“Se non otterremo quello che chiediamo, noi prenderemo tutte le iniziative necessarie a bloccare tutto il funzionamento del cinema italiano” : non ha usato mezzi termini il presidente dell’ANICA Riccardo Tozzi, nel comunicare a Riccione lo scorso 3 luglio, durante Cinè, lo stato di agitazione indetto da tutte le categorie dell’audiovisivo italiano in risposta al taglio operato dal governo sul tax credit
Così ridotto, stanziamento dimezzato a 45 milioni di euro e rinnovato per un solo anno (“Avrebbe dovuto essere stabilizzato, già con la scadenza triennale non funzionava”) il tax credit non serve a niente.
Tozzi ha ricordato che l’industria del cinema aveva fatto un patto con lo Stato: l’istituzione del tax credit si accompagnava alla riduzione del FUS. Patto ignorato dal governo con “effetti micidiali”: il dimezzamento delle agevolazioni fiscali del tax credit blocca nell’immediato il 90% dei film prodotti sul territorio, facendo perdere già da quest’anno occupazione a oltre 2500 lavoratori del settore il lavoro. In più blocca l’arrivo di produzioni estere sul territorio italiano e, nel contempo, provoca la delocalizzazione all’estero delle produzioni, vanificando l’impatto sul territorio, anche grazie all’incremento del turismo.
E se il presidente di ANICA ha parlato di “un taglio drammatico alla cultura”, perché, ha detto, in queste condizioni “il film d’autore non si fa più”, già colpito dalla riduzione del FUS e ora con un tax credit inutilizzabile, il vicepresidente Giampaolo Letta ha operato un distinguo, sottolineando che il tax credit “che è una misura strutturale industriale che si attiva soltanto quando ci sono investimenti privati” è altra cosa dal FUS, che per la sua natura di finanziamento diretto può essere percepito come il solito intervento assistenzialistico. Lo stesso Letta ha ricordato che la mobilitazione in occasione del Festival di Roma 2010 portò alla stabilizzazione del finanziamento del tax credit, con l’introduzione delle accise sui carburanti. E dal momento che quelle accise non sono state cancellate, le coperture finanziarie ci sono.
Durissimo l’intervento di Giovanni Veronesi, che a nome degli autori ha minacciato uno “sciopero a oltranza”: se ci fermiamo, ha detto, “noi mettiamo in ginocchio il mercato”.
Va aggiunto, come ha opportunamente segnalato il presidente ANEC Lionello Cerri, che il tax credit non opera solo sulla produzione e la distribuzione, ma anche sull’esercizio. “con il taglio si mette in forse anche il passaggio al digitale, e alla conta mancano soprattutto le monosale”.
La mobilitazione di tutte le categorie del cinema, che si è fatta sentire anche il 6 luglio a Taormina in occasione della consegna dei Nastri d’Argento, si è data una scadenza alla data della conferenza stampa della Mostra del Cinema di Venezia, il 25 luglio. Se per quella data il tax credit non verrà reintegrato, recita il documento diffuso a Riccione, “saranno messe in campo forme di protesta che potranno arrivare anche al boicottaggio di ogni manifestazione pubblica del cinema italiano, cominciando proprio dal prossimo festival di Venezia”.La parola passa ora al governo: nel frattempo, lo scorso 11 luglio, le associazioni hanno incontrato il Ministro per i Beni e le Attività Culturali, Massimo Bray e il viceministro allo Sviluppo Economico con delega alla Comunicazione, Antonio Catricalà, presentando un documento nel quale sono state sintetizzate le osservazioni e le richieste del settore: ripristino a 90 milioni della dotazione del provvedimento sul Tax Credit, e sua stabilizzazione e consolidamento come misura permanente per lo sviluppo del cinema italiano. Nell’attesa di una risposta, la mobilitazione continua.