di Alberto Pasquale
GLI AIUTI DI STATO E L’ECCEZIONE CULTURALE
Se l’aspetto politico è stato affrontato e risolto con la creazione dell’Unione, quello economico e quello extraeconomico (leggasi “culturale”) si sono intrecciati.
Giannelli aveva in mente una Europa del Cinema che vedeva al suo interno la libera circolazione dei prodotti e, soprattutto, la produzione di film dall’identità sovranazionale (appunto, europea).
Non considerava le difficoltà legate all’«eccezione culturale» o alla «diversità culturale».
Come oggi sappiamo, queste ultime sono legate alla possibilità per i vari Stati membri di ricorrere agli «aiuti di Stato».
L’articolo 87 del Trattato di Maastricht, entrato in vigore nel 1993, proibisce infatti tali aiuti, per impedire che l’intervento dei governi dei Paesi Membri possa alterare la concorrenza e il commercio all’interno dell’Unione.
Tuttavia lo stesso articolo consente alla Commissione Europea di esonerare da tale divieto alcuni tipi di aiuti in considerazione dei loro effetti.
Tra i settori “protetti”, rientra anche la promozione della cultura: viene infatti introdotta una specifica eccezione al principio generale di incompatibilità proprio in relazione agli aiuti concessi dagli Stati Membri per promuovere la cultura.
Il regime europeo di aiuti alla produzione cinematografica e televisiva, predisposto nel 2001, avrebbe dovuto cessare nel giugno del 2004 ma, grazie a tre provvedimenti di proroga, rimarrà valido fino al 31 dicembre 2012.
Secondo la Commissione, per essere ammessi, gli aiuti di Stato nel settore devono rispettare determinati criteri. Quelli attuali possono continuare, per il momento, a promuovere la creazione culturale e garantiranno che gli aiuti concessi alla produzione cinematografica ed audiovisiva non incidano sulle condizioni della concorrenza e degli scambi in misura contraria agli interessi comuni.
Tuttavia sono emerse diverse tendenze che richiederanno, a tempo debito, il perfezionamento di tali criteri.
Tali tendenze comprendono il finanziamento di aspetti diversi dalla produzione cinematografica e televisiva (quali la distribuzione dei film e la proiezione digitale), ulteriori piani regionali di sostegno al cinema, nonché la concorrenza tra alcuni Stati membri per l’utilizzo degli aiuti di Stato per attirare gli investimenti esteri di imprese produttrici di film su vasta scala, prevalentemente statunitensi.
Si tratta di questioni complesse che richiederanno la riflessione insieme agli Stati membri e agli organismi nazionali e regionali a sostegno al cinema al fine di elaborare criteri appropriati.
La Commissione ha pertanto deciso di continuare ad applicare gli attuali criteri fino alla data in cui entreranno in vigore le nuove norme sugli aiuti di Stato per le opere cinematografiche e le altre opere audiovisive e comunque, come si è detto, non oltre il 31 dicembre 2012.
IL “CULTURAL TEST”
La Commissione è sempre più impegnata a fare in modo che gli schemi sottoposti a valutazione di compatibilità siano effettivamente coerenti con le condizioni culturali, per le quali sussiste la suddetta deroga a favore degli aiuti pubblici.
La valutazione degli schemi si fonda allora sull’analisi dei cosiddetti cultural test, ovvero “griglie” contenenti gli specifici criteri di eleggibilità , cui è associato un sistema di punteggio minimo e massimo ottenibile per ciascun film.
Proposti dalle Autorità nazionali, i “test” vengono sottoposti al vaglio della Commissione, proprio allo scopo di verificare il concreto ed effettivo legame tra l’aiuto concesso e il prodotto culturale che ne beneficia.
Vedremo che anche nel caso dell’Italia questi test si apprestano a giocare un ruolo importante.
Il 23 dicembre del 2008, la Direzione Cinema del MiBAC comunicava che cinque giorni addietro, il 18 dicembre, la Commissione Europea ha approvato un primo pacchetto di misure di incentivazione fiscale per il cinema «per 104 milioni di euro», proposte dal Governo italiano. L’autorizzazione di Bruxelles riguarda i crediti d’imposta (tax credit) e la detassazione degli utili (tax shelter), relativi alle spese e agli investimenti da parte delle imprese di produzione cinematografica per la realizzazione di film, contenuti nella precedente legge finanziaria (legge n. 244 del 2007).
La decisione di autorizzazione comunitaria è la N 595/2008 e la sua versione pubblica non è ancora disponibile, perché deve essere emendata delle informazioni riservate in essa contenute.
I decreti di attuazione collegati alle misure di incentivazione, avuto il beneplacito UE, devono affrontare una serie di adempimenti interni, prima della pubblicazione sulla Gazzetta Ufficiale e dell’effettiva applicazione.
Intanto, la seconda parte del pacchetto di benefici fiscali (quelli concernenti sia gli investitori esterni che le imprese di distribuzione e di esercizio, sui quali l’UE ha chiesto all’Italia di poter condurre ulteriori approfondimenti, in quanto del tutto nuovi nel panorama comunitario), verrà a sua volta notificata a Bruxelles nei prossimi giorni.
La durata del provvedimento va dall’1 giugno 2008 al 31 dicembre 2010. Si tratta dunque di una misura retroattiva che beneficia, come si è detto, solo una componente della cosiddetta filiera cinematografica:la produzione.
Per essa l’iter di autorizzazione è stato più semplice rispetto alle altre misure progettate, in quanto esistevano già dei “modelli” ai quali fare riferimento.
La lentezza nell’iter di approvazione è dovuta, al di là delle traversie sopportate dalla norma, abrogata e poi riesumata nel corso del 2008, dalla specificità tutta italiana di voler abbracciare per l’appunto un’operazione di filiera, nell’intento di coinvolgere anche i segmenti della distribuzione e dell’esercizio.
Tuttavia, la vera novità , anch’essa in attesa di approvazione, è la possibilità di accesso agli incentivi da parte di soggetti “esterni” al settore.
E’ una novità in quanto con essa si vuole avvicinare al settore cinematografico il mondo delle imprese e della finanza, da sempre restio ad investire in Italia in questo business.
Ma, come si è detto, occorre aspettare”¦