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direttore Paolo Di Maira

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L’Intervista / La Cina è (per il momento) lontana

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Lin J. Nafei è una giovane produttrice cinese, con base a Pechino, che ha lavorato, in ruoli diversi, con numerosi progetti cinematografici e televisivi in Cina e all’estero. Recentemente ha creato con Riccardo Pintus Gate 99 Films,  una società di produzione e di servizi, con sede a Milano.
L’abbiamo intervistata via Zoom a Pechino.

Ci può dare un quadro generale della situazione dell’industria audiovisiva in Cina dopo il COVID-19?
E’ stato uno shock molto forte e la normalità è ancora lontana.
Prima di tutto perché le sale non hanno ancora riaperto anche se teoricamente hanno avuto l’autorizzazione a farlo, sia pure con precauzioni, spaziamento dei posti, ecc.
I costi per gestire le sale con le nuove regole sono divenuti molto alti e per questo quasi tutte sono ancora chiuse e d’altra parte nessun distributore prende il rischio di far uscire nuovi film in questa situazione.

Vede cambiamenti sostanziali nel modo di fare produzione e in particolare per la pre pre-produzione e lo scouting?
Non per lo specifico dello scouting.
Ma va tenuto presente che in Cina c’era già un uso molto intenso e avanzato di “devices” e applicazioni mobili in tutti i momenti della pre-produzione.
Si fa sentire la presenza di colossi della telefonia mobile come Huawei e Xiaomi che hanno favorito lo sviluppo di applicazioni che influenzano ogni aspetto della vita lavorativa, compreso il modo di organizzare e di realizzare la pre-produzione nel settore audiovisivo.
E’ molto diverso, e lo era già prima, ad esempio dall’Italia, dove c’è l’abitudine a fare lunghe e affollate riunioni di preparazione.
Per quanto riguarda le cosiddette “location virtuali”, non sono ancora entrate nella pratica cinese, anche perché per le dimensioni immense del territorio è impossibile digitalizzare anche una frazione significativa di potenziali locations.
C’è anche un uso molto intenso di apps come WeChat, simile a WhatsApp, ma molto più potente e con ricchezza di funzioni. Si può dire che gran parte della vita quotidiana in Cina era già basata su queste applicazioni.

Si può notare una tendenza ad abbandonare le location reali a favore delle riprese in studio o in teatro di posa?
Sì, ma anche qui non si tratta di una cosa completamente nuova ma di un trend che si è consolidato in questi ultimi anni.
In Cina c’è una rete diffusa di studios e di teatri di posa dove ad esempio si possono fare ricostruzioni di edifici di epoche storiche o di altre locations. Molti film e serie televisive girano in teatro proprio perché è una situazione più controllabile. Questo non vuol dire che le locations reali verranno abbandonate. Di fatto io credo che per esempio le serie Tv cinesi girino in location più delle serie americane

Può dirci qualcosa a proposito dei protocolli sanitari e di sicurezza post-COVID ?
Non ci sono molti protocolli specifici per i set.
E’ l’intera società che ha adottato in masso nuovi standard di sicurezza sanitaria.
Ma direi che molti di questi standard facevano in qualche modo già parte della cultura cinese, come di quella giapponese. Ad esempio portare la mascherina in strada era già molto comune  prima dello scoppio della pandemia. Per cui adattarsi a queste regole non è difficile per la popolazione cinese.

Ci saranno difficoltà per le produzioni cinesi che avevano progetti di produzione all’estero?
Sicuramente sì. Su questo fronte il colpo è stato durissimo, soprattutto a causa della paura dei produttori e dei professionisti cinesi del settore e non solo per una questione di distanze.
Io personalmente avevo un progetto con un produttore cinese che voleva girare in Italia e che è stato cambiato perché spostare un gruppo di 50 persone avrebbe creato paure e ansietà, non solo in relazione al paese di destinazione, ma anche per il viaggio in sé.
Mettere 50 persone su un aereo è considerato un rischio.
E’ non è solo o soprattutto questa la preoccupazione.
Si chiedevano, “una volta che siamo là, cosa succede con la quarantena, è se qualcosa va storto saremo bloccati là e se invece riusciamo a tornare ci bloccheranno in quarantena qui in Cina?”.
Quindi viaggiare diventa di fatto impossibile.
E poi fondamentalmente i Cinesi si attengono alle regole, a quello che gli ordinano di fare, cosa che spesso non succede nel mondo occidentale e questo non fa che aumentare la preoccupazione.

Come vede il futuro per l’industria audiovisiva cinese?
Dipende tutto da quello che succede con la pandemia a livello internazionale. Non ne siamo ancora fuori. Non credo che si possa dire che è tutto alle nostre spalle, occupiamoci della ricostruzione delle nostre vite e del nostro lavoro.
Come in altri settori, anche l’industria audiovisiva dovrà cavalcare l’onda delle nuove situazioni e cercare di rimettersi in piedi.
In Cina le produzioni sono ricominciate da un mese. Certo cambierà profondamente il modello di distribuzione, con molti prodotti che si sposteranno permanentemente online e questo finirà per cambiare anche le modalità produttive.

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