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direttore Paolo Di Maira

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SCENARIO/Sardegna, terra di Innovatori

fn eolico ulassai 2011-013“La Sardegna è green?” Si chiede la direttrice della Fondazione Sardegna Film Commission, Nevina Satta in apertura del convegno. “Noi non solo partiamo dall’idea che lo sia, ma crediamo anche che per entrare davvero nell’immaginario delle persone, sia necessario mettere in relazione tutti i comparti produttivi, in modo che con il cinema possano essere celebrate al meglio le pratiche della pubblica amministrazione e delle imprese private della Sardegna, come esemplari per l’Europa.”

Dalla scoperta delle tante, disseminate eccellenze ‘green’ dell’isola è nata la sfida di estendere al comparto audiovisivo sardo la chiamata a celebrare gli eroi della sostenibilità. Ed è ancora una volta dalla pubblica amministrazione che si attiva il dialogo nei confronti delle imprese private, spingendole verso un approccio green, che “prenda in considerazione anche l’aspetto del risparmio energetico ed i bisogni del territorio”. Così si è espresso Valter Songini, responsabile comunicazione di Sardegna Ricerche, partner della Fondazione Sardegna Film Commission nel progetto Heroes 20.20.20
“Oggi in Sardegna si può parlare di un ecosistema di innovazione imprenditoriale molto fecondo, sviluppato grazie alla fusione di ricerca ed innovazione.
L’isola che vent’anni fa ha generato il primo Internet provider europeo è oggi una regione che vede accentuate le contraddizioni: grande investimento nel piano di risparmio energetico regionale e di impiego di energie rinnovabili, per raggiungere gli obiettivi di Europa 20.20 (al centro delle azioni del Servizio Energia dell’Assessorato all’Industria) da una parte, ed altissima crisi occupazionale giovanile dall’altra.”
“La Regione Sardegna ha creato da diversi anni progetti pionieristici – racconta l’ideatore del progetto Sardegna Compra Verde Luca Cocco dell’Assessorato all’Ambiente – che hanno modificato in maniera costruttiva il rapporto tra domanda e offerta negli acquisti green della pubblica amministrazione sensibilizzando alla tutela dell’ambiente.”

Non solo tutela ambientale: l’innovazione è green anche quando crea nuovi modelli di relazione e di consumo socialmente e economicamente più sostenibili.
E’ il caso di Sardex, circuito nato nel gennaio del 2010, che oggi permette a 2500 imprese e professionisti di finanziarsi reciprocamente e senza interessi attraverso l’utilizzo di un’unità di conto interna digitale, il Sardex per l’appunto, che equivale ad un euro: un modello che oggi è al centro delle pubblicazioni internazionali sulla nuova economia.
“Partiamo dalla cosiddetta excess of capacity, ovvero la capacità produttiva inespressa delle aziende. Incrociamo i bisogni con la capacità di ogni impresa di produrre beni e servizi, che sono il valore sottostante del denaro -spiega Carlo Mancosu, uno dei fondatori di Sardex – quest’anno abbiamo veicolato 30 milioni di euro di beni e servizi che non si sarebbero mossi senza la nostra piattaforma, e il prossimo anno puntiamo a chiudere a 60 milioni di euro.
A partire del 2013 hanno aderito a Sardex anche circa 1200 dipendenti delle imprese iscritte al circuito che hanno deciso di accettare crediti Sardex per i benefit, i bonus, e anche come anticipazione sulle retribuzioni future (per riparare la macchina o andare dal dentista, ad esempio). Questo ha creato e rafforzato legami di solidarietà fra i dipendenti delle piccole e medie imprese, e ha permesso a lavoratori e dipendenti di sentirsi uniti in un nuovo patto sociale.
Abbiamo replicato il nostro modello con 7 start up, partite lo scorso anno in 7 regioni d’Italia: l’obiettivo è creare un network di network affinché l’eccesso di capacità produttiva in alcuni settori possa essere incrociato con quello di altre regioni. Il bisogno di collaborazione fa parte di noi, le imprese dicono che Sardex è una famiglia, un posto in cui incontrarsi, e dove le relazioni da umane diventano economiche e poi tornano a essere umane. E il network che si è creato è paradossalmente più importante dei risultati che produce.”

Network e innovazione sono anche i concetti fondanti di Tiscali Open Campus, spazio di co-working che si trova nella sede di Tiscali a Cagliari, dedicato alle start up digitali e agli innovatori.
“Lavoriamo ogni giorno per diffondere la cultura digitale, promuovere lo spirito d’impresa, e per fare della Sardegna un’isola digitale, trasformandola quindi in un luogo dove poter lavorare in modo sano e sostenibile tenendosi costantemente in contatto col mondo.- spiega Alice Soru, responsabile del progetto- Lo facciamo attraverso il coworking e tutta una serie di eventi di networking,di formazione e servizi per le start up”.
Parole d’ordine: condivisione e contaminazione, fra persone ed esperienze. “Oggi si contano 70 persone, 12 start up, 5 aziende senior e 10 freelance: professionisti che si trovano in stadi diversi del loro percorso professionale, e che condividono il bisogno di essere in rete,e di aggiornarsi. Sono tutti appassionati di digitale e lavorano in settori diversi fra loro (software develpoment, e-commerce, design,gaming, mobile app,sharing economy, 3d e projections design, droni,social media, videomaking, animazione, efficientamento energetico …)”.
Spazi condivisi, fisicamente e digitalmente, che permettono il costituirsi di una comunità legata da rapporti di fiducia e di scambio: questa per Open campus è sostenibilità. Conclude Soru: “negli ultimi anni, la crisi e le nuove tecnologie hanno modificato i rapporti economici, la direzione è quella della sharing economy: ne sono un esempio le cosiddette piattaforme collaborative, che permettono di accedere a servizi in modi (e costi) impensabili qualche anno fa.”

Tra i motori di sviluppo locale altro caso d’eccellenza è Time in Jazz,il festival del jazz fondato e diretto dal celebre trombettista Paolo Fresu nella sua Berchidda, nella Sardegna centro settentrionale.
Il Jazz è improvvisazione, quindi richiede un dialogo continuo, ed è proprio nel dialogo e nell’ascolto continuo del pubblico e dell’ambiente che si sostanzia la ricerca della sostenibilità da parte degli organizzatori di Time in Jazz, Giannella Demuro e Emanuele Gosamo, che la raccontano così: “Il festival è intimamente connesso all’ambiente, sia dal punto di vista dell’attenzione per il territorio (portiamo il pubblico a riscoprire luoghi più autentici e nascosti ospitando concerti in boschi e chiese), sia da quello delle buone pratiche. Cerchiamo diversi modi di arrivare al territorio delicatamente, facendoci venire idee diverse e aggiustando il tiro di volta in volta. La sostenibilità è un concetto molto vasto, che comprende anche l’aspetto imprenditoriale: noi cerchiamo di formare i giovani, affinché acquisiscano professionalità umana, che consenta loro di rapportarsi agli eventi e alla gente, li inseriamo nelle cose che facciamo.”
Concludono Demuro e Gosano: “E’ necessario lavorare sulle pratiche per far emergere le sensibilità individuali, in modo che quello alla sostenibilità sia sempre più un approccio radicato e condiviso.”

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