Il Festival Internazionale del Film di Roma compie 5 anni.
Dal 28 ottobre al 5 novembre ripartirà la “˜macchina’ da 13 milioni e mezzo di euro (di cui circa il 70% autofinanziato: gli sponsor sono 160) che porta nella capitale film, incontri, mostre ed eventi, irradiati dall’Auditorium Parco della Musica, cuore pulsante della manifestazione, ai tanti luoghi della città .
La serata d’apertura è affidata al “˜romanticismo contemporaneo’ del film “Last Night”, di Massy Tadjedin, con Keira Knightley e Eva Mendes, e alla speciale proiezione di “Winx” in 3d, in linea con la vocazione popolare del festival (i frequentatori, infatti, sono per il 42% addetti ai lavori e per il 58% appassionati).
Vocazione con cui il festival, nato come “˜festa di Roma’, ha sempre marcato la sua distanza dalla Mostra di Venezia, da cui quest’anno si allontana anche temporalmente. In comune questa volta c’è però la giovane età degli autori.
“Si abbassa molto l’età media – ha sottolineato il direttore Piera Detassis – e sono molte le opere prime e seconde, anche in concorso”.
Ma il festival di Roma vanta anche una presenza più generosa di film indipendenti.
“In questo senso “” ha precisato De Tassis – vanno lette le scelte di una giovane madrina come Valeria Solarino e di assegnare l’Acting Award a una vera star dell’indie, Julianne Moore.”
Entrando nel merito del concorso, Detassis elenca quei film che “faranno parlare, per i temi forti, segno della grande attenzione all’attualità : dallo scandalo dei bambini inglesi deportati in Australia in “Oranges and Sunshine” firmato da Jim Loach, il figlio di Ken, al cinese “Bei Mian”, che racconta il totalitarismo della rivoluzione culturale attraverso un innovativo intreccio fra horror e body art; dal bianco e nero di “Kill me please”, dove si riesce a far ridere anche sul tema dell’eutanasia, all’Iran raccontato “˜clandestinamente’ in “Dog Sweat” dall’iraniano Hosein Keshavarz.”
Rilevante lo spazio concesso al Giappone (con un Focus, 2 film fuori concorso e la retrospettiva dedicata allo studio di animazione Ghibli, fondato da Hayao Miyazaki e Isao Takahata) e alla New Wave australiana, (con 6 film), il cui epigono, David Michod, presenterà Fuori Concorso il suo folgorante debutto al cinema, “Animal Kingdom”, vincitore del Sundance 2010.
Nel descrivere il Festival come un luogo che guarda ai mondi lontani, alla multiculturalità e al rapporto con lo straniero, Detassis illustra come questa tendenza emerga con forza dai titoli italiani, a cominciare da “Il Padre e lo Straniero” di Ricky Tognazzi (fuori concorso):
“Quando ci siamo accorti che 3 dei 4 film italiani in competizione praticamente non parlano italiano, abbiamo coniato l’espressione scherzosa “˜2010 fuori dall’Italia’”.
I film sono “Gangor”, di Italo Spinelli, una coproduzione Italia-India, interamente parlato in indi, “Io sono con te” di Guido Chiesa su Maria di Nazareth, girato in arabo in Tunisia, con attori tunisini e con un inserto in greco antico, e “Una vita tranquilla” di Claudio Cupellini, ambientato in Germania, con uno straordinario Toni Servillo che parla tedesco perfettamente.”
C’è poi un film che ha molta Italia dentro di sé (i produttori e il supporto ricevuto da Roma Lazio Film Commission all’interno di CRC) e che però gli organizzatori hanno definito apolide: “Golakani Kirkuk” del regista iraniano curdo Fariborz Kamkari, la prima coproduzione internazionale in Irak.
Altre tematiche affrontate dal festival sono l’educazione (con “La Scuola è finita” di Valerio Jalongo in concorso, ma anche con il documentario “Waiting for Superman” sul sistema scolastico americano inserito in Alice e la scuola “” Alice nelle Città -) e la famiglia (con il messicano “Las Buenas Hierbas”, l’australiano “Little Sparrows” o “Rabbit Hole” di James Cameron Mitchell, con Nicole Kidman).
Alla storia di una famiglia italiana che si dissolve intorno ad un lutto e si ricostituisce intorno all’accoglienza e alla condivisione è dedicato un importante film – maratona, la serie tv “Le Cose che Restano”, seguito ideale de “La Meglio Gioventù” (firmato sempre da Rulli e Petraglia, prodotto da Barbagallo e diretto da Gianluca Tavarelli). “Le cose che restano” marca l’innovazione forse più importante di questa edizione del festival: l’ingresso della produzione televisiva di qualità che, ormai è assodato, non ha più nulla da invidiare al grande cinema. “Per questo, continua Detassis, assieme a “˜Le cose che restano’ presenteremo fuori concorso i 70 minuti del pilot della serie HBO “Boardwalk Empire” diretto da Martin Scorsese, e la versione per il cinema di “Carlos” di Olivier Assayas, che ci sembra importante lanciare qui dopo che a Cannes è stato presentato come serie tv a puntate.
“Carlos” fa parte di “Spettacolo-Eventi Speciali”, una “striscia che attraversa tutte le sezioni e che ci permette di ospitare film anche non in anteprima, purché accompagnati da incontri speciali” spiega Detassis, come quello con la protagonista di “My Name is Khan”, la star di Bollywood Karan Johar, la presentazione de “La Scomparsa di Patò” ai ragazzi delle scuole da parte di Andrea Camilleri, il cortometraggio girato da Fanny Ardant con la comunità Rom di Roma.
Un ulteriore segno dell’attenzione al pubblico, aggiunge Detassis, che conclude: “Festeggeremo la notte di Halloween con i primi venti minuti del film su “Dylan Dog” e continueremo la nostra tradizione vampiresca (ora che siamo “˜orfani’ di “Twilight”) con “Let me in”, un film straordinario -fuori concorso- che è il remake di “Lasciami entrare”.