spot_img

direttore Paolo Di Maira

spot_img

LUCIA BORGONZONI/ Una promozione integrata

Si può dire che  la sigla dell’accordo  Italian Screens rappresenta il primo esempio di promozione integrata?

Certamente: gli investimenti già c’erano ma erano frastagliati in tanti progetti e ministeri. Era difficile avere un’idea complessiva di dove orientare la promozione, renderla cioè più efficace. Possiamo avere adesso un quadro chiaro da portare agli operatori, mirare sempre più gli interventi e proporre a ciascun mercato il prodotto che quel determinato mercato vuole.

Nella scelta dei luoghi ove tenere Italian Screens privilegerete i territori dove c’è già una presenza del cinema italiano o territori nuovi?

Le faccio qualche esempio: con la Corea del Sud – con cui stiamo lavorando per realizzare un accordo  – ci può essere quella sensibilità in comune per poter realizzare anche film in coproduzione; in Cina ci siamo resi conto che vanno i remake e allora valorizzeremo il nostro patrimonio di library.  In sostanza: consolideremo i mercati ove siamo già presenti, ma ciò non toglie che ne cercheremo di nuovi

Italian Screens dovrebbe essere la vetrina del lavoro di internazionalizzazione fatta dal Ministero…

Abbiamo una serie di strumenti che sono confermati e metteremo a sistema, come il  Film Distribution Fund  e i fondi di coproduzione. Di questi ultimi possiamo verificare l’efficacia quest’anno a Cannes, dove abbiamo in concorso ben 3 film di coproduzione, oltre a quello di Sorrentino.

Tra un anno faremo un bilancio di Italian Screens e vedremo dove aumentare i finanziamenti in base ai ritorni. E per ritorno non intendo solo quello economico ma anche quello culturale.

Promuovere il cinema italiano significa anche promuovere la lingua italiana…

Indubbiamente – e in questo il coordinamento con il Ministero degli Affari Esteri è essenziale – diffondere la lingua italiana è di primaria importanza.

Va in questa direzione il fondo di 52 milioni istituito quest’anno per finanziare opere su personaggi e avvenimenti dell’identità culturale italiana ( nella linea di contributi selettivi, ndr). Perchè, è bene ricordarlo, quello che all’estero si aspettano da noi è la nostra creatività , la nostra italianità. Un esempio virtuoso è la recente miniserie su Guglielmo Marconi. Per concludere: va bene fare bei prodotti, ma, – è questa la ragione della firma di oggi – bisogna farli circolare.

Articoli collegati

- Sponsor - spot_img

FESTIVAL - MARKET

- sponsor -spot_img

INDUSTRY

LOCATION

Newsletter