direttore Paolo Di Maira

RFF/ ‘Created By’ , il convegno

Ashley Pharoah, è il creatore di “Life on Mars” (trasmessa da BBC One fra il gennaio e il febbraio 2006), una serie che mescola insieme fantascienza e poliziesco dove il protagonista, ispettore capo della polizia di Manchester ai giorni nostri, si ritrova a dover svolgere il suo lavoro nel 1973, dove viene improvvisamente catapultato. Nel 2006 Pharoah ha fondato la sua casa di produzione Monastic Production, con cui ha prodotto “Ashes to Ashes”, spin off di “Life on Mars”.
Frédéric Krivine ha presentato in anteprima il pilota della serie “Un Village Franà§ais” (in onda su France 3), che racconta l’occupazione nazista di un piccolo villaggio. Anche Krivine, ha aperto una propria società  di produzione ed è diventato a tutti gli effetti co-produttore della serie, garantendosi un controllo sul prodotto finale Paul Abbott è l’ideatore (per Channel 4) di “Shameless”, la serie che ha per protagonista una famiglia disastrata (un padre alcolizzato con sei figli a carico) in un quartiere operario e problematico di Manchester, è una commedia fortemente ironica e poetica. Al centro dell’attenzione degli incontri dello scorso giugno con i tre personaggi, c’è la figura dello “showrunner”, termine anglosassone per definire lo sceneggiatore che ha la responsabilità  creativa della serie che scrive, ovvero la responsabilità  della sua gestione anche durante le fasi successive alla scrittura. Figura praticamente inesistente in Italia, al di fuori del nostro paese, lo show runner ha voce (più o meno forte) in capitolo sulle scelte di regia, sul casting e sul montaggio, fino ad arrivare al caso estremo degli Stati Uniti, dove ha l’ultima parola (final cut), anche sul regista. “Dare maggiore libertà  all’autore di influenzare tutto il processo creativo porterebbe due vantaggi, uno di ordine culturale, l’altro economico”, sostiene Daniele Cesarano, presidente della S.A.C.T. “Infatti, è ovvio che il creatore di una serie è colui che più può contribuire al mantenimento della sua identità  nel corso delle varie fasi produttive. Questo garantirebbe un prodotto più competitivo e targettizzato e consentirebbe di arrestare il processo di spersonalizzazione a cui la nostra fiction sta andando incontro.” Continua Cesarano: “Il sistema incentrato sulla figura dello showrunner diventerebbe inevitabile se il mercato televisivo diventasse un mercato aperto, perché un grosso limite della nostra televisione è quello dell’iper- controllo, che fa sì che dal momento del pitch a quello della messa in onda passino circa 3 anni. All’estero è tutto molto più veloce, anche perché vengono commissionate molte meno ore per ogni serie”. Rispetto alla posizione degli autori, ulteriormente articolata nell’intervento di Nicola Lusuardi, che pubblichiamo qui sotto, qual’è la risposta dei network? Abbiamo intervistato – Paola Masini, capostruttura di Rai Fiction, e Alfonso Cometti, capostruttura fiction di Mediaset.


LUSUARDI (S.A.C.T.)/SIAMO REALISTI, SCEGLIAMO L’ORIGINALITA’


Nicola Lusuardi, del direttivo S.A.C.T, nell’editoriale sul numero della rivista Script dedicato al Festival della Fiction, spiega con molta chiarezza le ragioni del convegno. “Gli autori “” scrive – i propongono il rinnovamento del sistema di produzione televisiva reso necessario dalla profonda crisi economica ed editoriale che stiamo attraversando”.


Non è la prima volta che in Italia si parla di “Created by”, e la questione ha sempre sollevato forti obiezioni da parte di molti, ma, sostiene Lusuardi, oggi è tornata fortemente d’attualità .
Non solo perché il sistema anglosassone, che ha optato per questo modello produttivo, ha migliorato la qualità  dei propri prodotti e ha conquistato maggiori fasce di pubblico,ma anche a causa dell’erosione degli ascolti della nostra fiction,che Lusuardi definisce inarrestabile anche se lenta: “Qualunque ricognizione, per quanto occasionale, su questi dati, mostra che all’erosione complessiva degli ascolti si accompagna un fenomeno anche più preoccupante, ossia l’abbandono pressoché totale di ampie fasce di pubblico, individuabili per appartenenza geografica, anagrafica e sociale, della nostra narrativa audiovisiva. Significa che non solo il nostro pubblico ci guarda sempre meno, ma anche che a guardarci è sempre lo stesso pubblico. E che dunque molti altri non ci guardano mai. E questo è un grave problema culturale e politico”.
“Ad aggravio di questo, accade poi che a non guardarci mai siano nicchie di pubblico molto qualificate sul piano della loro “capacità  di spesa”. E questo al problema culturale aggiunge un problema economico e industriale”.
Inoltre, la crisi economica costringe i network a tagliare costi e investimenti (Giancarlo Scheri, alla guida della Fiction Mediaset, ha annunciato tagli del 30% del costo orario delle produzioni).


La proposta della S.A.C.T vuol essere quindi una risposta alla necessità  di recuperare al mercato un nuovo pubblico.
“Ma perché questo possa accadere “” sottolinea Lusardi – è necessario che il sistema editoriale “” ossia l’insieme costituito da broadcasters e produttori “” abbia la forza di ripensare i propri metodi di ricerca, selezione e sviluppo delle idee. E’ necessario cioè che il sistema si sforzi di chiedere idee e innovazione moltiplicando i propri referenti”.


“E’ necessario che un numero sempre maggiore di produttori abbiano accesso a un sistema di selezione aperto, diventando veicoli a loro volta dell’accesso di sempre nuovi autori all’attenzione seria e selettiva dei network”.
“E’ necessario quindi che il sistema si apra alla comunità  potenziale degli autori e chieda senza pregiudizi uno sforzo intenso di innovazione e originalità . Quell’originalità  che sola apre la possibilità  di conquistare nuove fasce di pubblico e intercettare la ricchezza che in questo momento di crisi può costituire una fonte di sopravvivenza irrinunciabile del sistema.E’ necessario infine che il processo produttivo “” rifondato sul valore dell’originalità  “” si organizzi per preservare quell’originalità -valore che ne costituisce la potenzialità  fondamentale di risposta alla crisi”.

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