L’80% degli incassi dei film di qualità è stato realizzato nei circuiti d’essai: è questo uno dei dati che più è ‘rimbalzato’ all’interno del convegno “L’esercizio d’essai fra crisi e bilancio”, organizzato nell’ambito degli Incontri del Cinema d’Essai” di Mantova (8-10 ottobre), e che si è aperto proprio con l’analisi dell’andamento degli incassi e delle presenze nei cinema in generale e in quelli d’essai in particolare.
I dati non sono confortanti, anche se la caduta è più contenuta rispetto a quella del 2012: infatti, nei primi mesi del 2013 le sale d’essai hanno registrato una flessione del 4,46% degli incassi e del 2,53% delle presenze, mentre nel 2012 la flessione era rispettivamente –9,08% e –9,53%.
“Questo 80% è un dato che colpisce ma non stupisce” ha affermato Carlo Fontana, presidente dell’Agis, intervenendo al convegno: “Ci indica che la sala d’essai ha un ruolo fondamentale nella difesa e nella valorizzazione dell’identità culturale nazionale. Sappiamo che la situazione è di grave difficoltà, tuttavia l’ AGIS è convinta che non si debba chiedere più denaro, ma che il denaro vada speso in modo diverso e secondo forme di sostegno che possono essere indirette. Dobbiamo impegnarci in un rapporto rinnovato con il potere politico, e fargli capire che queste sale svolgono e devono svolgere una funzione formativa per il cittadino, che hanno una valenza di impegno civile.”
Per formare una “identità culturale nazionale’ di cui parla Fontana, è necessario che la sala abbia a sua volta una propria forte identità, che si sostanzia quasi sempre nel rapporto pubblico-esercente, e nel legame con la città, con il territorio: caratteristiche che la maggior parte degli esercenti individua come fattori chiave per il successo di una sala cinematografica.
“Dobbiamo rivendicare la nostra identità di esercenti come persone che conoscono il proprio pubblico e che quindi, per non farlo disperdere, hanno necessità di programmare una serie di attività tutto l’anno”, dice l’esercente siciliano Sino Caracappa, e lancia un’idea: “perché non pensare noi ad adottare come esercizio, come FICE, 2 o 3 film a cui possiamo assicurare circolazione nel corso dell’estate? E’ chiaramente una piccola idea che non va a risolvere i problemi del mercato ma che può dare spunto a riflessioni, e stimolare anche tutti quei piccoli distributori indipendenti che nei canali tradizionali non trovano risposte.”
Sotto il l’ombrello della qualità , in effetti, a Mantova si sono riunite realtà diverse, sia per quanto riguarda la distribuzione che l’esercizio:accanto ai ‘big’ come Bim e Lucky Red, tante distribuzioni piccole, molte delle quali appena nate, che trovano difficoltà a far circolare il loro prodotto all’interno dei principali circuiti e che si affidano a quei pochi esercenti che decidono di scommettere su di loro,forti anche di un rapporto di conoscenza profonda del proprio pubblico.
“Potremo chiamarla anche una nuova forma di distribuzione, – prosegue Caracappa articolando l’idea dell’adozione – uno stimolo che vogliamo dare alla distribuzione tenendo conto che noi esistiamo e abbiamo bisogno di prodotto tutto l’anno. E’ chiaro che dovremo garantire un supporto da parte nostra, non scoraggiandoci, ad esempio, se la prima settimana i film vanno male e non smontandoli subito.”
Contro lo smontaggio veloce dei film si pronuncia Paola Corti, esercente e programmatrice milanese del Cinema Beltrade e Cine Teatro Don Sironi di Osnago,: “buttare giù un film dopo una settimana perché non funziona vuol dire far dipendere l’esito di un film dal meteo! Noi gestiamo anche un cineforum a Rho in una sala che chiamarla tale è un insulto alle altre sale cinematografiche. Ebbene: l’anno scorso abbiamo fatto 680 abbonamenti, seppur con un prezzo calmierato, e quest’anno circa 800, e proiettiamo anche film come “Pietà” di Kim ki Duk. E sono tornati anche i giovani, non è vero che le cose stanno proprio come ci dicono”.
E sui dati circa l’innalzamento dell’età media dello spettatore d’essai emersi nel convegno Nicola Borrelli, direttore generale cinema del MIBACT, ha invitato a una certa prudenza:
“Non c’è evidenza che l’età media si stia alzando: fra le persone che vanno di più al cinema l’età media è più bassa di chi non ci va mai o solo una o due volte”
“ Il problema – ha avvertito Borrelli – è semmai che 23 milioni di over 15 non vanno mai al cinema e 10 milioni una o due volte l’anno. Il mercato della sala è nelle mani di 6 milioni di italiani. Se non partiamo da questo, cioè dalla consapevolezza che il mercato cinematografico non riguarda la maggior parte dei cittadini italiani, e non ci facciamo domande su come porci rimedio, credo che tutto il resto sia paradossalmente secondario.”
Bisogna allora interrogarsi sui modi dell’offerta, se, come ha sostenuto Paola Corti, “Al cinema la gente è contenta di andarci: non mi spiego altrimenti perché il Mexico (storico cinema d’autore ultraindipendente di Milano, n.d.r.) abbia fatto così tanti spettatori durante l’estate con “Singolarità di una ragazza bionda” di De Oliveira, perché a Osnago, che è una sala parrocchiale, “Sacro Gra” ha avuto 300 spettatori in 3 giorni –Conclude Corti. – Non credo che solo la gente di Milano voglia vedere questi film. Credo però che un esercente come ‘quelli di una volta’, che sta alla cassa, si ferma a guardare i film e a parlare con il proprio pubblico, proprio come accadeva nelle botteghe di quartiere del resto, faccia la differenza.”