L’evoluzione delle strategie degli Streamers è stata il cuore della seconda giornata di Incontri#11: giusto timing per una discussione di questo tipo, all’indomani della notizia che Netflix perde abbonati per la prima volta dopo dieci anni, e che fra poco in Italia si aggiungerà un altro ‘gigante’ nella fitta selva delle piattaforme vod Paramount +, la piattaforma VOD di Paramount, che arriverà sui nostri schermi nella seconda metà del 2022, probabilmente a settembre.
Ci aspettano 50 programmi originali internazionali che Paramount ha approvato in Europa per il 2022: lo ha confermato Sabine Anger, SVP Streaming, Central & Northern Europe and Asia, Paramount Global.
Uno di questi è “Miss Fallaci goes to America”, la loro prima produzione originale italiana, e a produrla è Minerva Pictures, che con questo progetto, selezionato al MIA Drama Pitching Forum aveva vinto i ViacomCBS International Studios Award al MIA 2020.
“Ne siamo particolarmente orgogliosi, anche perché sarà la prima serie tv che produciamo con la divisione seriale Drama che abbiamo aperto un anno e mezzo fa” ha detto Gianluca Curti, uno dei relatori del panel dedicato all’ cuore della seconda giornata di Incontri, i film meeting di IDM.
Paramount+ è entrata inoltre, anche nella compagine produttiva di “Circeo” prodotta da Cattleya e Rai Fiction (leggi qui).
Le riprese di “Miss Fallaci goes to America” inizieranno a gennaio 2023, e si protrarranno per cinque mesi fra la Toscana, il Lazio e New York: saranno otto puntate da 50 minuti (con la supervisione di Luca Ribuoli che curerà anche la regia della prime quattro puntate) e usciranno su Paramount + a settembre 2023. Più o meno ad un anno di distanza dal debutto italiano della piattaforma, che avverrà in collaborazione con Sky, come anche in UK e in Germania. In altri paesi europei, come la Francia, ad esempio, l’operazione sarà fatta attraverso una joint venture con Comcast.
È alto l’interesse per l’ingresso in Italia di questo nuova piattaforma VOD, anche dal punto di vista del modello di business: nel nostro paese Paramount è già presente con Pluto Tv, servizio AVOD (offerta free per gli utenti, e accompagnata da annunci pubblicitari).
Ma con Paramount + gli utenti potranno scegliere fra due tariffe: una, più alta, (“ma comunque sotto i dieci euro”, specifica Anger,) senza pubblicità l’altra, più bassa, che conterrà pubblicità. “È giusto dare agli spettatori la libertà di decidere, e il fatto che Netflix, dopo molti anni, stia considerando l’eventualità di inserire la pubblicità, dimostra come questo sia ancora un modello che funziona.”
Il panorama degli streamers si fa sempre più affollato, e le voci dei produttori indipendenti che reclamano i diritti delle loro opere sempre più forte. Siamo ancora nella Golden Age degli streamers, concordano tutti, ma è necessario percorrere modelli alternativi rispetto al total buy out. Che è l’unica possibilità, sottolinea Benjamina Mirnik-Voges, VP, Original Productions GSA, di The Walt Disney Company, “quando si tratta di programmi originals che finanziamo al 100%. Se invece c’è una condivisione del rischio, allora possiamo parlare di dividere in percentuali.”
Ma in Italia, con il tax credit, i produttori indipendenti partecipano già al rischio, ribatte Nicola De Angelis, che con Fabula Pictures ha prodotto la prima serie italiana originale Netflix, “Baby”, e sempre per Netflix sta girando adesso in Puglia “Briganti”, che racconta delle bande di briganti in lotta fra loro all’indomani dell’Unità d’Italia, diretta da Steve Saint Leger, Antonio Le Fosse e Nicola Sorcinelli. “Le produzioni cosiddette originals, come ‘Briganti’ per l’appunto, saranno sempre importantissime, ma io credo che la chiave del rapporto futuro della relazione fra gli streamers e i produttori stia nel licence.”
De Angelis e Curti concordano sulla necessità di rendere più vincolante la legge sul tax credit, per tutelare i produttori meno strutturati e toglierli dalla discrezionalità delle decisioni dei colossi dello streaming: “La percentuale del budget che il produttore italiano porta come tax credit gli andrebbe riconosciuto sotto forma di diritti di vendita e di IP, altrimenti permane una situazione di subalternità, e questo è un problema sia economico che politico.”