Le storie sono la base comune, necessaria per costruire le co-produzioni. Condizione necessaria ma non sufficiente. Non a caso sulla bontà del modello di co-produzione in un mercato come quello attuale, in radicale trasformazione, si interroga il Torino Film Lab, che mette lo sviluppo delle storie al centro dei propri programmi di training che hanno aiutato a far nascere oltre 150 film, la maggior parte delle quali sono diventate proprio co-produzioni internazionali.

La coproduzione fra società indipendenti è un male necessario o può essere ancora un’opportunità per diventare la fucina di nuove storie? Questo è l’interrogativo che ha animato la riflessione della prima giornata di Torino Film Industry (il 23 novembre) dedicata a TFL Italia, il programma dedicato all’industria italiana e ai talenti italiani emergenti che è cresciuto, evolvendosi da Up&coming Italia, lanciato nel 2020, a Alpi Film Lab, in cui lo sguardo è andato oltre confine per concentrarsi sulle collaborazioni Italia-Francia.
E poi ancora, da quest’anno in Boost IT Lab, percorso dedicato a 4 progetti italiani in cerca di partners internazionali, e a 4 progetti internazionali che hanno interesse a coprodurre con l’Italia.
“A questo abbiamo unito una call per progetti internazionali in cerca partners italiani, dopo che abbiamo visto sui mercati che, l’Italia è sempre più cercata come produttore minoritario, grazie ai nuovi fondi, e anche a questa nuova generazione di produttori che hanno beneficiato dei programmi del TFL” dice Francesco Giai Via, curatore di Boost IT Lab, -quello che abbiamo fatto in questi workshop è cercare di capire il vero potenziale di questi progetti, dove possono andare nel mondo e se davvero sono fatti per essere co-produzioni.”
Co-produrre non significa necessariamente allargare l’audience: ne sono convinti Giovanni Pompili, di Kino Produzioni, e Marcin Luczaj rispettivamente Production Trainer italiano e Sales Trainer di Boost IT Lab.
Pompili è il co-produttore minoritario del fortunato film Alcarraz di Carla Simon, anch’esso passato da TFL e vincitore dell’Orso d’Oro a Berlino: “molti mi chiedevano: perché vuoi produrre un film catalano? Ma per me si trattava di un film europeo, che in effetti ha girato il mondo da Sud Corea a Sud America”, racconta Pompili, specificando poi quanto la questione fondamentale per lui sia la creazione di una audience, (ma anche di uno star system e di una generazione di professionisti) europei.
L’esperto di Audience Design per Boost it Lab, Niccolò Gallio, cita anche lui Alcarraz, assieme a Piccolo Corpo di Laura Samani come esempi di film che vengono da posti specifici dei loro paesi, contesti molto locali e caratterizzati anche da dialetti particolari, ma che hanno viaggiato ovunque nel mondo. “C’è stato un modo di raccontare e presentare che glielo ha permesso. Proprio nell’ottica della costruzione di un’audience europea, quello che facciamo durante i nostri workshop di Boost IT Lab è proprio invitare autori e produttori e autori a uscire dalla propria bolla creativa e mettersi nei panni del mercato, del pubblico”.
Le storie che viaggiano sono quelle che hanno un sapore locale ed un cuore e un linguaggio universale secondo Alec Von Bargen,Pitching Trainer di Boost IT Lab. E cita due esempi di storie che hanno quell’emozione di base capace di attraversare i confini: This is not a burial its a resurrection di Lemohang Jeremiah Mosese, una storia piccola che arriva dal Lesoto, diretta da un regista un po’ pazzo ma visionario, un’opera d’arte costata solo 150 mila dollari e che ha vinto 35 premi ed è entrata in short-list per gli Oscar. E Quo Vadis Aida? di Jasmila Zbanic. Se nel primo caso era impossibile trovare co-produttori, la seconda è stata una co-produzione naturale, organica.”
I progetti internazionali di Boost IT Lab che sono stati presentati nella sessione di pitch che ha concluso la giornata di TFL Italia hanno effettivamente tutti un legame più o meno forte con l’Italia.
Ad esempio quello tematico (la questione degli immigrati che fanno lavori domestici) e storico (il rapporto con l’Etiopia) di Assa, a Fish in a Bowl , storia di Yasmine, dramma familiare su una donna etiope che lavora come domestica presso una famiglia di Beirut; o quello del film lettone Beatrice, storia d’amore e fantascienza dove una donna risorge, dopo un incidente di macchina, all’interno del corpo di una donna italiana; Recognition incredibile storia autobiografica trasformata in film dal regista ceco Ondřej Novák, che racconta del padre creduto morto per 20 anni, e poi ritrovato in Italia, a Piombino dove viveva come senza tetto (ed è morto il giorno dopo aver rincontrato la famiglia).
E’ autobiografica anche la storia di Disneilend debutto nel lungometraggio di fiction Loris G.Nese, dove il piccolo Armandino scopre poco a poco che la morte del padre in realtà non è avvenuta per un incidente stradale ma in una guerra di camorra.

Il film, che è stato selezionato a Biennale College Cinema e In Progress di MFN e conta sul fondo di sviluppo di Film Commission Regione Campania, intende, spiega la produttrice Chiara Marotta di Lapazio Film,“mostrare la problematicità del quotidiano di una famiglia che fa parte della criminalità organizzata, focalizzandosi sulle relazioni fra i personaggi, e non tanto sulla spettacolarizzazione della violenza, come accade spesso nei film di questo genere.”
Un approccio simile a quello de La Casa Bianca di Francesco Romano, prodotto da Raffaella Pontarelli di Amarena Film in co-produzione con la francese Bacalupo Films. La Casa Bianca fa parte della selezione di Features Lab di quest’anno, ed è interessante citarlo perché è passato dai primi due programmi di TFL Italia sopra menzionati: Up&Coming Italia e Alpi Film Lab.
In questo caso la protagonista è Felicetta, una donna vedova che negli anni 90 gestisce un negozio di mozzarelle con il fratello e decide da rifugio a Salvatore, un boss della Camorra: un incontro che cambierà radicalmente la sua vita e che, “paradossalmente, la porterà ad emanciparsi dal contesto patriarcale e ristretto dell’hinterland napoletano dove vive un po’ ai margini della sua famiglia benestante.” Racconta Romano.
Anche in questo caso un progetto campano, tratto da una storia vera che poi è diventata un racconto scritto da Armando Iovino (anche autore della sceneggiatura assieme a Mara Fondacaro), e che ha beneficiato del fondo di sviluppo di FCRC, oltre che del fondo di co-sviluppo Italia- Francia.
“Abbiamo da poco fatto richiesta al fondo di produzione campano, oltre che ai fondi selettivi del Ministero, in Francia a Cinema du Monde e l’anno prossimo applicheremo a fondo di co-produzione Italia- Francia e a Eurimages.” Spiega Raffaella Pontarelli.

Le tre tappe targate TFL sono state importanti proprio per aprire gradualmente la storia, da una prospettiva italiana (“Up&Coming Italia è stata la prima occasione di condividere la storia quando ancora non avevamo neanche la sceneggiatura”), a un orizzonte italo-francese (“AlpiFilmLab ci ha portato alla prima stesura della sceneggiatura ed è stato fondamentale per capire come poteva essere percepita questa storia all’estero. Ci sono ad esempio, meccanismi interni della criminalità organizzata che noi diamo per scontati, ma fuori dall’Italia non risultano così chiari”). E adesso, con FeatureLab, a una platea totalmente internazionale, “dove c’è stato uno scambio costante, e utilissimo, con gli altri progetti, visto che abbiamo lavorato sempre in gruppo.”
Se Disneilend conta sull’interesse dell’attore campano Francesco Di Leva, Francesco Romano ha intenzione di girare La Casa Bianca con attori non professionisti, facendo street casting (che sarà curato da Caterina Biasiucci e Carlo Manzo). L’intenzione è quella di girare nell’autunno-inverno 2025, nei luoghi dove la storia vera ha avuto luogo, che sono anche quelli dove è nato e cresciuto il regista.
Gli altri progetti italiani di Boost IT Lab sono: Incomparable diretto da Stefano Croci e prodotto da Stefano Migliore di Caucaso (Bologna), ritratto intimo della relazione fra un anziano trafficante di d’amante e la figlia adottata, che combina elementi di family drama con un approccio arthouse e sarà girato fra l’Italia, la Francia ed un altro paese europeo, (“Siamo nella fase iniziale dello sviluppo e inizieremo a richiedere fondi, anche a Regione Piemonte, da dicembre”); Pryvit Europe documentario creativo coming of age di Michele Aiello, prodotto da Zalab Film che accende i riflettori su alcune ballerine e ballerini adolescenti ucraini che, dopo l’inizio della guerra, continuano a frequentare accademie di danza fuori dal loro paese: fra queste, anche la Scala di Milano. E ancora, The Fires (I fuochi) – secondo lungometraggio (esordio alla finzione) di Fabio Bobbio, prodotto da Chiara Andrich di Ginko Film, la storia di Michele, sorvegliante notturno di una fabbrica che chiude all’improvviso mettendolo di fronte alla necessità di affrontare le conseguenze della radicalizzazione delle tensioni in un contesto post-rurale e post-industriale.


