di Paolo Di Maira
L’ artista è colui che sa fare di una soluzione un enigma”: al convegno su Fellini tenutosi a Rimini nello scorso novembre, Ermanno Olmi ha fatto suo quest’aforisma, in apparenza per parlare di Fellini, in realtà per avvolgere nell’indeterminatezza la possibilità che ritorni a fare un nuovo film, nonostante qualche mese fa avesse annunciato di volersi dedicare esclusivamente ai documentari.
Ermanno Olmi ha ricevuto a Rimini, dalle mani del presidente della giuria Pupi Avati, il Premio Fondazione Fellini, riconoscimento conferito a quei cineasti che hanno lasciato una traccia nella storia del cinema.
E’ stato dato, nelle prime due edizioni, a Martin Scorsese e Roman Polanski.
Stavolta c’è qualcosa di più: un’amicizia.
O meglio, un’affinità elettiva .
Nel convegno dedicato al diario onirico di Fellini, dove il maestro ha annotato i suoi sogni per trent’anni, si è parlato molto di quello intitolato “sogno del quarto fratellino coraggioso”, nel quale Fellini predice che Olmi farà un nuovo film.
Il bozzetto raffigura un pesce sanguinante in mare,circondato da un marinaio e quattro bambini.
In didascalia si avverte che il pesce era carico di esplosivo, ma è stato disinnescato, “e i quattro fratellini coraggiosi – è scritto a mano – verranno premiati in una pubblica cerimonia.
Tutti si commuoveranno, e Ermanno Olmi potrà farne un bellissimo film”.
Nonostante l’amicizia che li legava, Fellini, ha assicurato Olmi, non gli aveva mai parlato di questo sogno.
Ne è venuto a conoscenza solo due mesi fa, quando gli è stato anticipato dalla Fondazione il conferimento del Premio.
“Le coincidenze non capitano mai per caso “” ha commentato, chiedendosi: ” come mai questo sogno salta fuori dopo aver preso la decisione di non fare più film?
Come mai ora il Premio Fellini?
Mi domando: ma sono io che sto sognando?
Federico mi ha caricato di una responsabilità grandissima”.
Così l’enigma Olmi.
Il poeta che racconta con geometrica passione i grandi sentimenti, la gente semplice, storie che salgono dalla terra.
I luoghi, nei suoi film, si caricano di senso.
A Cinema & Video International Olmi ha spiegato come.
Accade che, come per la scelta dei personaggi, la scelta del luogo è fondamentale.
Scelta del luogo intesa come realtà fisica dove si svolge la storia, e quindi che ha la stessa preoccupazione pregiudiziale della scelta della fisionomia umana.
Il luogo è non solo soggetto che si esprime attraverso un progetto naturale, ma è un soggetto che si esprime attraverso il modo con il quale una società umana lo abita”.
E’ l’umanità che dà il volto, l’impronta al paesaggio.
Verità che si esprime in “Centochiodi”, nello sguardo del regista sul fiume Po.
Spiega Olmi: “C’è l’affezione che la gente del fiume ha per il fiume stesso, in una convivenza collaudata da millenni, in quanto prima fonte di sopravvivenza.
Anche quando il fiume si inaspriva, si increspava, rompeva gli argini, l’uomo che abitava il fiume lo capiva preventivamente, e considerava quest’aspetto naturale.
Quindi, aveva imparato a convivere con una tale necessità di alleanze, che anche quando il fiume era cattivo, trovava il modo per esserne amico”
“Oggi “” continua il maestro – il Po è occupato non solo da questa gente, ma anche da coloro che intendono sfruttare il fiume in modo addirittura criminale, con l’unico interesse di accaparrarsi terreni lungo il letto naturale del fiume: è lo sfruttamento non rispettoso della terra. Con la cementificazione delle sponde, la depauperazione dei fondali , il fiume diventa un canale con una potenza dirompente”.
Ecco che “” conclude – di nuovo il paesaggio si connota in relazione alla qualità delle persone che l’abitano”. C
‘è, nella visione poetica di Olmi , una forte carica d’impegno civile, saldamente ancorato alla sua profonda religiosità .
Qualche tempo fa intervenne con un articolo su un quotidiano, mentre un po’ tutti, come ciclicamente accade, dicevano la loro sulla “crisi del cinema italiano”.
Lui aveva coinvolto l’intera società . “Avevo anche citato alcuni film – racconta il cineasta a Cinema & Video International – che segnalavano, al contrario, la grande vitalità poetica del cinema di oggi e anche la responsabilità di trascuratezza da parte del sistema distributivo , e dunque del mercato, che fa sì che questi film, pur essendo molto belli, non arrivino al pubblico.
Allora, la domanda è la seguente: è il cinema italiano che si è svuotato dell’impeto creativo che in altre circostanze ha dimostrato , è quindi lui l’unico colpevole, oppure: lo spettatore italiano si è un po’ abbioccato , per cui va al cinema come se accendesse una tv un po’ più grande?
La società nel suo insieme esprime un valore/disvalore che è responsabilità di tutti.
Ogni popolo ha il governo che si merita, si dice.
E ogni società ha il cinema che si merita”.
Se per quanto concerne i progetti cinematografici Olmi rinvia “alle circostanze, e soprattutto alle mie fragili forze interiori”, è certo che realizzerà documentari, tornando all’origine del suo percorso creativo .
Ce ne anticipa quattro.
Uno, già annunciato, con Terra Madre, la rete di comunità del cibo creata da Slow Food; l’altro, nato da una collaborazione con l’amico Renzo Piano sulla nuova cittadella futuristica che sorgerà nell’area delle ex acciaierie Falk, a Sesto San Giovanni.
Ce ne sono altri due: “Un documentario riguarda la costruzione di una grande isola artificiale nel rispetto delle regole economiche e estetiche, per portare la fonte alternativa al petrolio, che è il gas metano”.
Il quarto è sulle rupi del vino. “In Valtellina esiste uno dei rari esempi di terrazzamento che consente di produrre ancora oggi eccellente qualità di uva a quote molto alte, fino a mille metri d’altezza”.
Il vino, ricorda Ermanno Olmi, ha un suo valore di sacralità .
“E’ stato il primo atto con cui Noè ha messo in atto il patto d’alleanza con il Creatore.
Dopo il diluvio piantò la vigna, e appena l’uva fu pronta, si prese la più grande sbronza della sua vita”.