direttore Paolo Di Maira

MANTOVA/La qualità dei numeri

La Federazione Italiana Cinema d’Essai (FICE) ha fatto un lavoro molto utile. Ha messo insieme le presenze e gli incassi dei 15 film vincitori delle ultime 5 edizioni dei 3 maggiori festival internazionali: Berlino, Venezia e Cannes.
La somma dei rispettivi incassi (dati  Cinetel al 27 settembre) sfiora i 13 milioni di euro, 10dei quali sono stati realizzati nelle sale d’essai, vale a dire l’80%; stessa quota nelle presenze.
Un altro significativo blocco di dati concerne gli incassi  (sempre nelle sale italiane monitorate da Cinetel) di un campione di 18 film italiani di qualità usciti negli ultimi 12 mesi: circa 30 milioni di euro di cui oltre 15 realizzati nelle sale d’essai, con un’incidenza di circa il 50%.

L’ inedita selezione di dati, unita alla notizia che quest’anno la quota di mercato dei film italiani è scesa al 18% (l’anno scorso era al 26%), ha costituito la documentazione propedeutica al seminario “I film d’autore e il pubblico delle sale d’essai” organizzato dalla FICE il 7 ottobre alla multisala Ariston di Mantova, durante la quindicesima edizione degli Incontri del Cinema d’Essai.

Il peso dei numeri, da cui risulta che senza le sale d’essai il cinema italiano di qualità uscirebbe dimezzato e i film vincitori dei Festival addirittura non avrebbero pubblico, ha dato forza al presidente FICE Domenico Dinoia, per l’occasione anche conduttore del convegno, nel rivendicare la centralità delle sale d’essai per il cinema di qualità e per quello italiano in particolare, e la necessità di considerare il sostegno pubblico (circa 7 mila euro annui per schermo, considerando anche i contributi del progetto “Schermi di qualità”) un investimento e non un aiuto.
Nonostante le premesse e gli sforzi del conduttore, il convegno si è discostato raramente da argomentazioni note: le sale dovrebbero essere luoghi più gradevoli secondo il distributore Valerio De Paolis, il problema è che si producono troppi film italiani secondo un altro distributore, Francesco Melzi D’Eril; non è vero che se ne producono troppi perché non è detto che tutti i film debbano andare in sala, dal momento che esistono altre piattaforme distributive, ribatte Maria Giuseppina Troccoli del MiBACT. Il presidente ANEC Luigi Cuciniello ha riproposto il nodo della stagionalità: cioè dell’assenza di film nei mesi estivi, mentre Gianluca Farinelli direttore della Cineteca di Bologna, ha riagganciato il tema del convegno dicendo che il problema non è quanto poco lo Stato dà ai cinema d’essai, ma quanto sia mal ripartito. Troppi, sembrano a Farinelli, gli 830 schermi ammessi ai contributi.

Le difficoltà delle sale d’essai le ha sintetizzate, intervenendo dalla platea, Lorenzo Fantoni esercente del cinema Eden di Treviso e uno dei fondatori della FICE, con una serrata sequenza dei costi sia in termini di gestione che di imposizione fiscale. E come se non bastasse, ci si mettono anche i distributori: “Io devo fare quel che vogliono loro e non quel che vuole il pubblico”. Una richiesta e uno scatto d’orgoglio: “Il noleggio deve lasciarci liberi di fare il lavoro come noi sappiamo farlo”.
Probabilmente non basta concludere, come tutti i panelist hanno convenuto, che tra 10 anni le sale esisteranno ancora.
La questione è quante, quali e come.

 

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