Perché l’impresa dovrebbe investire nel cinema? Questa è la domanda con cui l’industriale emiliano Daniele Vacchi ha aperto il suo intervento al convegno promosso dalla Regione Emilia Romagna e organizzato da Digicittà nello scorso gennaio a Bologna.Il tema era, appunto, il film come investimento; l’obiettivo era annunciare la costituzione di un Fondo di sostegno regionale all’audiovisivo.
Il vantaggio fiscale, ha detto l’industriale, è un incentivo eccellente, ma non è la vera motivazione.
La meccanica produce il 70% della ricchezza in Emilia Romagna. e riesce ad arrivare a questi risultati – ha argomentato – impiegando meno del 6% della forza lavoro della regione. Siamo maghi, si è chiesto? E’ evidente – ha concluso Vacchi, forte della credibilità del suo Gruppo, leader nel mondo nella meccanica di precisione – che per riuscire a dare risposte così complesse e raffinate, il contributo non può venire soltanto dal sistema industriale, ma deve venire da un sistema culturale complessivo.
Questo sistema, che stimola lo sviluppo, viene alimentato investendo in attività che generano quella che l’industriale ha definito “intelligenza territoriale”: qui sta, secondo Vacchi, il vero motivo per cui un industriale metalmeccanico avrebbe interesse a investire in un film.
Come spesso accade, il punto di vista esterno è stato illuminante, e l’ intelligenza territoriale è stata il filo che ha cucito assieme i vari interventi – c’erano, oltre agli imprenditori, autori, produttori, film commissioners, operatori culturali – e ha irrobustito le maglie della rete che i tre assessori regionali presenti – alla Cultura, alle Attività Produttive, al Turismo – hanno tessuto per garantire la solidità del progetto annunciato.
A Bologna, nella stessa settimana di gennaio, si è tenuto anche il terzo meeting nazionale dell’AGPCI, l’associazione dei giovani produttori cinematografici indipendenti.
Con premesse diverse – rivoluzione è stata la parola d’ordine del meeting – anche l’AGPCI ha cercato nel territorio, nella sua intelligenza, il principale alleato. Nel territorio ha cercato le risposte utili a sciogliere il grande nodo irrisolto: quello della censura che un mercato distorto oppone alla distribuzione dei film indipendenti.
Non stupisce che gli interventi degli amministratori (hanno parlato gli assessori regionali alla cultura e alla formazione) abbiano trovato la sintonia con la platea degli indipendenti tanto quanto quelli di Pascal Diot, direttore del Venice Film Market, e di Silvia Costa, membro della Commissione Cultura del Parlamento Europeo.
Distante, invece, è apparso il pubblico dei giovani indipendenti dagli interventi dei presidenti dell’ANICA, Riccardo Tozzi, e dell’ANEC, Lionello Cerri.
Sembra, però, che essere lontani da Roma non sia più non un problema.
Ancora una volta occorre citare il Friuli Venezia Giulia, l’esempio più ricorrente perché è il più calzante.
Questa regione – un tempo di frontiera, oggi al centro della nuova Europa – con le sue manifestazioni (cito solo le ultime due in ordine temporale, Trieste Film Festival e When East Meets West) e con due Fondi di sostegno all’audiovisivo tra loro complementari, ha costruito in circa vent’anni di lavoro un tessuto di competenze e di attenzione, ma anche di passione e affetto, che ha permesso di accogliere film di premi Oscar come Salvatores e Tornatore e contemporaneamente di “sfornare” nuovi talenti come come Alberto Fasulo, Matteo Oleotto, Carlo Zoratti.
Insomma: anche nel cinema un altro modo è possibile.