di Marco Spagnoli
“Forse farò la fine di Lindsay Lohan: sto cercando una clinica dove curino i produttori di documentari e riescano a disintossicarli da questa insana passione.”
Nicola Giuliano, fondatore insieme a Francesca Cima della Indigo Film (una delle poche società di produzione attiva sia in ambito documentaristico e film di finzione), non ha dubbi:
“Lavorare in Italia è molto difficile, se non impossibile.
Abbiamo realizzato molti documentari, in passato, ma incominciamo a rinunciarci.
Non perché sia “˜dura’, o perché non siamo in grado di trovare un equilibrio tra i costi di produzione e la scelta di storie interessanti da raccontare.
Purtroppo il mercato, soprattutto per quel che riguarda la televisione, si sta riducendo e, ancora peggio, sta cominciando a seguire le stesse regole commerciali della produzione di cinema di fiction”.
Sulla stessa lunghezza d’onda è Gregorio Paonessa di Vivo Film, produttore de “Il mio Paese” diretto da Daniele Vicari presentato a Venezia nel 2006 e vincitore del David di Donatello per il Miglior Documentario nel 2007.
Nonostante il riconoscimento, il coproduttore Raicinema non ha distribuito il film al cinema, e Paonessa ha deciso di fare tutto da solo con il sostegno della CGIL (tra i soggetti finanziatori del documentario nell’ambito delle celebrazioni del suo centesimo anno di vita).
L’uscita in dieci copie è stata pressoché ignorata dal grande pubblico e, alla fine, il film è stato pubblicato lo scorso Natale in Dvd per RCS conquistando immediatamente una nomination agli Italian Dvd Awards nella categoria miglior Dvd documentario italiano.
“Forse la cosa migliore per me è cercare insieme a Nicola Giuliano quella clinica per produttori.” Scherza Pavonessa, e aggiunge: “Il problema è che non esiste un circuito di sale per i documentari e il pubblico non è ancora abituato al cinema del reale.”
Nonostante le difficoltà , il passaggio al cinema resta centrale nel lancio dei film, soprattutto per quello che riguarda la televisione.
E anche se il mercato theatrical sembrerebbe non essere ancora “˜maturo’, la produzione negli ultimi anni è in crescita.
Non solo in termini di quantità , ma anche dal punto di vista della qualità , la produzione media italiana sta migliorando.
A testimoniarlo, di recente, le uscite di titoli come “Vogliamo anche le Rose” di Alina Marazzi distribuito da Mikado e di “Biùtiful Countri” di Esmeralda Calabria, Andrea D’Ambrosio, Peppe Ruggiero portato nelle sale da Lionello Cerri per Lumière & Co., che, per quanto poco visti dal pubblico, sono stati accolti benissimo dalla critica e dai media.
“Il problema è che, forse, noi stessi produttori e distributori non crediamo a sufficienza nei documentari al punto da investirci in termini di marketing e promozione quanto meriterebbero.”
Dice Barbara Dall’ Angelo di Dall’ Angelo Pictures
“Ultimamente le produzioni documentaristiche internazionali sono sempre più pensate per il mercato theatrical e quindi la sala è fondamentale .
In Italia le cose non sono semplici, ma il settore dimostra una grande vitalità e segnali di sviluppo.
Il pubblico dimostra di essere sempre più interessato.
Forse non a tutti i generi, ma titoli come “La marcia dei pinguini” e “La Volpe e la Bambina” testimoniano che ci sono potenzialità anche per le sale.
Aumentando l’offerta e la sua varietà , il pubblico verrà sempre più attratto.
Del resto se all’estero il documentario al cinema funziona, perché non dovrebbe succedere lo stesso anche da noi?
Tutto sta nel costruire un mercato attraverso lo sforzo di tutti.”
Per Alessandro Signetto, presidente della Associazione Italiana dei Produttori di Documentari Doc / It il bicchiere è decisamente mezzo pieno:
“Qualcosa sta cambiando velocemente. Da questo anno, dopo alcune trattative, RAI sarà più chiara e precisa su quanto dovrebbe essere speso per l’acquisto di documentari e la loro coproduzione.
Anche il satellite offre molte possibilità : Fox Channel, Cult e History Channel stanno cominciando ad aprire spazi per molti documentari prodotti in Italia e anche La 7 risulta attenta a questo settore.” Signetto aggiunge “Stiamo esplorando anche altre possibilità .
Dvd venduti su siti web specializzati e download stanno già offrendo numeri interessanti.
In futuro, quando tutti i cinema saranno in grado di proiettare in digitale, i documentari potrebbe trovare un più facile accesso nelle sale.
Adesso la chiave è trovare distributori illuminati in grado di investire in termini promozionali nel cinema del reale così come, ad esempio, ha fatto Feltrinelli per quello che riguarda il mercato del video.”