di Michela Greco
Guardarsi sul grande schermo come in uno specchio che rimanda un’immagine inquietante dei nostri tempi ma che, sfortunatamente, non è deformante.
Sarà ciò che faranno gli spettatori della 6/a edizione delle Giornate degli Autori, in programma dal 3 al 12 settembre a Venezia sotto la ritrovata direzione di Giorgio Gosetti (dopo tre anni di brillante “gestione” da parte del critico Fabio Ferzetti) che ha scelto come titolo italiano “Di me cosa ne sai” di Valerio Jalongo.
Il film, nato come collettivo sei anni fa proprio alla Villa degli Autori, nel corso del tempo è diventato a firma unica del regista di “Sulla mia pelle”, che ha realizzato un’inchiesta sotto forma di docu-drama per scoprire chi e come ha “smontato la macchina cinema” italiana negli ultimi trent’anni.
Prodotto da Ameuropa e Cinecittà Luce (che lo distribuirà ), “Di me cosa ne sai” intreccia testimonianze di molti protagonisti della Settima Arte “” da Marco Bellocchio a Ken Loach, da Paolo Sorrentino a Bernardo Bertolucci, da Daniele Luchetti a Federico Fellini “” e sprazzi di vita politica e culturale del Bel Paese, per indagare le ragioni del declino culturale che ha colpito il nostro cinema dai gloriosi anni ’70.
Il film è dedicato alla memoria dell’animatrice delle Giornate degli Autori Francesca Palombelli, che ha contribuito alla sua realizzazione.
Accanto a “Di me cosa ne sai”, i Venice Days propongono poi “” in collaborazione con la Settimana Internazionale della Critica – un altro impietoso ritratto dell’Italia vista attraverso uno schermo, ma stavolta quello piccolo della televisione.
“Videocracy”, firmato dall’italiano trapiantato in Svezia Erik Gandini, con la sua rassegna di mostruosità televisive degli ultimi decenni, promette di far esplodere un vero e proprio caso al Lido.
Se non altro perché tra i protagonisti dell’opera “” che arriverà in sala con Fandango a ridosso della Mostra “” ci sono personaggi come le veline, Lele Mora, Fabrizio Corona e persino il presidente del consiglio Silvio Berlusconi.
Ma le Giornate degli Autori, che proporranno 15 prime mondiali, 4 opere prime, 12 racconti di finzione e 6 documentari, con 15 nazionalità rappresentate, non sono solo questo.
“Sarà un’edizione profondamente legata al mondo femminile “” spiega il delegato Giorgio Gosetti “” con autrici, protagoniste e realtà che hanno colpito profondamente tutti noi.
Ma sarà anche un programma che, pur nella coerenza con l’identità delle Giornate, darà molto spazio alla provocazione, al cinema di genere riscoperto dagli autori più giovani, alla duttilità dei linguaggi e delle forme produttive, perfino al sorriso e alla satira, aspetti di norma poco valorizzati nei festival maggiori”.
Al Lido ci saranno alcuni autori consacrati ma qui alle prese con una “prima volta”: Claude Miller torna esordiente firmando con il figlio Nathan la co-regia di “Je suis heureux que ma mère soit vivante”, opera sull’infanzia negata, mentre Goran Paskaljevic propone la prima co-produzione in assoluto tra Serbia e Albania con “Honeymoons”, un film sulla “maledizione del Kosovo”.
I francesi, oltre al film della “famiglia Miller”, propongono le opere prime di Léa Fehner “Qu’un seul tienne, les autres suivront” e di Yannick Dahan e Benjamin Rocher “La Horde”, uno zombie-horror già di culto sulla rete ma che al Lido arriva per la prima volta su un grande schermo come evento speciale.
L’olandese Alex Van Warmerdamm, con “The Last Days of Emma Blank” mette in scena una surreale lotta di classe in riva al Mare del Nord, mentre dalla Spagna arrivano la commedia feroce “Gordos”, opera seconda di Daniel Sanchez-Arévalo dopo il celebrato “Azuloscurocasinegro”, presentato proprio ai Venice Days, e “Celda 211”, dramma carcerario di Daniel Monzòn.
Completano la selezione ufficiale lo statunitense “Barking Water” di Sterlin Harjo, la produzione austro-tedesca-britannica “Desert Flower” di Sherry Horman e il franco-algerino “Harragas” di Merzak Allouache.
Tra gli eventi speciali ci sono poi “I film della realtà ” che, come spiega Giorgio Gosetti, “vanno dalla contemporaneità assoluta di “L’amore e basta” di Stefano Consiglio, che indaga la quotidianità dell’amore “˜diverso’ attraverso le storie di nove coppie omosessuali, alla storicità di “Ragazze”¦ la vita trema” di Paola Sangiovanni, una sorta di cronistoria del femminismo, fino alla sperimentazione di “Poesia che mi guardi”, con cui Marina Spada ricorda la giovinezza della poetessa Antonia Pozzi”.
Sempre di poesia si parla con il docufilm “Alda Merini – Una donna sul palcoscenico” di Cosimo Damiano Damato, altro evento speciale insieme all’Omaggio all’animatrice Signe Baumane con 15 episodi di “Teat Beat of Sex” che, come si intuisce dal titolo, si concentra sull’amore e il sesso.
Nell’ambito del progetto 100 + 1, ancora curato da Fabio Ferzetti, ci sono infine la proiezione della copia restaurata di “I magliari” di Francesco Rosi, con il sostegno del MiBAC e di Cinecittà Luce, e “Vittorio D.”, documentario con cui Mario Canale e Annarosa Morri omaggiano il grande regista di “Ladri di biciclette”.