Dopo un’anteprima di successo al Tallin Black Nights Film Festival, ll Corpo, thriller di Vincenzo Alfieri arriva Fuori Concorso al 42° Festival di Torino. É il remake di un film spagnolo, che Sony ha ‘commissionato’ a Eagle Pictures.
La sceneggiatura, scritta a quattro mani da Alfieri assieme a Giuseppe Stasi (autore di Metti la nonna in Freezer e The Bad Guy), ed è stata così apprezzata che Sony ha voluto la sceneggiatura italiana, piuttosto che quella spagnola, per il remake francese.
Ne ha parlato al Torino Film industry, Roberto Proia, direttore esecutivo Eagle Pictures, che ha anche anticipato un nuovo film, alla cui sceneggiatura stanno lavorando sempre Alferi e Stasi: 40 Secondi, ispirato all’omonimo romanzo di Federica Angeli, racconta la storia vera di Willy Monteiro Duarte, ucciso in 40 secondi dai fratelli Bianchi.
“Avrà uno stile alla Elephant di Gus Van Sant, e si concentrerà sulle 24 ore precedenti all’omicidio dei vari personaggi coinvolti della storia, – dice Proia. – Vorremmo girare ad aprile e uscire in sala a novembre, facendo un lavoro importante sulle scuole.”
L’impegno con le scuole, assieme al tema, la banalità del male, e la violenza immotivata dei giovani, lo collocano vicino ad un altro titolo Eagle: Il ragazzo con i pantaloni rosa, attualmente nelle sale, dove ha totalizzato 600 mila spettatori e ha l’ambizione di “superare il milione”: ne è convinto Proia che di questo progetto è l’artefice, poiché venendo per caso a conoscenza della storia vera di Andrea Spezzacatena, prima vittima nota di cyberbullismo, ha deciso di comprarne i diritti e ne ha firmato la sceneggiatura.
La sua è una scrittura di un uomo di marketing “che pensa continuamente allo spettatore che deve prendere l’auto e tirare fuori 9 euro per andare al cinema.” Tanto’è vero che, “quando stavamo girando avevo già scritto il trailer”.
La sfida era tosta, ma anche la determinazione, perché, spiega Proia “abbiamo pensato che andasse a riempire un vuoto cinematografico importante nel panorama italiano, per cui anche se fossimo andati in pari, ne sarebbe valsa la pena. La paura era che la storia fosse troppo devastante, ma abbiamo fatto un film sulla vita non sulla morte. E lo abbiamo comunicato subito nel trailer: il pubblico doveva avere l’idea che sarebbe andato a vedere Wonder e non La Stanza del Figlio.”
Hanno fatto centro: “abbiamo portato in sala i ragazzi che ci vanno solo per i grandi eventi, per un film senza star. La soddisfazione è stata vedere i challenge che i ragazzi hanno ideato su TikTok, in cui montano assieme video di loro stessi prima e dopo la proiezione, quando escono in lacrime, o di loro che cantano la canzone di Arisa. Altra enorme vittoria è stata il fatto che alcuni ragazzi di un liceo di Gallipoli, dopo aver visto il film, hanno denunciato al preside un episodio di cyberbullismo. Penso che il merito sia stato quello di non indugiare sul voyeurismo, non facendo una lezioncina, perché quello che volevamo era che sentissero, non che capissero.”
E anche quello di non fare un film contro l’omofobia: “sarebbe stato facile per me che sono omosessuale. Ma non sarebbe stato rispettoso della verità, perché a 14 anni non credo che Andrea potesse aver chiaro il suo orientamento. Il nostro film parla di accettazione e di diversità tout court.”
Prima de Il ragazzo dai pantaloni rosa c’è stata un’altra storia scritta da Roberto Proia sempre con l’occhio al pubblico e al cinema romantico americano, che è diventata un enorme successo, tanto da trasformarsi in una trilogia e poi in una serie tv su Amazon: Sul più bello. Una storia tutta piemontese, diretta da una giovane regista di Mondovì, Alice Filippi, e girata a Torino, grazie all’incontro fra Roberto Proia e il direttore di Film Commission Torino Piemonte Paolo Manera al Festival di Toronto, “dove mi convinse a spostare l’ambientazione da Milano a qui.”
Due successi, quelli de Il ragazzo dai pantaloni rosa e Sul più Bello, che danno forza alla convinzione di Proia secondo cui “uno dei problemi del cinema italiano è l’allergia alla parola commerciale. L’idea che commerciale stia agli antipodi della qualità. Ma per convincere il pubblico ad andare in sala devi dargli qualcosa che a casa non ha. Io ero innamorato di queste storie americane dove due persone si innamorano e poi una delle due muore. E mi chiedevo: perché in Italia non si fanno? Dunque ho provato a scriverne una io, con l’unico cambiamento che la ragazza in questione non fosse bellissima ma molto normale. C’è stata una regista, a cui ne ho proposto la direzione, che si è entusiasmata per la sceneggiatura m aha rifiutato, dicendo: voi siete la Eagle, sicuramente ne farete qualcosa di commerciale… Dopo l’uscita del film tanti genitori mi hanno scritto, ringraziandomi perché i loro figli, che si sentivano perdenti, avevano trovato una fonte di ispirazione nella protagonista del film, in cui vedevano una possibilità di riscatto che passava attraverso la personalità. Un importante seme da lasciare per un film commerciale!”