Il confine sarà il tema della prossima edizione della Fiera Internazionale del Libro di Torino , che si svolgerà dal 10 al 14 maggio prossimi.
E identifica in Trieste uno dei due casi emblematici di città di confine ( l’altro è Instanbul).
Come in un gioco di specchi, la città di Svevo e di Saba (e di Joyce), con il Trieste Film Festival, declina di fatto ogni anno il tema del confine dilatandolo a sempre nuove latitudini, a volte contraendolo a soglia psicologica.
E’ accaduto anche quest’anno, alla 18° edizione, dal 18 al 25 gennaio, che ha dedicato la sua attenzione a Romania e Bulgaria.
Tra i film in concorso la giuria ha premiato, nella sezione lungometraggi, “Der Freie Willie” ( il libero arbitrio) del tedesco Matthias Glasner: storia di un amore nato tra uno stupratore appena dimesso dall’ospedale psichiatrico e una giovane donna che fugge dalle vessazioni familiari.
Il pubblico, invece, ha premiato ” Karaula” ( Posto di frontiera) di Rajko Grlic .
Qui la soglia è il posto di con- fine tra Albania e Jugoslavia nel 1987, dove la morte, non soltanto per l’avamposto militare , arriva prima del nemico dichiarato,nell’ epilogo apparentemente assurdo di un grottesco gioco degli equivoci.
Trieste è una città molto artificiale, perché più che in ogni altra città la letteratura carica di senso i luoghi. E’ naturale che il Festival diretto da Annamaria Percavassi viva nel continuo rimando alla scrittura.
Esplicito nell’evento speciale quest’anno dedicato allo scrittore tedesco, triestino d’adozione, Veit Heiniken, meno esibito nella retrospettiva su Franco Giraldi (“Lo schermo Triestino”), la cui opera tuttavia è fortemente ancorata alla letteratura e, ancora una volta, al tema del confine.
“In tutte le frontiere ci sono morti, in nome della maledetta identità , l’identità è la rovina degli uomini”, dice l’attore Omero Antonutti (che di Giraldi ha interpretato, nel 1984 “Mio figlio non sa leggere”), intervenuto nell’incontro che il Festival ha organizzato con l’autore e il pubblico. Antonutti, che ha sempre mantenuto un forte legame con Trieste “” il prossimo anno sarà dedicata a lui la retrospettiva “” individua già nei dialetti il seme dell’odio: “aborrisco il localismo”.
E a Cinema & Video International ha confidato con disappunto che Gavino Ledda, l’autore di “Padre Padrone”, al cui adattamento cinematografico dei Fratelli Taviani ha dato una memorabile interpretazione, lo ha informato di voler riscrivere la storia: ” vuole farlo intimo, deve parlare in sardo” dice .
“Certamente non sarò io a interpretarlo”.
Cinema&Video International 1/2-2007