direttore Paolo Di Maira

Tendenze / Una parte di cinema si chiama TV

di Adriana Marmiroli


Jacqueline Bisset mi guarda con quei suoi occhi incredibilmente trasparenti.
Non è più la ragazzina di “Due per la strada” né la splendida trentenne di “Effetto notte”.
E’ una fantastica signora che se la ride dei chirurghi plastici e della crisi degli “anta” che colpisce inesorabile le sue colleghe.
Non ha mai smesso di lavorare.
E se il cinema si è fatto avaro, tutto puntato sulle ventenni, come ammette senza rimpianti – tanto “ce ne sarà  sempre una nuova e più giovane di te” -, la tv non l’ha scordata: l’abbiamo vista recentemente nei panni di perfida senza rimorsi nella serie cult “Nip/Tuck”e al RomaFictionFest in un tv movie di genere sentimental thriller anglo-tedesco, “Carolina Moon”, ancora un ruolo di inflessibile, tosta, ma questa volta madre di famiglia.
“Se la sceneggiatura è valida non ci sono problemi. Le cose sono cambiate molto, soprattutto il modo in cui sono guardati gli attori che fanno tv. In Inghilterra è sempre stato così, si lavorava per teatro, televisione e cinema indifferentemente. Negli Usa invece venivi stigmatizzato. Ma ora anche lì è cambiata la situazione. Per le donne, soprattutto, i ruoli migliori arrivano da questo mezzo. Molte attrici si sono adeguate e sono contente di queste produzioni”.
Come lei tante. E tanti.
Oltre Atlantico e in Italia.
E’ questa forse la tendenza (se di tendenza si può parlare) più nettamente emersa durante la neonata manifestazione romana.
La fiction, il cinema per la televisione, seriale o meno, si abbevera di talenti nati e cresciuti nel cinema.
Tra i due media è più che mai viva una sorta di intercomunicabilità  a tutto campo, valida per cast artistico ma anche tecnico.
Inoltre, mentre il cinema è in relativa stasi produttiva, la fiction pare ancora in grado di crescere.
Di qui, cambiando le cifre in gioco, l’accresciuto interesse per quella che era, fino a pochi anni fa, la sorella “minore” e “brutta” del cinema. Il premio Oscar Vittorio Storaro che firma, entusiasta, le luci della miniserie “Caravaggio” e dichiara: “Questi progetti sono possibili ormai solo in tv”.
Gabriele Salvatores e Michele Placido, che presentano in pompa magna e massimo affollamento le nuove serie che si preparano a trarre dai rispettivi film “Quo vadis baby?” e “Romanzo Criminale” per Sky, sono entrambi convinti che i loro film avessero di fatto tanto di inespresso e molte potenzialità  che in tv si potranno esplicitare: sia in termini di approfondimento della storia (“Romanzo criminale”, si sa, ha dovuto rinunciare a molto del libro di De Cataldo per restare nei tempi canonici del cinema) che delle storie e del personaggio principale (“Di Giorgia Cantini, la protagonista abbiamo potuto vedere solo un aspetto della sua vita e del suo carattere” chiosa Salvatores, che del progetto sarà  “solo” supervisore e per la regia ha ingaggiato il cinematografico Guido Chiesa).
Claudio Santamaria e Laura Chiatti che debuttano sul piccolo schermo con “Rino Gaetano”.
Marco Risi che per la prima volta dirige un tv movie, “L’ultimo padrino”, si “innamora” del mezzo e si prepara a passare alla miniserie.
Marco Tullio Giordana che ci ha preso gusto e dopo “La meglio gioventù” dà  corpo al tante volte rimandato progetto sulla coppia maledetta Ferida e Valenti (“Sangue pazzo”).
Margarethe von Trotta cui viene dedicata una retrospettiva delle opere televisive (tante, inedite da noi, un aspetto della sua carriera francamente sconosciuto in Italia).
E che dice che la tv le permette di fare e velocemente ciò che il cinema, anche in Germania, è ormai troppo lento a recepire.
Uno come Sergio Castellitto, che non si può certo accusare di fare cinema commerciale, da anni scorazza da una parte all’altra, senza remore né problemi di credibilità  d’attore.
Sabrina Ferilli, nata professionalmente al cinema, da anni raccoglie le maggiori soddisfazioni in tv, lo ha sempre ammesso.
E al cinema torna periodicamente per film di grande richiamo popolare che però forse le danno molto meno dal punto di vista professionale.
E Virna Lisi, per decenni volto anche da esportazione del nostro cinema, se non avesse la tv che la usa con regolarità , forse farebbe solo la nonna.
E una grande dama da Oscar come Helen Mirren è un modello per tutti: essere stata per anni una poliziotta frustrata nella serie “Prime Suspect”, non le ha impedito di essere “Elizabeth I “in un tv movie pluripremiato, né l’altra Elizabeth, la seconda con lo stesso nome, nel cinematografico “The Queen” di Stephen Frears.
E la sorridente, solare Greta Scacchi che tutti ricordano interprete per Ivory, i Taviani e Altman, confessa di non trovare alcuna differenza tra il girare per il cinema o in produzioni come quella delle miniserie “Broken Trail” o “The Trojan Horse”.
E a proposito di “Broken Trail”: che dire se non che questa miniserie, diretta da Walter Hill, ha per produttore e protagonista un grande vecchio del grande schermo come Robert Duvall?
Il quale, a proposito di film e fiction, esprime tutto il proprio apprezzamento per quanto si fa per il piccolo schermo, dove la storia può distendersi e assumere la cadenza dell’epica e i personaggi svilupparsi ed evolvere.
Che per un attore è poi il meglio. “Il mio film preferito, tra quelli che ho girato? “Lomesone Dove”- non ha dubbi Duvall – una miniserie, dove ho potuto essere uno splendido Amleto western, che è poi il mio genere preferito e che la tv sa raccontare così bene da sempre, proprio perché non ti costringe a dire e dare tutto in due ore”.
Il “Guerra e pace”, kolossal internazionale di Lux Vide è stato proprio questo: la possibilità  di raccontare l’irraccontabile in un film (una mera questione di tempo), usando però tutto del cinema, il cast, i tecnici, la tecnica: campi lunghi, scene di massa, sfarzo nei costumi e negli arredi. Una produzione che sarebbe certo piaciuta a un grande come Visconti, che “” almeno per amor di provocazione e voglia di sperimentazione “” non si sarebbe tirato indietro.
Magari per realizzare quella Recherche proustiana che fu il suo grande sogno insoddisfatto e che, malgrado vari lodevoli, tentativi cinematografici, nessuno è ancora davvero riuscito a trasporre in immagini in modo compiuto e completo.


Cinema&Video International                 n.8-9 Agosto/Settembre 2007

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