L’Audiovisual Producers Summit di Matera si tinge di verde: oggi, 9 luglio I lavori del summit si sono aperti con la presentazione della Green Production Guide del Producers Guild Of America, strumento messo a punto negli ultimi dieci anni per ridurre l’impatto ambientale delle produzioni audiovisive. Presentazione che in contemporanea in nostri colleghi stanno tenendo a Cannes, per i produttori francesi, affermano le produttrici Lydia Dean Pilcher e Katie Carpenter, fondatrici della Green Task Force della Producers Guild of America:
“Il nostro carbon calculator è stato sviluppato nel 2008 da John Rigo, un giovane economista che colui oggi è a capo del reparto sostenibilità della Sony”.
Praticamente tutti gli studios e gli streamers e le grandi società di produzioni si sono dotati di questa figura: il più ambizioso di tutti è Netflix, che ha l’obiettivo dello 0 emissioni per tutte le produzioni addirittura per il 2022, segue Sony, che sposta la deadline al 2030, e Amazon, al 2040.
In Italia si procede più lentamente, anche se sul fronte green ci sono iniziative decisamente all’avanguardia, ha detto Chiara Sbarigia, che ha moderato il panel sottolineando quanto la questione green stia molto a cuore a Istituto Luce Cinecittà, che presiede da qualche mese, e ricordando Green Film di Trentino Film Commission, recentemente riconosciuto a livello europeo e adottato da Cineregio (leggi lo speciale sul Green).
Altri esempi di buone pratiche italiane sono state citate da Lydia Dean Pilcher, che ha parlato del set in Sardegna di “The Little Marmaid”, “che richiederà un grande sforzo congiunto da parte del reparto sostenibilità della Disney e Sardegna Film Commission per proteggere le dune dell’area marina protetta, dove opera una troupe di 700 persone”.

O di un’iniziativa a cui sta lavorando Apulia Film Commission, che prevede che al termine delle riprese di ogni produzione che beneficia dei loro fondi, vengano piantati tanti alberi quanti sono i membri di cast&crew.
La pratica della compensazione, che permette proprio di piantare alberi o vere e proprie foreste, è quella che ha consentito alla serie documentaria di David Attengourgh “A perfect planet”, che ha coinvolto nelle riprese 36 paesi, di ottenere la Albert Certification, ‘compensando’ appunto il surplus di anidride carbonica prodotta piantando un’intera foresta nel Malawi.
“Il cinema può essere forse un piccolo business ma è un grandissimo veicolo di comunicazione, per cui, se è certamente importante la quantità di carbonio che risparmi con una produzione, lo è ancora di più il messaggio che riusciamo a far passare.” Ha concluso Carpenter, che ambisce ad arrivare ad una certificazione per poter apporre sui film ‘green’ la dicitura No climate was changed in the making of this film