, ma questa volta Abramo sarò io. L’importante poi sarà trovare un bambino che può recitare Gavino in sardo. Sto lavorando molto con le scuole. A me i bambini mi ascoltano. I professori sono padroni e non si ricordano più di quando erano minori. Io sono rimasto sempre bambino e per questo mi ascoltano. Il 15 Giugno, per esempio, ho fatto al Teatro Civico di Sassari un pezzo teatrale con i bambini che si chiama “Su Occhidorzu.” Questi bambini non sapevano parlare sardo, io l’ho insegnato a loro, e il pubblico è rimasto sorpreso. Ha applaudito tanto. Ultimamente sono stato a Nuoro per un incontro di cineasti sardi. Ma non è cinema sardo se è in italiano. Bisogna salvare la nostra lingua e io devo fare la mia parte. Fare un film è un grosso impegno, è pesante. Ci vorranno tre anni di lavoro e sarà duro.Ma lo voglio fare.
Il problema del “padre padrone” secondo te è un problema locale o appartiene a tutto il mondo?
La padrepadronia è un problema mondiale, ma oggi è molto peggio. Oggi c’è solo il padrone, il magnate che rovina il mondo, la natura, per arricchirsi. Il padre non c’è più.
Altro buon motivo per rifare il film, allora. Sarà molto diverso? Devo rimanere fedele alla mia storia. Però all’epoca avevo omesso delle cose, cose che ora voglio mettere. Poi, in questi trenta anni ho fatto un viaggio dentro me stesso e mi sono accorto di una cosa importante. Il libro, nella sua prima stesura, era stato capito come la storia di un patriarca, non come la storia di un bambino.
E’ vero che tuo padre è morto recentemente?
Si. E’ morto a Febbraio. Aveva novantanove anni e due mesi.
Vedo la sua foto sul caminetto insieme a te e la madre. Il vostro era un rapporto odio-amore?
Odio no. Conflitto si. Lui era forte, io sono forte. Ma odio mai, no.
La nostra intervista si conclude nell’orto botanico creato e curato con passione da Gavino Ledda non lontano da casa sua. Lì parla della Sardegna di oggi. “La Sardegna si sta sviluppando male e questo è un problema politico. L’afflusso turistico va controllato. La Sardegna non è solo mare. La Sardegna è mare e anche animali””pecore, cani, vacche, maiali. Ed è anche sugheri e querce. Il turismo si deve sviluppare rispettando la natura “.
Cinema&Video International n.8-9 Agosto/Settembre 2007