direttore Paolo Di Maira

TAX CREDIT/C’è ma non si vede

di Paolo Di Maira


Due sembrano essere le notizie venute fuori dall’incontro sul tax credit e sul tax shelter alle Giornate Europee del Cinema e dell’Audiovisivo di Torino: la prima è che queste norme, più volte annunciate, di fatto non sono in vigore, la seconda è che la loro attuazione prevede, dopo il nulla osta di Bruxelles, la creazione di intermediari tra fisco e produttore-investitore.


Cinecittà  Holding dovrebbe essere il riferimento per la gestione delle procedure relative ai benefici fiscali (ma non vi è nulla di uffi ciale al momento) mentre è uffi ciale il desk di assistenza gestito da ANICA e API in collaborazione con il Ministero dei Beni e Attività  Culturali.
Tempi lunghi, dunque, confermati da Mario La Torre e Gian Marco Committeri , esperti esterni al MIBAC, che fanno parte del gruppo di lavoro per l’estensione della normativa.
I due docenti universitari a Torino erano con le valigie pronte per Bruxelles, impegnati in un serrato confronto con la Commissione Europea che dovrà  vigilare che la legge italiana sia conforme ai requisiti comunitari imposti per gli aiuti di stato.


Bisognerà  attendere il prossimo anno per avere un parere definitivo. Nell’attesa, La Torre e Committeri hanno motivato lo spirito della legge 244 del 2007 , spiegando, per esempio, perché il legislatore si è concentrato più sul Tax Credit che sul Tax Shelter .
Quest’ultimo, infatti, essendo una misura di detassazione degli utili d’impresa è difficilmente praticabile per le aziende di cinema, che molto raramente producono utili, e per la stessa ragione è poco appetibile per le aziende esterne al settore.
E’ facile dunque prevedere una scarsa incisività  di tale beneficio sul mercato.

Più articolata è invece la norma sul tax credit, che contempla la possibilità  di compensare crediti fiscali (IRES,IRPEF,IRAP,IVA,contributi previdenziali e assicurativi) con il credito maturato a seguito di un investimento nel cinema.
Il Tax Credit non limita l’azione al produttore.
Ha chiarito Mario La Torre: “Abbiamo immaginato un’operazione di filiera, cioè un credito d’imposta che fosse spendibile da parte del produttore, del distributore, dell’esercente, da parte delle imprese di produzione esecutiva”, oltre che da imprese esterne al settore.
Alla base c’è l’idea che il credito fiscale debba innescare dei meccanismi “virtuosi” che continuino a produrre effetti anche dopo che il meccanismo dell’aiuto di stato cessa.
E così, senza entrare nel merito del meccanismo, estremamente complesso, se il produttore beneficia del 15% di credito d’imposta, il distributore e l’esercente arrivano al 20%, le produzioni esecutive al 25%.
Per l’investitore esterno, infine, il tax credit è del 40%: quat’aliquota, così elevata, mira a favorire l’afflusso di capitali privati, tentando di correggere un’anomalia tutta italiana, dove le imprese cinematografiche “fanno un’operazione di funding su loro stesse, attingendo al denaro pubblico oppure dal settore attraverso il meccanismo delle prevendite”.


Nel confronto con la Commissione Europea, che fissa il tetto degli aiuti di stato al 50%, l’Italia ha chiesto che i film considerati difficili o a basso budget possano sommare fondi da FUS, da Film Commission e tax credit fino a un massimo dell’80% del budget.

Gian Marco Committeri ha voluto, nell’incontro con i professionisti presenti, sottolineare alcune differenze qualificanti rispetto agli schemi europei, che spiegano anche il perché del dialogo serrato con Bruxelles. 1) Il rapporto dell’investitore con il produttore è regolato da un contratto di associazione in partecipazione agli utili, “che vuol dire che i finanziatori del film non spogliano il produttore della proprietà  del film”. 2) La fruibilità  del beneficio: per il produttore, distributore, esercente italiano è un beneficio che si sostanzia in un beneficio di cassa, cioè è spendibile sull’F24 mensilmente. Soltanto gli investitori esterni devono aspettare la fine del film per avere la certezza e la spendibilità  del beneficio.
Dunque, per il produttore “non c’è solo vantaggio economico ma anche finanziario perché la gestione finanziaria ne beneficia in maniera importante e soprattutto dall’inzio della produzione.
Per il produttore quindi questo 15% è budget, è copertura pura e semplice”.

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