Uscirà nelle sale solo per tre giorni “Mi chiamo Francesco Totti”, il film di apertura della Festa del Cinema di Roma, prodotto da Vision Distribution e Universal, che hanno anticipato le uscite su Sky.
Furiosi gli esercenti, che parlano di beffa in un comunicato firmato da UECI e lanciano un grido d’allarme rivolto al Ministro Franceschini, chiedendogli di non concedere eventuali richieste di Deroga al decreto Bonisoli (che “prevedono obblighi di uscita e tenitura sul circuito cinematografico prima di trovare accesso al piccolo schermo, pena la perdita di molte contribuzioni pubbliche riconosciute ai produttori ed ai film”), e al contrario di vincolare Vision ed Universal a programmare il film nelle sale e mantenendo la finestra di 105 giorni come da Decreto.
La decisione di anticipare l’uscita su Sky a novembre nonostante le dichiarazioni rilasciate da Nicola Meccanico di Vision Distribuiton alle agenzie ( “le prevendite sono andate molto bene e siamo pronti a stare di più, se gli esercenti ce lo chiederanno”) come riporta il comunicato UECI, avviene all’indomani di altri duri colpi per l’esercizio, quali: “il diniego di uscita sul grande schermo dei migliori film (Mulan, Soul distribuiti da Disney; Il principe cerca moglie 2 da Paramount e Le streghe della Warner Bros) a favore delle piattaforme televisive, scelta che ha lasciato un vuoto incolmabile nei listini ed il deserto nelle sale, poi i ritiri anticipati di molti prodotti Cinematografici o il loro rinvio sine die”.
Muove da qui l’accorato appello a Franceschini: “Caro Ministro, gli esercenti hanno chiesto di tenere il film, a Roma in particolar modo, ma la risposta di Universal è stata un muro di gomma, ed il distributore ha mantenuto l’uscita di soli 3 giorni. E’ evidente allora che tutta la pubblicità fatta in sala (prima e dopo la proiezione) – effettuata con tempi non corrispondenti alle limitazioni del decreto Bonisoli – è andata a beneficio del piccolo schermo: una strategia voluta e speculativa, attuata con lusinghe e promesse non mantenute. Non si comprende allora come giustificare le risorse pubbliche destinate alla distribuzione cinematografica, se questa anzichè sostenere i prodotti cinematografici destinati al grande schermo valorizza l’uscita sui canali televisivi e piattaforme streaming, che producono solo utili per aziende che non sono presenti sul territorio e che utilizzano mezzi di diffusione non aggreganti.”