direttore Paolo Di Maira

PENSANDO AL FUTURO

Lionello Cerri è il nuovo presidente dell’ANEC, l’associazione nazionale degli esercenti cinematografici.
La sua nomina, a pochi giorni dall’apertura delle Giornate Professionali di Sorrento, arriva sull’esercizio cinematografico italiano in piena trasformazione.
Parallelamente all’affermarsi dell’offerta dei multiplex , con due players, The Space e UCI, che coprono quasi la metà  dell’intero mercato, viene riproposta con sempre maggiore insistenza la centralità  delle sale di città  nel consumo di cinema, italiano e più in generale di qualità .
Nei più recenti convegni professionali, il tema “sale di città ” ha fatto coppia fissa con il processo di digitalizzazione, quasi in un nesso di causalità .
Tale da far pensare che l’accesso al prodotto da parte delle sale sia dovuto alla disponibilità  o meno della “pizza” piuttosto che alla negoziazione dei diritti tra esercente e distributore.
Questa coppia di successo gode ormai di tutti i riflettori, mettendo in secondo piano altri fattori che rimandano alle politiche urbanistiche, prima che culturali, delle amministrazione locali.
Ho letto, nelle dichiarazioni programmatiche, che per il neo-presidente dell’ANEC è importante che l’associazione crei un centro studi che, attraverso costanti e approfondite analisi del mercato e degli spettatori, “permetta di fare la fotografia del presente per pensare al futuro”.
Ho fiducia che con Cerri, cui si deve la creazione di uno dei primi e più qualificati spazi per il cinema di qualità , l’Anteo a Milano, si studi seriamente il problema.

 

Si è conclusa lo scorso 4 novembre la sesta edizione del Festival Internazionale del Film di Roma.
In sei anni di vita l’evento si è ben inserito sia nel tessuto cittadino che nell’agenda dell’industria audiovisiva.
E’ un Festival che si rivolge a un pubblico vero, con una attenzione distribuita su tutte le sezioni della manifestazione, non soltanto sul concorso.
Con The Business Street ha saputo sviluppare la dimensione del mercato con fantasia, costruendo, accanto agli incontri informali tra venditori e compratori sulla terrazza dell’Hotel Bernini Bristol, un’efficiente piattaforma per progetti produttivi indipendenti attraverso New Cinema Network, e nuove occasioni d’affari attraverso Industry Books, l’area business dell’adattamento dal libro allo schermo.
I numeri confermano che questa edizione del festival ha avuto successo ( + 4% di pubblico certificato da 130 mila ingressi), producendo anche un formidabile impatto sull’economia turistica e culturale della città : secondo le stime della Camera di Commercio di Roma ( riferite dal Sole24Ore) il Festival ha portato nella capitale, direttamente e indirettamente, 400 milioni di euro, quasi il doppio rispetto a due anni fa.
Alla vigilia del rinnovo dei vertici, quest’anno in scadenza, viene da chiedersi, al di là  dei nomi, quale sarà  il futuro del Festival Internazionale del Film di Roma.
Si registra che le istituzioni del territorio, soprattutto il Comune di Roma e la Regione Lazio oltre che la Provincia di Roma, sentano sempre più “propria” la manifestazione.
Di questo bisogna ringraziare anche Giancarlo Galan, Ministro della Cultura all’epoca dei fatti, che con la sua idiosincrasia per il Festival capitolino ha “risvegliato” l’orgoglio locale, e, per percorsi tortuosi, ha individuato la valenza strategica di un Mercato di cinema in Italia, che al momento solo Roma possiede.
L’annunciato trasferimento al Maxxi da parte di The Business Street, nel 2012, è una mossa importante, che dovrà  misurarsi con l’identità  del Mercato finora modellata sulla capacità  evocativa di Via Veneto.
Il fatto che tanti professionisti e talenti internazionali siano spinti a venire in Italia per le sue attrazioni extracinematografiche, è un elemento che va soppesato in ogni scelta.
Molti ricorderanno che anche il Mifed doveva parte del suo appeal al fatto di essere la città  della moda: i giapponesi in particolare venivano in gran numero, col desiderio dello shopping in via Montenapoleone.
A Roma c’è via Veneto, e tutto il resto.

 

   PAOLO DI MAIRA

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