di Paolo Di Maira
La cinquantesima edizione del Globo D’Oro, i premi che ogni anno la stampa estera assegna al cinema italiano, ha decretato il trionfo di “Mine Vaganti” con quattro riconoscimenti: miglior film, migliore sceneggiatura, migliore fotografia, migliore attrice rivelazione.
Tra i premiati campeggiano “Baaria”, premio per il miglior regista e la migliore musica, “Basilicata Coast to Coast” migliore opera prima, “Focaccia Blues” “film da non dimenticare”.
La Manifestazione, diretta e presieduta da Elizabeth Missland, vive dal 1959, anno in cui tre giornalisti stranieri, John Francis Lane, Melton Davis e Klaus Rhà¼le, decisero di rendere omaggio al Cinema Italiano nel suo momento di massimo splendore, istituendo un premio sul modello dei Golden Globes di Hollywood.
Curiosamente, ma forse non tanto, con la gran parte dei film premiati quest’anno si potrebbe disegnare la mappa di un itinerario nel sud dell’Italia.
Ci siamo chiesti: qual è l’ Italia che, specchiandosi nei film, vive nell’immaginario dello spettatore/osservatore straniero?
L’occasione dell’evento svoltosi nello scorso luglio è stata preziosa per “intercettare” quelli che possiamo considerare opinion leaders: i giornalisti della stampa estera accreditata in Italia, cui abbiamo girato la domanda.
“Spesso la Stampa estera ha avuto la funzione -come dire?- di “rendere giustizia” all’Italia, o piuttosto al meglio dell’Italia, quando gli Italiani stessi se lo erano dimenticato”, commenta Marcelle Padovani, di Le Nouvel Observateur.
E spiega: “Anche in occasione degli ultimi Globi d’oro, in un certo senso, abbiamo reso giustizia non solo al cinema del sud e sul Sud, ma al Sud stesso.
Il Sud : l’abbiamo scoperto a poco a poco, noi corrispondenti, prima con i problemi del crimine organizzato, ovviamente, ma sopratutto con gli scrittori, con la straordinaria capacità creativa degli scrittori e dei cineasti del Sud”.
Un’Italia sospesa nel mito: “Come se questa regione fosse rimasta un serbatoio di cultura, di esperienze, di razionalità disperata (a volte), e comunque di inventiva infinita , da Sciascia a Camilleri, passando per Giuseppe Tornatore, Franco Battiato o Elvira Sellerio.
Il Sud per noi è il simbolo di un’ Italia eterna: colta e comunicativa, anche nelle sue disperazioni …”
Da un’Italia senza tempo a una terra dove si “ritrovano” le emozioni: “Sono cresciuto in Francia- racconta Salvatore Aloise di Le Monde – nel nord-est piovoso e grigio.
Per questa ragione, quando venivamo in vacanza dalle nonne, in Calabria, era sempre prima di tutto l’esplosione di colori di quella terra che mi colpiva.
Da allora il sud a tinte forti è per me Italia.
E forse inconsapevolmente lo cerco sempre anche nei film.
E, mi sembra, non soltanto io”.
L’emozione è tanto più forte quanto più è lontana la fonte:
“Più della Sicilia di Tornatore ed il Salento di “Mine vaganti” già visti, mi hanno colpito i paesaggi di un altro tempo, un po’ lunari di “Basilicata Coast to Coast””
Sono considerazioni illuminanti, che non soltanto confermano la potenza comunicativa del cinema, ma esprimono la grande attrazione esercitata da qualcosa che forse noi italiani consideriamo perduta.
Questa sensazione si acuisce ascoltando le parole di Sergey Startsev dell’agenzia Novosti:
“Come è noto, da sempre i russi provano un’irrazionale attrazione per il Bel Paese: per i suoi paesaggi, per le antiche rovine, per l’allegro e vivace temperamento del popolo italico, per la gustosa e sempre sorprendente cucina.
In un certo senso l’Italia risulta per i russi una sorta di magnetica illusione, una favola creata da loro stessi.
Ed è proprio la manifestazione di tale magica illusione che è ricercata dallo spettatore nel cinema italiano”.
Una magia che il boom del turismo russo in Italia non ha cancellato: “Vedere l’Italia coi propri occhi mantiene vivo l’interesse sia per il paese che per il cinema.
Immaginate una fredda e buia notte di Mosca e sullo schermo le scintillanti e fragili onde del mare che si intravedono nel film “Basilicata coast to coast”: per un russo tale immagine è un ricordo della festa dell’estate passata e la speranza che tale festa si ripeta.
Solamente questo è già un forte stimolo per assistere alla proiezione di un film italiano”.
Ma non basta mostrare le bellezze d’Italia per fare il successo di un film italiano in Russia:
” lo spettatore russo cerca in qualsiasi film proveniente dall’estero le collisioni umane e le realtà sociali che ben conosce.
Ciò avviene da quando nel dopoguerra lo spettatore sovietico subì un fortissimo shock culturale quando vide i film del neorealismo italiano e scoprì che lontano, nell’irraggiungibile Italia, le persone soffrono, piangono e gioiscono alla stessa maniera”.
“Oggi “” conclude Startsev – il pubblico aspetta da un film la stessa cosa: la conferma che anche in un’illusione, in una favola, esiste una vita vera”. Sorge un dubbio: fino a quando i nostri cineasti ce la faranno a rappresentare attraverso i film un’Italia che ci sta sfuggendo?