Dalle windows al Decreto “Netflix“
Il lancio, da parte di molti festival italiani, durante il periodo dell’emergenza COVID 19, vista l’impossibilità di utilizzare le sale cinematografiche, di servizi di diffusione “on line” delle opere, rende opportuna una riflessione sul loro inquadramento alla luce della normativa italiana vigente e delle prassi di mercato, anche per individuare le possibili prospettive di evoluzione di tale fenomeno in un mercato post-pandemico.
Sotto il profilo normativo, è noto che con un recente intervento normativo (D.M. 29 novembre 2018, cd. “Decreto Bonisoli” o anche “Decreto Netflix”) nel 2018, per la prima volta in Italia (sulla scia del caso “La Mia Pelle”, uscito su Netflix contestualmente alla sala), sono state disciplinate per legge le cd. finestre (in inglese “windows”) di sfruttamento, o per meglio dire una di esse: quella cinematografica. Il Decreto citato ha previsto infatti che sono ammesse ai benefici di legge riservati alle “opere cinematografiche” soltanto quelle di esse che rispettano una finestra di sfruttamento in sala cinematografica di 105 giorni (riducibile nel caso dei cd. film evento ed in quello dei film che abbiano conseguito un modesto successo commerciale al botteghino, secondo i criteri forniti dal Decreto cui qui si rinvia). La norma si applica alle sole “opere cinematografiche” di nazionalità italiana, e non anche ai film stranieri e alle opere audiovisive diverse da quelle cinematografiche (ovvero quelle destinate prioritariamente a TV, piattaforme On Demand e Web, e non già alla sala). Durante la finestra di 105 giorni introdotta, in base al Decreto sono preclusi tutti i tipi di sfruttamento diversi dalla sala, pena la perdita, per l’opera cinematografica, di tutti gli incentivi, tra quelli (numerosi) previsti per le sole opere cinematografiche dalla normativa vigente (dettata dalla Legge 220/20016 e dai suoi vari decreti attuativi), che detta opera abbia ottenuto.
Sotto il profilo delle prassi di mercato, come pure noto, il sistema delle windows è, anche laddove (come accadeva in Italia fino al 2018) esso non venga disciplinato da norme di legge, in ogni caso basato su prassi di mercato consolidate. Tali prassi prevedono “finestre” successive, ordinate secondo un criterio di valore commerciale man mano decrescente (ciò almeno in teoria, ma come noto gli equilibri di mercato si stanno oggi modificando). Di solito, in Europa, la sequenza di windows è la seguente: (i) sala cinematografica (ii) home entertainment fisico (DVD e Blue-ray) e digitale (i cd. Transactional Video-On-Demand, TVOD – servizi online dove si paga per il singolo contenuto); (iii) TV a pagamento; (iv) Subscription Video-On-Demand (SVOD, servizi online in abbonamento, come ad es. Netflix); (v) da ultimo, TV gratuita e free VOD o Advertisement Video-On-Demand (AVOD, servizi online di distribuzione gratuita con annunci pubblicitari, ad es. YouTube e Rai Play).
Ogni piattaforma Video On Demand gestita da un festival (la quale poi, a seconda delle modalità di pagamento e fruizione, potrà configurarsi come TVOD, SVOD o free VOD), deve confrontarsi con il sistema appena descritto. Ciò comporterà conseguenze diverse, variabili a seconda del tipo di opera che il festival intende comunicare al pubblico mediante la propria piattaforma on line e le modalità con cui lo farà. Senza poter svolere in questa sede, per ragioni di spazio, un’analisi esaustiva, è possibile provare a individuare alcuni scenari:
- Per le opere cinematografiche di nazionalità italiana, durante la “finestra cinematografica” di 105 giorni stabilita per legge, deve escludersi che il festival possa effettuare qualsivoglia diffusione on line dell’opera, pena la perdita per l’opera dei benefici di legge.
- Per le opere audiovisive, invece, così come più in generale per tutte le opere che non rientrino nella categoria di “opere cinematografiche di nazionalità italiana” (ad es. film stranieri), la suddetta finestra di legge non vige e pertanto, in teoria, già nei primi 105 giorni di sfruttamento potrebbe avere luogo una diffusione da parte di un festival on line. In concreto, tuttavia, occorrerà verificare caso per caso se, e quando (cioè a che punto della sequenza delle windows sopra descritta), i diritti Video On Demand che il festival on line andrebbe ad esercitare siano liberi ovvero possano essere concessi dai titolari dei diritti (i.e. il produttore ovvero, ove ci sia un distributore, quest’ultimo) senza confliggere con quelli concessi a terzi. Si potranno qui dare casi diversi: se, da un lato, opere con limitato mercato potranno essere libere e disponibili per una licenza in favore del Festival anche nei primi mesi del loro ciclo di vita commerciale, altre con maggiore potenziale commerciale (ad es. film stranieri) non lo saranno e, pertanto, il loro utilizzo on line da parte del festival sarà precluso oppure potrà avvenire solo in fasi avanzate della tipica sequenza delle windows (ad esempio durante l’ultima finestra Free VOD o AVOD, considerato che solitamente tali sfruttamenti -paralleli alla Free TV- non prevedono esclusive).
- Quanto indicato alla lettera b) avverrà ugualmente, per le opere cinematografiche di nazionalità italiana, dopo che sia spirata la finestra theatrical di 105 giorni.
Partecipazione al festival come equipollente dell’uscita sala?
Per completare il quadro normativo, è opportuno altresì menzionare che, in seguito alle modifiche apportate dal cd. “Decreto Bonisoli” del 2018 sopra citato, è risultata eliminata una norma, originariamente contenuta nell’art. 2, comma 5, n. 2) del D.M. 14 luglio 2017, di specifica rilevanza per i festival. Secondo tale norma (e secondo il pedissequo comma 6 n. 2 dello stesso articolo 2, che prevedeva identico regime per i documentari), era considerata “cinematografica” un’opera che avesse partecipato a “festival cinematografici di rilevanza nazionale” o “festival cinematografici internazionali” rientranti tra quelli individuati con apposito provvedimento dalla Direzione Generale Cinema. La partecipazione al festival era quindi in qualche modo equipollente dell’uscita in sala. È evidente come tale regime fosse di interesse per film con limitate prospettive di distribuzione (ad es. alcuni documentari) e, allo stesso tempo, per i festival, che potevano rappresentarne il naturale sbocco. Non è chiaro se l’eliminazione sia stata una scelta intenzionale o un “effetto collaterale” del nuovo approccio normativo. Specie in quest’ultimo caso, forse, potrebbe valutarsene oggi la reintroduzione, ed in quella sede sarebbe interessante per i festival – oggi proiettati verso una dimensione digitale – immaginare una espressa equiparazione tra le versioni tradizionali dei festival e le loro versioni on line.
A proposito di equipollenze, una riflessione sembra meritare la definizione stessa di “festival on line”. Al riguardo, sembra opportuno distinguere due fattispecie che, nella prassi operativa, potrebbero sembrare analoghe (in quanto il soggetto attuatore è il medesimo, ovvero il festival, e gli sfruttamenti avvengono sulla medesima piattaforma digitale) ma, per la loro natura giuridica e valenza commerciale, sembrano da tenere ben distinte: da un lato, vi sono quelli che si ritiene debbano essere considerati – essi soltanto – i veri e propri “festival on line”, nel senso di versioni on line di un festival tradizionale: al riguardo, poiché quest’ultimo è un evento caratterizzato da una unicità di contesto e da una durata limitata nel tempo (pochi giorni) – il che è appunto ciò che lo rende “innocuo” e complementare rispetto allo sfruttamento commerciale dell’opera – si ritiene che, coerentemente, anche la versione on line dovrebbe mantenere tali caratteristiche ed, in particolare, la durata limitata nel tempo dello sfruttamento delle opere; dall’altro vi è la, ben diversa, realtà dei servizi VOD per così dire di “profondità” o di library che, anche al di là di tale unicità e limitatezza di durata tipica di un festival (inteso come evento), un festival (inteso come ente che gestisce il festival) – al pari di qualsiasi altro soggetto sul mercato – può allestire e offrire per una durata di mesi o, addirittura, di anni. Ove mai si rendesse possibile, come sopra ipotizzato, immaginare la reintroduzione di norme ad hoc che agevolino i festival on line nel perseguimento della loro missione nell’attuale, delicata fase di transizione, reintroducendo -a fini e con limiti da verificare – una equiparazione tra partecipazione a determinati festival e uscita in sala e/o eventualmente una equiparazione tra festival off line tradizionali e le loro versioni on line – tale possibilità sembra da circoscriversi senz’altro soltanto al primo dei casi indicati. Al contrario, il secondo caso, ovvero quello di servizi Video On Demand protratti per mesi o anni, sembra da collocarsi esclusivamente in un contesto di mercato, caratterizzato da windows e logiche commerciali, all’interno dei quali ciascun festival dovrà trovare il proprio spazio.
Opere di formazione e ricerca
Un’ultima nota deve riguardare la categoria delle «opere di formazione e ricerca», introdotta dall’ultimo Decreto Tax Credit n. 70/2021 ed ivi individuate come quelle opere audiovisive che abbiano un costo di produzione particolarmente contenuto (un milione e mezzo di euro per i lungometraggi di finizione; un milione per documentari di lungometraggio; ed euro 200.000 per cortometraggi) e che siano diffuse al pubblico “congiuntamente”:
i) in almeno una delle rassegne e dei concorsi internazionali di cui all’articolo 24, comma 2, lettere a) e b), della legge 14 novembre 2016, n. 220;” (allo stato si tratta degli stessi concorsi e rassegne previsti dalla normativa ai fini dei contributi automatici);
ii) mediante fornitori di servizi media audiovisivi lineari ovvero fornitori di servizi media audiovisivi a richiesta, soggetti agli obblighi di cui all’articolo 44-quater del decreto legislativo 31 luglio 2005, n. 177, e successive modificazioni, ovvero altri fornitori come eventualmente individuati nel decreto di cui all’articolo 14 della legge n. 220 del 2016;”
La nuova disciplina testimonia un’attenzione del legislatore verso opere con maggiori difficoltà di distribuzione, alle quali accorda l’eleggibilità per il beneficio fiscale sol che esse soddisfino i due requisiti di cui ai punti i) e i), pur risultando allo stato maggiormente restrittiva rispetto a quella precedente contenuta nel D.M. 14 luglio 2017 in quanto richiede che siano soddisfatti entrambi i requisiti di cui sub i) e sub ii) (laddove il D.M del 2017 riteneva sufficiente la sola partecipazione a un festival) e, soprattutto, fa riferimento ai soli fornitori SMAV non lineari di cui all’art. 44 quater del D.lgs. 177/2005, così che le piattaforme utilizzate da molti festival non vi rientrerebbero.
Un eventuale ampliamento del novero dei fornitori SMAV, da realizzarsi nel “decreto di cui all’articolo 14 della legge n. 220 del 2016” (ed eventualmente anche delle rassegne e concorsi qualificanti ai fini delle opere di formazione e ricerca, potrebbe comportare un significativo beneficio per i festival on line e aprire interessanti prospettive per il loro futuro.
Marcello Mustilli Avvocato specializzato in diritto d’autore e audiovisivo. Socio fondatore dello Studio BLM Bellettini Lazzareschi Mustilli.