
La problematica del prezzo del biglietto quanto frena realmente l’idea di passare una serata al cinema? Tra le principali risultanze della ricerca “I giovani italiani e il cinema” realizzata dall’Istituto Toniolo per Fondazione Ente dello Spettacolo, campeggia anche il giudizio del campione di intervistati sul prezzo elevato del biglietto come principale causa (per il 44,1% del campione) della scarsa frequentazione delle sale da parte dei Millennials.
Seguono a distanza altre due motivazioni strettamente collegate tra loro, ovvero l’abitudine a scaricare i film illegalmente (20,5%) e la preferenza per il consumo domestico (17,1%) considerato più confortevole.
Si tratta di un dato poco oggettivo visto che il costo del biglietto è ormai fermo da circa 10 anni e cresce meno rispetto al tasso di inflazione, indicativo di una percezione legata all’accresciuta varietà dell’offerta di contenuti cinematografici e audiovisivi fruibili ormai su numerose altre piattaforme distributive soprattutto on line decisamente più convenienti sotto il profilo del pricing (basti pensare che il prezzo di un biglietto di un film in 3D è superiore al costo mensile dell’abbonamento a Netflix).
Da un recente studio della Commissione europea emerge che il 50% di chi scarica illegalmente lo fa perché ritiene troppo alti i prezzi dei cinema ma anche dei servizi di download legale (a dimostrazione che la nostra offerta on demand di cinema non è ancora sviluppata e competitiva).
Quali soluzioni mettere in campo per avvicinare al grande schermo fette crescenti della popolazione che preferiscono altre forme di consumo?
Le politiche di prezzo possono rappresentare una leva in grado di invertire la tendenza, tenendo conto che il prezzo medio del biglietto nel nostro Paese è uno dei più bassi a livello europeo e risulta invariato da 10 anni?
Il calo degli incassi registrato nel 2014 rispetto al 2013 (- 7,09% pari a 575 milioni di euro, dato Cinetel) è di un punto percentuale superiore a quello delle presenze (91,5 milioni di spettatori pari al – 6,13%) proprio a causa della diminuzione del prezzo medio del biglietto, sceso nel 2014 a 6,02 euro (-1,1% rispetto al 2013 e -3% rispetto al 2012). Sembrerebbe che la leva del prezzo non possa da sola determinare una significativa inversione di tendenza (1).
Al contrario, un test interessante e ben riuscito per comprendere la praticabilità di simili politiche è l’iniziativa CinemaDays che quest’anno per la prima volta si propone in “alta stagione” nel cuore dell’offerta autunnale a testimonianza del forte impegno da parte di tutta l’industria.
Il progetto ha ricevuto un convinto sostegno della DG Cinema del MiBACT. La drastica riduzione del prezzo a 3 euro ha portato in sala (2500 schermi aderenti) 1,8 milioni di spettatori in 4 giornate di programmazione. Le presenze hanno segnato un +146% rispetto ai primi 4 giorni della settimana precedente e un
+ 225% rispetto all’omologo periodo dello scorso anno. Osservando gli incassi, l’incremento è stato pari al 33%, che sale addirittura all’89% rispetto all’anno scorso, raggiungendo la cifra di 5 milioni 580 mila euro in 4 giorni di programmazione.
Un esito che andrebbe studiato più a fondo, evitando limitazioni stagionali da ‘evento’, caratterizzate da scelte estemporanee e non sistematiche, tutto il contrario di ciò che avviene in Francia (con la Fête du Cinéma o con Le Printemps du Cinéma) e in Spagna dove l’ultima edizione della Fiesta del Cine organizzata dalle associazioni di categoria e sostenuta dal Ministero della Cultura, ha permesso al pubblico di andare al cinema con 2,90 euro, registrando più di 2 milioni di spettatori in 3000 schermi.
Sebbene sia già stato annunciato il bis di CinemaDays in primavera, occorre un salto di qualità “politico” e attuare una strategia progressiva che in prima battuta renda ‘continuativa’ l’operazione a 3 euro almeno un giorno a settimana (rafforzando ad esempio l’opzione del mercoledì, giorno in cui tradizionalmente le sale praticano sconti e promozioni).
In attesa di portare in sala almeno una parte di quel 50% della popolazione che non va neanche una volta al cinema (i cd. “Cinemai”) occorrono interventi a compensazione dei rischi assunti dagli esercenti e distributori nella forma di sostegni diretti attraverso progetti speciali e/o riduzioni dell’IVA sui biglietti.
Nel medio e lungo periodo sono auspicabili iniziative permanenti e ben comunicate.
Sarebbe utile e strategico metterle in atto all’indomani della chiusura di un anno, il 2015, che si chiuderà con un box office positivo rispetto al 2014, con ben 2 film sopra i 22 milioni di euro (“Minions” e “Inside Out”) e addirittura 9 titoli sopra il maggiore incasso di tutto il 2014, ovvero “Maleficent” (14 milioni).
A tal proposito è allo studio una proposta lanciata dal Ministro Franceschini di attivare una iniziativa speciale per spronare gli italiani, soprattutto i giovani, a recarsi in sala sulla scia della domenica gratis ai musei.
Ma è necessario valutare l’impatto ed eventualmente immaginare come accaduto in Francia una riduzione dell’IVA.
Proprio in questo Paese gli esercenti hanno deciso di non capitalizzare la riduzione di quest’imposta – dal 7% al 5% – ma di trasferire il beneficio agli spettatori, rendendo permanente l’iniziativa del biglietto unico per i minori di 14 anni a un prezzo preferenziale di 4 euro.
L’effetto è stato notevole, e nei primi due mesi di operatività si sono registrati 2,5 milioni di presenze in più nelle 5500 sale francesi.
D’altra parte gli esercenti, pure con qualche voce dissonante, vedono in questa misura anche un investimento.
Infatti, per ogni bambino che entra al cinema a prezzo ridotto, vi è almeno un accompagnatore adulto, se non addirittura due, che pagano il biglietto pieno. Insomma, in realtà il prezzo super scontato offerto ai ragazzi funzionerebbe da moltiplicatore delle presenze non solo tra i più giovani.
Le politiche di prezzo – che lo ricordiamo sono il frutto di accordi commerciali di mercato (in passato anche sottoposti ad una istruttoria antitrust in quanto restrittive della concorrenza) – vanno necessariamente inquadrate all’interno di più ampie strategie di comunicazione con il pubblico.
L’esperienza di altri Paesi mostra come ove i cinema siano più liberi di fissare i propri prezzi, come nel Regno Unito, oltre a promuovere un maggior pluralismo di programmazione, è possibile realizzare una estrema discriminazione sui prezzi per segmentare il pubblico, favorendo in tal modo un sistema di cross subsidies tra tipi diversi di spettatore e conseguentemente un aumento delle presenze.
Restando nel Regno Unito, il prezzo medio del biglietto è di 6,70 sterline. Ma questo ci dice poco delle numerosissime possibilità di prezzi ridotti rivolti a bambini (a partire da 1 sterlina!), anziani, militari, disoccupati, o a chi è disposto ad andare al cinema in giorni non “di punta”; tanto meno ci racconta delle esperienze “deluxe” offerte a chi va a vedere contenuti alternativi (37,50 sterline per l’opera in diretta), o film in 3D (fino a 3 sterline in più sul biglietto semplice) o chi sceglie il lusso del servizio con bar, guardaroba, poltrone ultra comode e servizio di concierge (questo è possibile al cinema Vue di Westfield, Londra, con un sovrapprezzo di 7,50 sterline).
Uno studio recentissimo ha addirittura calcolato che la sala Cineworld di Ashton, vicino Manchester, offre ben 224 profili di prezzo su 7 diversi tipi di biglietto.
E anche laddove un biglietto “normale” viene fissato dall’industria – in Francia naturalmente, dove questo importo è ridefinito ogni anno e, nella misura di un 10,7%, va a finanziare la produzione cinematografica nazionale – lungi da essere una tariffa o un prezzo amministrato, lascia in realtà spazio a molte iniziative per incoraggiare i cinefili.
Oltre alla già citata Fête du Cinéma e i prezzi ridotti riservati a particolari categorie di spettatori, hanno molto successo le tessere d’abbonamento illimitato. Naturalmente questa complessità deve essere adeguatamente comunicata al pubblico, per non ingenerare la falsa percezione di un costo apparentemente elevato del biglietto del cinema – i 10 euro francesi.
In realtà solo il 6% dei biglietti viene venduto a quel prezzo in Francia, tutti gli altri essendo staccati a prezzi ben inferiori.
Il grosso degli incassi, circa il 30%, deriva da biglietti compresi tra i 5 e i 6 euro.
E ben vengano i tagliandi “business class”, purché si renda chiaro allo spettatore che in tal modo la sua esperienza sarà molto più di una semplice seduta in una sala buia.
Anche in Italia non siamo all’anno zero. I nostri cinema propongono offerte altrettanto diversificate anche grazie a partnership con operatori telefonici (3, Vodafone): basti guardare agli scostamenti tra prima settimana di uscita e quelle successive, tra prezzi interi pagati nei giorni feriali e festivi; esistono promozioni legate al giorno della settimana o a specifiche condizioni degli spettatori (età, status sociale, ecc.), così come servizi accessori, quali le tessere prepagate, la prevendita del biglietto, la prenotazione del posto e i servizi di ristorazione.
È compito dell’industria, in particolare degli esercenti, fare chiarezza a questo proposito e trasmettere il valore dello spettacolo, inteso come qualità dell’offerta ma anche dei servizi offerti dalle strutture.
(1) Nota: Occorre evidenziare che le indagini statistiche a nostra disposizione possono fornire solo indicazioni a livello macroeconomico sul prezzo del biglietto cinematogra- fico, non essendo questo rilevato direttamente, nascendo dal rapporto fra le due gran- dezze fondamentali dell’esercizio cinematografico: gli incassi e le presenze. Occorrerebbe andare più a fondo e confrontare i prezzi del biglietto d’ingresso effettivamente pagati dagli spettatori nelle sale cinematografiche a livello nazionale ed europeo in modo da operare un confronto omogeneo. MEDIA Salles, a nostra memoria, ne aveva condotto uno nel lontano 1999, circoscritto a poche citta e ai cinque maggiori Stati europei e ad un numero selezionato di film.