Con “Braccialetti Rossi”anche l’Italia quest’anno è candidata ai Emmy Kids Awards, il maggiore riconoscimento per l’intrattenimento dedicato ai più giovani, che si svolgeranno il prossimo 5 aprile al Miptv di Cannes.
“Braccialetti Rossi”, la serie tv diretta da Giacomo Campiotti e prodotta da Palomar per Rai Uno, remake della catalana “Polseres Vermelles”, è stata selezionata nella categoria “Series”.
La serie, ispirata al libro omonimo e autobiografico dello scrittore spagnolo Albert Espinosa, segue le vicende di alcuni ragazzi, che, ricoverati in ospedale per varie cause, fanno amicizia tra loro. Palomar è stata la prima a credere in “Braccialetti Rossi” e a decidere di portarla in Italia, assieme a Rai, quando il format catalano era conosciuto solo in Spagna, dove stava avendo un gran successo.
I primi assieme a Steven Spielberg, a onor del vero, come rivela a Cinema&Video International il direttore generale di Palomar, Nicola Serra.
“Eravamo in Spagna, Carlo (Degli Esposti, fondatore e presidente di Palomar, n.d.r.) e io, per un’altra ragione, dovevamo incontrare il nostro partner spagnolo Big Bang Media. Proprio loro ci hanno chiesto di dare un’occhiata alla puntata di questo nuovo format: abbiamo deciso subito di prolungare di un giorno la permanenza, perché volevamo prenderlo ad ogni costo. La cosa pazzesca è che proprio in quei giorni la società di Spielberg stava chiudendo l’accordo per i diritti mondiali della serie, quindi siamo riusciti ad accaparrarci quelli per l’Italia al foto-finish.
Siamo stati però i primi a realizzarla da un punto di vista temporale: mentre noi già giravamo la seconda stagione, in USA sono usciti con la prima, “Red Band Society”, che però non è andata benissimo, tanto che l’hanno sospesa, pur contando sulla presenza nel cast di un premio Oscar (l’attrice Octavia Spencer – Oscar come attrice non protagonista per “Help”)”.
Il successo di “Braccialetti Rossi” in Italia, invece, è andato in crescendo: “Per una volta battere Spielberg su un prodotto per ragazzi è un bel risultato, lui di ragazzi ne sa qualcosa!” Scherza Serra, sottolineando, poi, che la soddisfazione per la nomination è legata soprattutto al fatto che a essere candidato sia un prodotto “che porta avanti valori positivi, ma che tocca temi difficili, e dolorosi, come la morte e la malattia fra i più giovani”.
Temi che alla fine sono stati capaci di intercettare un grande pubblico, e di rendere la serie un fenomeno globale, conosciuta in tutto il mondo, e oggetto di remake in molti paesi.
“La candidatura all’Emmy è un riconoscimento anche di questo, oltre che del marchio di fabbrica italiano”, prosegue Serra.
Un marchio di fabbrica che ha assicurato alle prime due stagioni, andate in onda nella primavera 2014 e 2015, ascolti fra i 6,5 e i 7 milioni, “’ringiovanendo’ di circa 10 anni il target di Rai Uno, con punte di oltre il 30% nelle fasce sotto i trent’anni, riunendo dopo tanto tempo tutta la famiglia di fronte alla televisione, e creando una community di fan sul web che è la maggiore in Italia, con quasi 2 milioni di persone.”
Ma quali sono gli elementi di questo successo? “Intanto la grande importanza che diamo alla scrittura, -spiega Serra. – La nostra prima serie prende molto da quella spagnola, sulla seconda abbiamo introdotto tanti elementi nuovi, grazie anche a Campiotti e a Sandro Petraglia, la terza serie invece è quasi tutta originale. La vedremo in autunno: stiamo montando adesso le puntate, che sono molto belle, con personaggi nuovi che affiancheranno quelli storici.
Altro fattore determinante è la condivisione dei valori di cui la serie è portatrice, e quindi la passione che abbiamo messo in ogni dettaglio, in ogni miglio della strada che abbiamo percorso insieme, soprattutto con Rai, che ha avuto un grande coraggio a credere in questo progetto e a sceglierlo per la prima serata di Rai Uno.
C’è poi l’ottima regia di Campiotti, che è riuscito a tradurre tutto questo in immagini, dirigendo un cast esemplare di ragazzini (prima sei, adesso dodici), che hanno lavorato con grande maturità e sensibilità, cosa non scontata visto la loro giovane età. Diciamo che abbiamo trovato una formula dove ogni elemento è azzeccato, dalla musica, altra grande protagonista della serie, all’ambientazione.”
Location centrale di “Braccialetti Rossi” è l’ospedale dove i ragazzini sono ricoverati, e che è stato ricostruito interamente all’interno del CIASU (Centro Internazionale Alti Studi) di Fasano, in Puglia.
“Abbiamo scelto la Puglia grazie anche all’Apulia Film Commission, che ci ha portato in questo centro a Fasano, perfetto all’interno per il tipo di scenografie che volevamo realizzare, e all’esterno per l’ambiente un po’ magico, con gli ulivi secolari, la veduta sul mare, una location che è diventata un tratto identitario della serie. In “Braccialetti Rossi” c’è una componente forte di realismo, ma anche di emozione, ci sono degli elementi duri, che riguardano la malattia e la morte, a cui il racconto non fa sconti, pur essendo volto comunque al positivo, alla luce… E la luce in questo luogo, soprattutto al tramonto e all’alba, è spettacolare. Le riprese hanno interessato tutta la Puglia: principalmente la costa settentrionale, attorno a Bari, Monopoli, Polignano a Mare, ma anche il Salento e le Isole Tremiti”.