Trovo molto importante che ci si parli fra i vari segmenti della catena, fra le varie associazioni e categorie, ma bisogna dirsi la verità. Da anni la distribuzione cinematografica è da tutti additata come il principale problema irrisolto; probabilmente c’è qualcosa in questo segmento che non va e che intralcia il flusso creativo e soprattuto economico.
Ci sono delle rendite di posizione che si sono incrostate negli anni, posizioni dominanti che ostacolano nuovi prodotti che magari sono molto attesi dal pubblico giovanile.
C’è una grande fame di film di genere presso le nuove generazioni, che rimangono da anni senza prodotto, a causa del “collo di bottiglia” della distribuzione.
Ad esempio “The Ghostmaker” , un film che ho co-prodotto a Los Angeles, è stato distribuito in una decina di paesi, ma non in Italia, nonostante all’anteprima italiana fatta a Taormina ci fossero 500 ragazzi accorsi da tutta la Sicilia che sapevano tutto del film.
Il problema è che i distributori regionali non permettono alla programmazione di essere differenziata e costringono gli esercenti a programmare i film dei cataloghi forti, sbarrando la strada agli indipendenti.
Per questo al meeting ho lanciato un’idea: fare i mercoledì horror nei cinema d’essai di tutta Italia; ci sono tanti ragazzi che amano l’horror e il fantasy, e ci sono diversi produttori di film horror , però sono scollegati.
Agli esercenti che si lamentano perché non incassano, io dico: differenziamo la programmazione, creiamo uno spazio per il prodotto di genere, e vedrete che i vostri incassi torneranno a salire.
Sto parlando di commedie d’azione, di thriller, di horror, di film anche erotici: c’è tutto un mondo inesplorato che darebbe maggiore varietà e farebbe guadagnare di più la sala.
Se il “palinsesto” della sala varia, la gente ha più motivi per frequentarla. I cinema devono tornare ad essere i negozi dei film se vogliono sopravvivere: non devono essere monomarca, ma avere tutti i migliori prodotti possibili.
Da parte nostra noi stiamo cercando di migliorare i nostri prodotti, di fare film meno ostici, più comunicativi. Ad esempio ho girato un documentario con 13 telecamere: “I Gladiatori del Calcio”, sul calcio storico fiorentino. L’abbiamo venduto in Nord America e l’ha comprato Al Jazeera per tutto il mondo arabo. Se noi conquistiamo i mercati internazionali, come mai non convinciamo il nostro? La verità è che sta nascendo il cinema italiano 2.0 ed è ovvio che le posizioni dominanti facciano resistenza. Ma il pubblico giovane è dalla nostra parte: è contro la dittatura di commedie con comici televisivi e cinema d’autore. Non ci fanno entrare nel mercato? Non c’è alternativa: dobbiamo rompere il cartello. Questo sempre per dirci la verità…