di Livia Darot
Robert Lantos è uno dei principali produttori indipendenti canadesi e, fondatore di Alliance, oggi distributore con Maximum.
Nato a Budapest nel 1949, Lantos ha prodotto circa settanta film e ha scoperto talenti come Atom Egoyan e Jeremy Podeswa.
Più recentemente ha collaborato alla realizzazione dei lavori di mostri sacri del cinema come Istvan Szabò e David Cronenberg.
Ed è proprio l’ultimo film di Cronenberg, “˜Eastern Promises’ distribuito in Italia da Eagle Pictures con il titolo di “˜La Promessa dell’Assassino’, ad indurre Lantos ad una riflessione sullo stato del cinema indipendente in America e nel resto del mondo.
“Sa qual è la cosa che mi ha più sorpreso della risposta del pubblico statunitense?”, chiede il produttore, “Che negli stati cosiddetti “˜blu’ a favore di George Bush abbiamo definito “˜La Promessa dell’Assassino’ come un “˜film straniero’ solo perché un paio di dialoghi erano in russo con i sottotitoli: questo è decisamente qualcosa di incomprensibile. Qualcuno ha anche detto che non capiva perché Viggo Mortensen, che nel film interpreta un russo, parlasse inglese con un accento “˜incomprensibile’! ”
Nessuna spiegazione?
Oggi come oggi in America ci sono due mercati per il cinema indipendente: da un lato c’è quello più sofisticato di New York, San Francisco, Chicago e delle altre grandi metropoli.
Dall’altro quello del resto degli Stati Uniti.
La discrepanza è enorme: una voragine, in pratica.
Questo è completamente nuovo: che dire de “˜Il Padrino’ in cui c’erano quindici minuti di dialoghi in italiano?
All’epoca nessuno era interessato a questo tipo di problematiche.
In questo senso c’è stato un arretramento culturale negli USA.
In America funzionano dappertutto soltanto i film mainstream.
Questa situazione rende ancora più evidente la diversità con gli altri mercati internazionali”¦
Gli Stati Uniti non sono più, di fatto, un unico mercato.
Ci sono differenze evidenti tra il Kansas e in New York.
Le differenze politiche sono anche culturali.
No, non esiste un mercato “˜americano’ unico.
E la produzione per quel territorio diventa un incubo”¦
Assolutamente sì.
La nostra professione diventa sempre una sfida.
Soprattutto quando ti trovi davanti risultati del genere che ti colgono alla sprovvista.
Che un film come “˜La Promessa dell’Assassino’ si portasse dietro un problema del genere -essere considerato un film straniero – era decisamente qualcosa di imprevisto e, peggio ancora, imprevedibile. Questo tipo di atteggiamento, ovviamente, incide in maniera sensibile sul Box Office americano.
Cosa è cambiato in Europa?
Molto e non in maniera positiva, purtroppo.
Non troppo tempo fà i distributori europei non avevano paura di correre troppi rischi perché sapevano di avere alle proprie spalle le televisioni. Oggi le cose non stanno più così , perfino in Francia e in Italia.
I distributori hanno paura di fare degli errori.
Sono nervosi e non comprano film del cui successo non sono sicuri.
Cosa pensa dei mercati ancillari?
Internet, forse, è il futuro, ma non è certo il presente; mentre il Dvd è sotto assedio per colpa della pirateria.
I pirati hanno vinto la partita in molti territori, per esempio la Spagna.
Quanto è importante in questo momento essere “˜coraggiosi’?
Molto. E’ da tanto tempo che lavoro nell’industria dell’entertainment e scelgo i film da produrre seguendo il mio istinto e il mio gusto personali. Non ragiono mai in termini di mero Box Office.
Non sono interessato a quello che è diventato il cinema in Nord America e alle scelte dettate dal marketing che portano a sfruttare le idee all’infinito fino al loro esaurimento.
Io cerco qualcos’altro.
Non voglio vivere in un mondo fatto solo di numeri.
E quello di Hollywood lo è.
Ma io non sono un contabile.
Parliamo del suo rapporto con i registi , e ovviamente, con David Cronenberg”¦
La vita è troppo breve per lavorare con persone che non stimo sia come registi che come esseri umani.
Quando mi trovo bene con qualcuno che ammiro, cerco di continuare a lavorare con lui.
Del resto si tratta sempre di artisti che lavorano ai loro progetti con grande cura fin dall’inizio.
Credo che il lavoro del produttore sia quello di essere le orecchie e gli occhi del pubblico durante tutto il periodo della lavorazione del film, nonché il più acerrimo dei critici.
Offrire al regista un punto di vista differente è la maniera migliore per collaborare con lui.
Con David Cronenberg questo è inutile, perché lui è sempre estremamente attento a quello che fa e, soprattutto, è fortemente autocritico con se stesso e il proprio lavoro.
Soprattutto al montaggio.
Non ho mai avuto una discussione con lui per fargli togliere qualcosa, ma “” semmai “” per fargliela rimettere.