Con ben quattro titoli in concorso, alla 72° Mostra Internazionale del Cinema i film italiani fanno la parte del leone. Naturale, allora, che il cinema italiano torni sotto i riflettori, soprattutto a seguito del commento che il direttore della Mostra, Alberto Barbera, ha accompagnato all’annuncio della selezione (non una giustificazione, che suonerebbe surreale).
Sull’industria cinematografica italiana, ha detto Barbera, ci sono più ombre che luci: si producono troppi film con budget sempre più piccoli.
E’, questa, una tendenza su cui aveva già lanciato l’allarme da almeno un paio d’anni il presidente ANICA Riccardo Tozzi.
Dunque: “piccolo è brutto”?
Le cose sono più complesse, e lo si evince dall’annuale rapporto sul cinema italiano realizzato da Fondazione Ente dello Spettacolo e Direzione Generale Cinema-MiBACT, dove torna in primo piano la “bulimia produttiva”, così definita dal curatore scientifico Redento Mori.
Una direzione l’ha indicata nello scorso luglio, durante la presentazione del “Rapporto”, il DG Cinema Nicola Borrelli, quando, nel definirlo “stagnante”, punta il dito su un settore “che guarda dentro se stesso”, dove ”siamo quasi scomparsi dalle vendite internazionali”.
L’ intervento di Borrelli ha approfondito il solco tracciato dal “Rapporto”, che individua un nesso forte tra le “difficoltà respiratorie” (l’espressione metaforica è di Mori) del cinema italiano e la contrazione delle risorse estere.
Perché, sottolinea lo studioso, l’apporto estero non è semplicemente una parte aggiuntiva alle risorse del cinema italiano , ma rappresenta “un volano per incrementare il valore aggiunto di tutta la produzione complessiva”.
Penso che il tema dell’ internazionalizzazione del cinema italiano sia una chiave utile per chi vuole capire per cambiare: invertire, cioè, il trend di un settore il cui massimo esponente istituzionale non ha esitato a definire “stagnante”.
Tale convinzione è rafforzata dall’approfondimento di Redento Mori , e riaffiora, nell’intervista con Lucia Milazzotto, direttrice del MIA, che parla del nuovo progetto di Mercato che inaugurerà la sua prima edizione nel prossimo autunno a Roma.
Si muove dentro lo stesso percorso il servizio su “Everest”, il kolossal americano in gran parte girato in Italia, che apre la 72° Mostra del Cinema: qui si evidenzia l’apporto del territorio all’internazionalizzazione del nostro audiovisivo.
L’offerta di locations e incentivi alle produzioni straniere è una parte, la più visibile, del lavoro che le istituzioni territoriali fanno attraverso le Film Commission, consistenti in una serie di iniziative che puntano a creare una rete per favorire le co-produzioni di talenti locali con regioni transfrontaliere.
Sono esperienze che meritano attenzione: non importa che i progetti siano low budget, importa che garantiscano nuovi territori di diffusione, ma soprattutto che, portando idee nuove, possano contribuire a diversificare le tematiche dominanti nel cinema italiano.
Un cinema, scrive Mori nel suo intervento, tradizionalmente legato “nella sua doppia personalità, a soggetti di forte impegno sociale o oppure di brillante disimpegno”.
Due film su tre, sostenuti negli ultimi otto anni con i contributi del FUS, argomenta Mori dati alla mano, appartengono a questi due filoni. Occorre ossigeno