“Confusione e indecisione regnano sovrane” . E’ la cronaca in diretta dal mondo del cinema nelle parole di Luigi Lonigro, presidente dei distributori cinematografici italiani, intervenuto il 26 novembre in “ I have seen the future, baby”, incontro d’apertura dei Production Days di Torino Film Industry, evento organizzato da Film Commission Torino Piemonte nel capoluogo piemontese.
L’incontro, preceduto dai saluti di Lucia Borgonzoni, sottosegretario al Ministero della Cultura ( “ le flm commission hanno un ruolo sempre maggiore nella narrazione del nostro paese”, ha detto in collegamento streaming) e da Beatrice Borgia, fresca di nomina alla presidenza di Film Commission Torino Piemonte (“internazionalizzazione, qualità della produzione e responsabilità” le parole d’ordine lanciate dalla neopresidente), introdotta dal direttore Paolo Manera ha cercato di affrontare il tema proposto dalle parole della canzone di Leonard Cohen, ma ha dovuto fare i conti prima di tutto con un presente molto difficile. “Difficile fare previsioni sul futuro”, ha ammesso Paolo Del Brocco, amministratore delegato di Rai Cinema: “se dal punto di vista produttivo non si è mai spento il motore, la distribuzione soffre…credevo in un rilancio più veloce”, ha confessato, riferendosi all’euforia di primavera che vaticinava un ritorno in massa del pubblico in sala, “affamato di cinema”.
Certo non consola il fatto che, in questi strani tempi, l’incertezza regni sovrana ovunque: i fatti sono che i numeri del box office hanno segnato, rispetto al 2019, un meno 45% di frequentazione al cinema in ottobre, cui ha fatto seguito (per la prima volta nella storia del box office italiano) un novembre ancora meno performante ( meno 75%). “C’è un Europa a due velocità”, ha avvertito Lonigro, dove gli altri paesi hanno recuperato il loro pubblico e Inghilterra e Polonia hanno addirittura aumentato le presenze in sala rispetto al periodo prepandemico. In Inghilterra in particolare, nonostante quel paese stia soffrendo un’ emergenza sanitaria peggiore della nostra, la gente non ha paura di andare al cinema. La paura è invece prevalente in Italia: “E’ una percezione di non sicurezza”, ha spiegato Massimo Proietti, direttore marketing di Universal, di un pubblico che tuttavia “vuole tornare al cinema”, e l’inversione di tendenza avverrà da maggio a dicembre 2022, ha preconizzato, citando uno studio condotto dall’azienda.
In questo squarcio di ottimismo è entrato Fabio Meloni, che con il suo Aquila, noto cinema d’essai di Roma, ha registrato, da settembre a oggi, incassi superiori allo stesso periodo del 2019, grazie a una programmazione molto targhettizzata ( “abbiamo puntato su film con specificità LGBT e sui diritti civili” )
Prevalente la convinzione che le piattaforme non siano il nemico delle sale, ma possano esserne complementari. “Occorre una convivenza equilibrata” ha enigmaticamente detto Del Brocco, che ha rivendicato la linea editoriale di Rai Cinema tesa alla creazione di un cinema fortemente identitario, linea che non potrà mai essere quella degli OTT, dove l’esigenza di “piacere a tutti” porta inevitabilmente alla standardizzazione dei contenuti.
Un esempio di questo “equilibrio” l’ha fatto Massimiliano Orfei, amministratore delegato di Vision Distribution, citando il successo del film di Sorrentino “ E’ stata la mano di Dio”che Netflix ha fatto uscire in sala prima che su piattaforma: “Quando il pubblico sente l’urgenza di andare in sala la concorrenza delle piattaforme è irrilevante”, ha detto, rincarando: “L’educazione di cinema che stanno facendo le piattaforme è fondamentale”.
Ma è certo che la sala “soffre”, è chi ne fa maggiormente le spese è il cinema italiano, ha segnalato Giampaolo Letta, amministratore delegato di Medusa Film.
Divisiva la questione delle windows, le finestre di sfruttamento dei film.
Una regolamentazione è necessaria per Mario Lorini, presidente ANEC, l’associazione degli esercenti, che stabilisca gli intervalli di uscita, e dia la possibilità ai film non concepiti per la sala di andare direttamente sulle piattaforme, riducendo così l’ingorgo delle uscite in sala.
Una “finestra modulare” ha invocato Luigi Lonigro, sottolineando come dagli USA, che è sempre stato un “faro”, vengano indicazioni contraddittorie, mentre in Francia esiste una legge che protegge lo sfruttamento del cinema in sala; “la politica deve decidere” ha esortato, per porre fine alla totale deregulation in atto. Di diverso avviso Massimo Proietti secondo cui bisogna aspettare per capire, in questa fase di sperimentazione, “quale potrebbe essere la giusta window”.
Tuttavia non bastano le finestre a riportare la gente al cinema. Domenico Dinoia, presidente della Federazione Cinema d’Essai ha annunciato che l’Associazione ha commissionato uno studio sul pubblico che non c’è o non c’è più, richiedendo una maggiore liberta per l’esercente, ormai cresciuto al rango di “direttore artistico”, di organizzare la programmazione .
Ribadita la centralità della sala come luogo di socialità e le opportunità offerte dalla multiprogrammazione, in più interventi è stata riaffermata l’importanza della formazione, e il necessario legame con la scuola
Molti gli interventi di qualificati professionisti all’incontro di Torino, articolato in tre sessioni durante tutta la giornata del 26 ottobre: oltre ai personaggi citati c’erano esercenti “coraggiosi” come Sergio Oliva del Cinema Anteo di Milano, Claudio Storani del cinema Buonarroti di Civitavecchia, Sergio Troiano del Cinema Ambrosio e Gaetano Renda del cinema Centrale ( entrambi di Torino), distributori come Antonio Medici della BIM e Emanuela Ceddia di I Wonder.
La sensazione è che quell’unità d’intenti cementata dal positivo andamento del cinema in sala fino al 2019, sia stata molto indebolita dai colpi della pandemia, e che, nonostante parole d’ordine come “rimboccarsi le maniche, restare uniti” abbiano risuonato negli epici spazi del Museo del Risorgimento che ha ospitato l’incontro, non si intravede una strategia comune per il futuro .
Nota. positiva è la prevalenza di giovani tra il pubblico, cosa non scontata per un evento professionale. Forse è arrivato il momento di far salire loro sul palco degli oratori e ascoltarli. E’ la differenza che c’è tra “guardare il futuro” e viverlo.