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direttore Paolo Di Maira

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SANTA MONICA/’LOCATIONS’: Una formula da cambiare

di Andrea Rocco


Al Civic Auditorium di Santa Monica, sede da alcuni anni della fiera “Locations Trade Show”, la piu’ importante tra quelle (poche) dedicate alle Film Commissions e al business delle locations si viene accolti da storie non esaltanti: il produttore giovane e rampante che ha deciso di dedicarsi alle energie alternative, la costumista in odore di nomination all’Oscar che molla tutto per reinventarsi come infermiera, la produttrice indipendente e stagionata che scappa a insegnare a Singapore, l’ex-agente e produttore che decide di fare il consulente per video-games cinesi.
Le storie di cambi di carriera a Hollywood e di rinuncia a correre in un’arena cosi’ competitiva ci sono sempre state, ma riceverle tutte insieme, da gente che conosci bene, non e’ comunque un buon segnale sullo stato dell’industria del cinema.
Nonostante i successi di Avatar e il nuovo “Santo Graal” del 3D, l’atmosfera da attesa-di-fine-crisi e’ abbastanza palpabile.
E investe anche la manifestazione di Santa Monica.


Secondo i dati degli organizzatori si e’ rilevato un calo, anche se contenuto sia nel numero di visitatori (-5%) che di espositori (-6%), con un piu’ netto calo delle presenze espositive degli stati Usa (-25%). Quest’ultimo dato riporta alle recenti polemiche sull’efficacia e sull’opportunita’ degli interventi finanziari statali a sostegno o per l’attrazione di produzioni cinematografiche e televisive.
In realta’, quello che era stato il carattere dominante delle ultime edizioni di Locations, ovvero “il gioco al rialzo” nell’offerta di incentivi alle produzioni, sembra avere esaurito la sua spinta propulsiva, almeno negli Stati Uniti, mentre e’ al centro del messaggio delle Film Commission che si affacciano sul mercato o che rinnovano una presenza prima marginale.
Da rilevare la notevole attivita’ promozionale e la forte presenza in fiera della Ile de France Film Commission (a fronte di una piu’ marginale presenza di Film France, la FC nazionale francese) e l’esordio della Vienna Film Commission.
In crescita presenza e offerte promozionali di aree relativamente “nuove” all’ esperienza del business della location: l’Africa (con presenze di Marocco, Sud Africa, Kenya e Namibia) , l’America Latina, che registra probabilmente il maggior incremento di presenze (Uruguay, Argentina, Buenos Aires, Panama, Brasile, Rio de Janeiro, Cile) e l’Europa dell’Est, con le presenze consolidate di Ungheria e Repubblica Ceca, ma anche “new entries” interessanti, anche per la vicinanza e possibile concorrenza all’Italia: esordio per Serbia e Croazia, in attesa dell’annunciata presentazione a Cannes della Russia Film Commission, che dovrebbe aprire la strada per creare una rete di film commission regionali russe.

All’aumento della presenza degli emergenti fa riscontro un evidente disimpegno, temporaneo o definitivo, di molti Stati Usa, come detto, e della Spagna, della Francia (esclusa Ile de France) e della Germania.
La presenza italiana , concretizzatasi come negli anni recenti in uno stand ottimamente posizionato, finanziato dall’Istituto Commercio Estero e gestito dall’ Ufficio ICE di Los Angeles, ha mantenuto gli standard del passato, pur con una diminuzione delle presenze “fisiche” dei rappresentanti delle Film Commission regionali e locali italiane.
In realta’ e in considerazione delle situazione di progressivo disinteresse da parte dei produttori Usa di un certo livello nei confronti della manifestazione, andrebbero forse ripensate forme di presenza sul mercato Usa, anche fuori dagli schemi usuali fin qui percorsi. Promuovere il business delle location non e’ mai stato semplice, per la mancanza di manifestazioni dedicate o per le carenze delle poche esistenti.
La presenza a Festival e mercati del cinema e dell’audiovisivo, per quanto importantissima, ha visto le Film Commission sempre in una posizione subordinata rispetto agli obiettivi primari dei produttori in quegli eventi (compravendita di prodotti e di diritti da un lato, ricerca di partner per produzioni dall’altro).
Forse e’ giunto il momento per le Film Commission (non solo italiane) e per i loro partner di immaginare qualcosa di nuovo e di diverso.

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