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direttore Paolo Di Maira

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SCENARI/Ricomincio da Tre

Finanziamenti diretti agli autori, abolizione dei contributi automatici sugli incassi e delle finestre di sfruttamento del film, rimodulazione del tax credit e del reference system, riconoscimento delle FC, tassa di scopo sugli OTT e ricorso al crowdfunding.
Queste alcune delle proposte emerse il 5 novembre scorso dai 3 tavoli ospitati presso il Centro Sperimentale di Cinematografia e promossi nell’ambito della Conferenza Nazionale del Cinema convocata dal Ministro Bray e i cui esiti sono stati illustrati dal Direttore Generale per il Cinema Nicola Borrelli il 9 novembre al Festival del Film di Roma.
Una bella ed inedita occasione di confronto aperta a tutti gli operatori e agli “stakeholder” del settore (circa 300 contributi trasmessi on line e 200 interventi “fisici” nella giornata del 5), che si è articolata intorno a tre tavoli: «Cinema: industria culturale», «Struttura, operatori del mercato e nuovi mo- delli di distribuzione e fruizione», e «Le politiche pubbliche».
Rimandando agli atti ufficiali della Conferenza per una più esaustiva trattazione dei singoli temi emersi, concentriamo qui l’attenzione su tre questioni chiave emerse in modo trasversale e che in molti casi richiedono un intervento “politico” da parte del Governo e del Parlamento ben oltre le competenze del Mibact. Un intervento che consentirebbe davvero uno sblocco del sistema e un cambio di mar- cia verso modelli più aperti e concorrenziali di stampo europeo.

LO SQUILIBRIO FRA BROADCASTER E RETI TELEVISIVE
Una porzione significativa del dibattito è stata assorbita (tavolo 1) dai nodi connessi al rapporto squilibrato tra broadcaster e reti televisive.
Lucida e spietata l’analisi di partenza: “il mercato televisivo è composto da 7 reti (“i 7 nani”) che fanno capo a 2 editori grandi e 1 piccolo.
I 2 editori grandi, in sofferenza cronica, investono poco e sempre meno in nuova produzione e riempiono i canali minori di prodotto d’acquisto.
L’intero sistema tv non è profittevole e vincola a valle quello della produzione nazionale, cinema e AV.
I broadcaster acquisiscono diritti per una pluralità di piattaforme e, di fatto, “spogliano” i produttori della possibilità di distribuire al meglio il film sui vari canali di sfruttamento.
Se al produttore non resta alcun diritto di sfruttamento, l’unica sua fonte di ricavo sarà la cosiddetta “producer’s fee”, inclusa nel costo di produzione del film”.
Pare evidente come questo meccanismo privi il produttore di qualsiasi interesse per il destino commerciale del film allontanandolo, paradossalmente, dal consumatore finale non essendo quest’ultimo il reale destinatario dell’opera.
Lo stesso ricorso al tax credit esterno diventa più difficoltoso, perché tutti i possibili “corridoi di recupero” vengono chiusi dal broadcaster.
L’accentramento nelle mani delle tv della funzione finanziaria, produttiva e distributiva, e la sostanziale sussistenza di un duopolio, implica un potere enorme in termini di selezione dei progetti, di scelta sulle società di produzioneche li realizzeranno; di meccanismi di decisione del prezzo di acquisto, di strategie e budget di distribuzione.
Tale squilibrio conduce ad una eccessiva omogeneità del genere prodotto e trasmesso (Commedia nel cinema e mélo in televisione rivolti ad un pubblico mainstream) deprimendo creatività ed innovazione, all’impossibilità per i produttori di accrescere library, patrimonio e capitale proprio, ad un ruolo marginale della pay tv, che in tutto il mondo è quella che investe in serialità a vocazione internazionale e in contenuti innovativi (premium).
Per rimuovere la concentrazione produttivo-distributiva gli intervenuti alla Conferenza (in buona parte rappresentanti di autori e produttori, mentre erano assenti le televisioni) hanno richiesto da un lato la riduzione del numero di reti generaliste e della pletora di specializzate che le circonda (a partire dal soggetto pubblico RAI) e quindi l’abbattimento di costi fissi, liberando risorse da metter in circolo e investire in nuovo prodotto con maggiore varietà (di genere, tema, linguaggio, formato, budget, collocazione, canale di sfruttamento incluso web); dall’altro – prendendo ad esempio i modelli produttivi e di linguaggi più evoluti all’estero (Canada, Australia, Israele) – l’”identificazione di linee editoriali tipiche e diverse per ciascuna delle reti esistenti”, ognuna delle quali divenga commissioner di prodotto pensato per il proprio target e con budget proporzionati ed economicamente sostenibili (dall’animazione al documentario e al factual, passando per la produzione cinematografica e seriale di genere diverso da commedia e mélo – thriller, noir, horror – fino ai prodotti transmediali).
Simili interventi che richiederebbero una maggiore compattezza a livello delle associazioni autoriali e produttive, implicherebbero una applicazione più rigida e un controllo più stringente delle norme nazionali che hanno recepito la direttiva sui servizi media audiovisivi.
Un più stretto controllo sulle modalità con cui i broadcaster devono sostenere la produzione audiovisiva indipendente europea e sul rispetto degli obblighi di investimento e programmazione sui quali Mibact e Mise hanno di recente emanato un decreto interministeriale.
Tale decreto richiederebbe un “tagliando”, ad esempio, abolendo le deroghe ed estendendo gli obblighi anche agli Ott, particolarmente presi di mira durante la Conferenza anche come possibili destinatari di una tassa di scopo per accrescere le risorse a sostegno del settore (modello francese)

IL NODO DELLA DISTRIBUZIONE FRA VECCHI E NUOVI MODELLI
Toni accesi hanno caratterizzato anche i temi di discussione legati ai colli di bottiglia presenti sulla filiera tradizionale e alla diffusione di nuove modalità distributive del prodotto (in particolare nel tavolo 2). Si è partiti dall’osservazione di un mercato fragile e stagnante dove, negli ultimi dieci anni, il numero di biglietti venduti è rimasto sostanzialmente costante attorno ai 100 milioni di biglietti all’anno e in cui eventuali “picchi” di incasso sono da collegare a qualche “film-evento”.
Un mercato sala con una copertura disomogenea del territorio e polarizzato fra multiplex e le altre tipologie di esercizio.
Le principali barriere da rimuovere nell’ambito dei multiplex sono quelle di tipo regolamentare e burocratico per l’apertura di nuovi siti con requisiti che variano da Regione a Regione.
L’altro versante è costituito da un aggregato di sale che va dalla monosala alla multisala, particolarmente sotto pressione in questa delicata fase di transizione finale al digitale.
Un comparto che sta subendo pesanti ridimensionamenti in termini di punti-vendita (chiusure o riconversioni ad altra attività) e che si è specializzato in un cinema “di nicchia”, svolgendo un ruolo di aggregazione culturale e sociale nei contesti urbani.
Ad impensierire maggiormente sono i vincoli di varia natura (autorizzativi, tariffari, ecc.) che mettono in discussione l’equilibrio economico-finanziario, aggravato da situazioni distorsive della concorrenza come il ruolo degli agenti/mandatari regionali che spesso cumulano nella stessa figura il ruolo di distributore ed esercen- te.
Ultimi arrivati nel panorama distributivo, gli operatori del VOD crescono a tassi elevatissimi (3.200 servizi monitorati in Europa di cui il 52% collocati fuori dal mercato nazionale).
La loro dimensione nel nostro mercato non è ancora sufficiente a generare risorse apprezzabili per il finanziamento dei film.
A prescindere da un eventuale day-and- date, per il ripensamento delle finestre, nel corso della Conferenza ci si è posti l’interrogativo circa l’opportunità o meno di mantenere gli attuali tempi di protezione là dove i film possono aver ormai esaurito il loro sfruttamento in sala.
E’ stato anche sostenuto che “congelare” il film senza consentire il recupero dell’investimento su altre piattaforme è controproducente, sia per chi produce e distribuisce, sia per il pubblico.
La pirateria audiovisiva, al di là delle misure di tutela in discussione presso l’AGCom, sviluppa i suoi effetti più virulenti soprattutto in prossimità dell’uscita cinematografica.
Una barriera artificiale come le windows favorirebbe il consumo illegale rispetto a quello legale.
Stante la meritoria azione dell’AGCom nella formulazione del Regolamento anti-pirateria online, è stato enfatizzato l’aspetto educativo connesso all’azione di repressione dell’illecito.
Gli operatori Vod chiedono un regime Iva ridotta parificato a quello del cinema. Perché il “biglietto” VOD deve essere gravato da un’aliquota superiore a quella del cinema? I primi interventi sono indirizzati verso prodotti seriali, in quanto aventi una prima finestra direttamente VOD e capaci di fidelizzare (e profilare) il pubblico. Uno dei vantaggi dei servizi VOD, infatti, è che dai loro clienti ottengono molti dati con i quali possono fornire offerte su misura.
In termini di proposte, si richiede attenzione agli abusi delle posizioni dominanti di SKY: sulle finestre dello sfruttamento televisivo ora c’è un “secondo passaggio” pay (l’on demand di SKY) prima della free.
Se SKY non permette ai distributori di far noleggiare i film a competitor come Chili o Cubovision, si riduce il giro di affari sul mercato.
Gli esercenti dal canto loro hanno mostrato disponibilità ad un confronto aperto e non di retroguardia in materia di windows, ribadendo tuttavia che la priorità resta quella di rimuovere alcune “rendite di posizione” sia nel comparto esercizio che in quello della produzione.
Dall’incontro è emersa la possibilità di dar vita ad un patto tra produttori, esercenti e operatori vod finalizzato ad abbattere le rigidità strutturali della filiera e a neutralizzare il forte condizionamento dei broadcaster e di un comparto distributivo fortemente concentrato. A condizione però che si riesca a sganciare il diritto vod dai tradizionali diritti d’antenna ridimensionando il potere di interdizione delle tv.

IL RAPPORTO FRA STATO E REGIONI
La terza questione attiene alla governance e ai rapporti Stato regioni diventati sempre più complicati dopo la riforma in senso federale del titolo V della Costituzione e a seguito della sentenza della Corte Costituzionale 285/05.
Ad oggi non sono ancora state definite chiaramente le attribuzioni di competenza a livello centrale e ai livelli amministrativi regionali e locali: in alcune aree di intervento (sale, promozione, patrimonio, festival ecc…) urge un intervento normativo per evitare dispersione di risorse e rendere più efficace l’intervento pubblico congiunto.
Il quadro del sostegno pubblico (soprattutto nazionale) risulta molto concentrato sulla produzione trascurando interventi strutturali a favore della distribuzione e dello stimolo della domanda (cfr. modello Programma MEDIA).
Gli stessi oneri dei broadcaster sono stati studiati per supportare il comparto produttivo, quando invece l’attenzione del legislatore dovrebbe rivolgersi sul riequilibrio della catena del valore lungo tutto l’arco della filiera dalla sala alle offerte legali sulla rete.
Pareri unanimi hanno riguardato la proposta di una DG unica per l’audiovisivo in tutte le sue forme, collocata nel MiBACT, che interagisca con tutti gli attori economici della filiera.
Si tratta di un percorso obbligato considerando che al Mibact compete la regolamentazione relativa alla recente estensione del tax credit all’audiovisivo.
Effetto diretto di un rafforzamento delle competenze del Ministero sull’intero comparto (escluse le televisioni e le tlc) sarebbe un più efficace coordinamento interistituzionale a livello statale (MiBACT, MIUR, MISE, Affari UE, Esteri) e con le autonomie (Regioni ed Enti locali) su temi quali la formazione professionale a vocazione internazionale; l’istruzione sul linguaggio e sugli strumenti AV (Scuole nei cinema e cinema nella scuola).
Una regia unica trasversale sui vari dicasteri interessati con il coinvolgimento attivo delle regioni porterebbe a nuove e più efficaci logiche di investimento sulle diverse fasi della filiera produttiva e distributiva, evitando sovrapposizioni e ridondanze.
Occorre saper attingere alle ingenti risorse della programmazione 2014-2020 dei fondi strutturali e presidiare con maggiori capacità di lobbying e competenze specialistiche non solo il nuovo programma Creative Europe ma anche i tanti dossier non Audiovisivi, per restituire centralità al settore nelle politiche europee.
Se l’evento del 5 novembre – come ha ribadito il Ministro Bray – va inteso come “una sorta di nuovo inizio per volgerci insieme in maniera positiva a guardare verso il futuro”, allora occorre partire da una agenda sostenibile che generi un intervento organico nel settore coinvolgendo tutti (ma proprio tutti, broadcaster e distributori inclusi) gli operatori del settore.
Le tre macro questioni qui sviscerate sono il terreno impre- scindibile di partenza.

Bruno Zambardino è Docente di Organizzazione ed Economia del Cinema e della Tv alla Sapienza di Roma

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