Il riconoscimento dell’Hollywood Foreign Press Association di Los Angeles, nuovo premio collaterale annunciato alla vigilia della Mostra, è l’ultima piccola tessera, in ordine di tempo, del mosaico concepito dal direttore della Mostra Alberto Barbera, da circa dieci anni in fruttuoso sodalizio con il presidente della Biennale Paolo Baratta.
Non è più una notizia, ormai, che il cinema hollywoodiano individui Venezia quale trampolino per la corsa agli Oscar; la scelta è premiata dagli esiti delle recenti edizioni, con film selezionati al Lido e successivamente vincitori delle ambite statuette.
Ma così come questo premio collaterale intende valorizzare i film “difficili” (i riconoscimenti andranno ai film vincitori nella sezione “Orizzonti”), nel mosaico della Mostra il grande cinema americano coesiste con percorsi di ricerca e sostegno di giovani talenti, da Biennale College a Venice Virtual Reality.
Il delicato equilibrio sembra reggere anche al “salto”che Barbera ha deciso di fare, accogliendo quest’anno nel concorso film non destinati alla sala cinematografica: quelle produzioni hollywoodiane targate Netflix che Cannes, anche in osservanza alle normative francesi, non ha ammesso.
La traduzione concettuale dello strappo sta nell’esortazione a “spingersi oltre i limiti anziché erigere barriere”, “ad accettare i cambiamenti indotti dalle trasformazioni tecnologiche, dalla rivoluzione digitale, dalle modifiche del mercato”.
Le parti sembrano essersi invertite: non è più Venezia, ma Cannes la “vecchia signora”, vestale del cinema su grande schermo. Alberto Barbera è anche curatore dell’esposizione all’Hotel Des Bains sulla storia della Mostra del Cinema.
Questa mostra svelerà che le edizioni sono state più di 75, alcune inghiottite dalla “damnatio memoriae” (espressione di Paolo Baratta); ma dovrebbe rimandare anche ad un altro rimosso: lo sfregio subito dal Des Bains.
La riapertura di una piccola parte dell’albergo – la sala Visconti – non può non portare alla mente, infatti, che dentro il progetto partito con la posa della prima pietra del Nuovo Palazzo del Cinema, nel 2008, c’era anche la riconversione di parti del Des Bains a residenze di lusso, confondendo, forse, il Lido di Venezia con Montecarlo.
E’ noto che il disegno è naufragato, lasciando però qualche traccia, dal “buco” di fronte al vecchio Palazzo del Cinema riempito con il “cubo rosso”, al Des Bains sventrato nei suoi piani superiori e svuotato dei suoi decori, ad eccezione, appunto, della sala Visconti.
E’ noto anche che il degrado del Des Bains (ma per la seconda volta si promette di restituirlo a nuova vita, che sarà comunque un’altra vita), non ha travolto la Mostra.
Anzi, le tessiture e gli strappi di Barbera ci rassicurano che, così come il suo festival più antico del mondo, il cinema è vivo.
Difficile però prevederne il futuro: sul grande schermo o sugli smartphone?