Doccia fredda per il settore dell’animazione italiana: a pochi giorni dalla decisione del Ministero della Cultura, con il ministro Sangiuliano e la sottosegretaria Lucia Borgonzoni e la Commissione Cultura della Camera, con il suo presidente Federico Mollicone, a favore della sottoquota animazione, arriva inaspettata, nel Consiglio dei ministri del 20 marzo, la revisione del Testo Unico dei Servizi Media Audiovisivi (TUSMA) che elimina la possibilità di introdurre sottoquote di programmazione e di investimento per le televisioni private e per le piattaforme on demand operanti in Italia.
Un’inversione di rotta che, secondo Cartoon Italia, l’associazione nazionale dei produttori di animazione, è “una decisione che condanna al soffocamento il comparto dell’animazione italiana e che priva le nuove generazioni di bambini e ragazzi dell’immaginario italiano, con un’offerta quasi esclusivamente americana”.
“Una decisione apparentemente inspiegabile – argomenta il comunicato di Cartoon Italia – a meno che qualche ministro di peso non si sia fatto convincere a eliminare i “lacci e lacciuoli”, piegandosi alle richieste delle potenti lobby delle piattaforme on demand americane. Tenendo conto delle resistenze delle televisioni private, Cartoon Italia, aveva infatti già formulato una proposta al Ministero della Cultura che esentava le emittenti generaliste (le reti Mediaset, La 7 etc.) dall’obbligo” con questa decisione, conclude la nota, “ il Consiglio dei ministri ha preferito anteporre gli interessi economici di gruppi stranieri a quelli dei bambini e dei ragazzi italiani che, così, cresceranno con quasi solo cartoni animati americani”
“Non comprendo la scelta di questo Governo di mettere in ginocchio un comparto industriale che consta di oltre 50 aziende che dà lavoro a 6.000 giovani con un’età media tra i 20 e i 30 anni e che crea contenuti per bambini veicolando i valori che appartengono alla nostra tradizione culturale”, ha commentato Maria Carolina Terzi, Presidente di Cartoon Italia . “Dal governo – aggiunge – una miopia che impedisce la crescita naturale e necessaria per un comparto industriale e creativo, eccellenza del Made in Italy” .
Vibrante la protesta da parte dei maggiori players italiani del settore.
“Sono negativamente sorpreso per la decisione che è stata assunta e che non riconosce minimamente quelle che sono state le nostre richieste”, ha dichiarato Iginio Straffi, CEO di Rainbow: “Non si tratta solo di una battaglia combattuta per un riconoscimento economico che comunque sarebbe necessario per competere ad armi pari con le produzioni straniere, ma soprattutto di avere a cuore i valori fondanti di un’educazione che attraverso l’animazione si trasmette ai più piccoli e in qualche modo a un vero e proprio patrimonio culturale italiano.”
Secondo Andrea Occhipinti, CEO di Lucky Red, “È un vero peccato che in Italia non si comprenda l’importanza che ha la produzione di animazione, un linguaggio molto apprezzato dal pubblico come dimostrano gli incassi. Le società italiane sopravvivono con Rai Kids e lavorando per produzioni straniere. Alcune delle nostre eccellenze e talenti nel campo sono emigrati all’estero, mentre tutti gli altri paesi europei sono diventati grandi produttori e esportatori di film e serie, sia per bambini, che per adulti. L’animazione è la forma di cinema più facile da esportare, ha spesso un linguaggio universale dove il doppiaggio non è un problema”.
Questa scelta del governo conferma , in sostanza, il monopolio della RAI che, suo malgrado, rimane di fatto l’unico player e partner finanziario dell’intera industria dell’animazione italiana.
E’ certo chel’istituzione della sottoquota avrebbe garantito una maggiore competitività da parte dell’industria dell’animazione italiana. Competitività cui possono invece partecipare i produttori francesi che la sottoquota l’hanno istituita da tempo.