E’ stata la prima volta che un ministro presiedeva la presentazione annuale dei numeri del cinema italiano: Dario Franceschini, titolare del dicastero dei beni, attività culturali e turismo, ha concluso la conferenza stampa del 15 Aprile promettendo di impegnarsi per ”evitare tagli e portare più risorse” al cinema, e comunicando quelli che saranno gli obiettivi prioritari dell’azione del MiBACT.
Bisogna aumentare le coproduzioni con l’estero (attualmente funzionano solo con la Francia), e in particolare con quei paesi emergenti che esprimono flussi crescenti di turismo in Europa ma non in Italia, ha detto Franceschini. Nella prospettiva di una maggiore internazionalizzazione del nostro cinema va anche l’impegno annunciato dal ministro sul tax credit, per superare il tetto dei 5 milioni come importo massimo detraibile da parte delle produzioni straniere in Italia, tetto che non attrae i film ad alto budget.
Franceschini ha inoltre ammonito le televisioni, sia quella pubblica che quella privata, a fare di più per il cinema italiano, non solo negli investimenti ma anche nei criteri di programmazione; ha annunciato provvedimenti di defiscalizzazione per le piccole sale, ha assicurato che la politica sarà fuori dalle commissioni ministeriali, anticipando che i componenti saranno selezionati in base ai curricula e i funzionari del ministero non voteranno.
Ha rivendicato orgogliosamente lo schieramento dell’Italia a fianco della Francia nella battaglia per l’eccezione culturale, che significa “tenere fuori il mondo della cultura dagli schemi del mercato”.
L’appello finale rivolto ai produttori – ” far vedere la bellezza italiana” nel mondo – è stato polemicamente colto da Nicola Giuliano, produttore del premio Oscar “La grande bellezza”.
Dalla platea Giuliano ha replicato che i luoghi della bellezza costano troppo: 30 mila euro ha speso in una notte per le riprese alle Terme di Caracalla. Il produttore ha tracciato un quadro impietoso della situazione italiana, dove norme inadeguate tagliano fuori i produttori dal grande circuito delle coproduzioni europee; dove non viene riconosciuto il valore del prodotto che viene realizzato . Dove “quello che manca è il mercato”.