Buone notizie dal botteghino: in giugno (1-21) sono stati venduti 3,7 milioni di biglietti, +14,04 rispetto allo stesso mese del 2014 (ma -19,73% rispetto al 2013). Tendenza costante, e più interessante, nella crescita di pubblico verificatas tra il 1° gennaio al 21 giugno 2015: sono stati staccati 50,08 milioni di biglietti, con +4,22% rispetto al 2014 e +4,66% rispetto al 2013.
Si apre dunque sotto buoni auspici Cinè, l’evento che quest’anno per la quinta volta riunisce a Riccione distributori ed esercenti: luogo deputato alla presentazione dei listini, ma anche occasione di bilanci, riflessioni e previsioni sul consumo di cinema in sala.
Questo fascicolo dà ampio spazio alle anticipazioni dei nuovi titoli che usciranno prossimamente in sala, ma apre con Bruno Zambardino, esperto di economia dei media, che interviene sui nuovi scenari che si profilano, in Italia, alla vigilia dello “sbarco” (previsto per ottobre) di Netflix nel nostro paese.
Come cambierà la fruizione dei film e, di conseguenza, come si attrezzerà la sala cinematografica ai tempi dello streaming?
La sala, proprio perché è il bersaglio più vicino, sembra essere più sensibile alle sollecitazioni di cambiamento.
Lo conferma un esperimento, di cui diamo conto nelle pagine che seguono, fatto nello scorso giugno in Italia su un piccolo film, “Una storia sbagliata” di Gianluca Tavarelli : il produttore Carlo Degli Esposti e il portale di cinema MYmovies hanno tentato una forma nuova di distribuzione, in cui la sala diventa anche luogo virtuale, partecipando allo sfruttamento online e diventando, di fatto, anche distributore del film.
Più avanti, sempre in questo numero, tracciamo un bilancio di “D’autore”, il circuito di sale creato in Puglia per la diffusione del cinema di qualità. Si tratta di un progetto durato cinque anni che la Regione ha finanziato e che l’Apulia Film Commission ha attuato coinvolgendo venti sale sul territorio e gestendone la programmazione.
Due esperienze molto diverse tra loro, apparentemente in antitesi: la prima porta il cinema in casa, la seconda esalta la fruizione in sala.
E’ noto che nell’attuale assetto di mercato molti (soprattutto piccoli) film, non trovano una sala dove essere proiettati; anche se, con ogni probabilità, potrebbero avere il loro pubblico.
Ciò che unisce i due casi citati credo sia il fatto che ambedue puntano prioritariamente al pubblico. Non importa se per arrivarci occorre creare una sala virtuale, oppure è necessario gestire direttamente la programmazione, come ha fatto Apulia Film Commission con “D’autore”.
Una volta si diceva: “la struttura fa cultura”; è ancora così?
Nel futuro che si intravede, la centralità della sala non esiste più per il cinema, e nemmeno per il suo pubblico.
La sala, giova ricordarlo, rimane semmai essenziale per la collettività, perchè i luoghi di spettacolo (dunque non solo cinema) sono luoghi di coesione territoriale.
La sala, in sostanza, non è un problema del cinema, che trova sempre nuovi canali di diffusione, ma dovrebbe stare molto a cuore agli amministratori pubblici, a coloro a cui sta a cuore la tenuta del tessuto sociale.