di Adriana Marmiroli
Conclusosi il 10 luglio il Roma Fiction Fest 2010, tentiamo un bilancio della manifestazione con Francesco Gesualdi, presidente della Fondazione Roberto Rossellini per l’Audiovisivo da cui il festival dipende.
I dati della 4a edizione sono più che positivi (l’incremento del pubblico tra 2009 e 2010 è stato circa del 16 percento).
Ma fino a poche settimane fa si lamentava, da parte degli organizzatori, l’assenza di rapporti con la nuova amministrazione regionale, mentre a più riprese si era parlato di una possibile fusione tra festival della fiction e quello del cinema.
Le casse regionali in crisi “” era il ritornello – hanno ben altri problemi finanziari da risolvere.
Poi, però, le cifre hanno premiato il RFF, e Renata Polverini, Presidente della Regione Lazio, si è affacciata in più di un’occasione alla ribalta festivaliera, dalla serata inaugurale a quella della premiazione, e ha anche fatto dichiarazioni rassicuranti per il futuro.
«Ringrazio “” esordisce con sollievo Gesualdi – la Regione Lazio che consente questa manifestazione e la presidente Polverini che ha pubblicamente confermato la bontà della nostra manifestazione e la volontà di sostenerla».
Solo qualche settimana fa si era parlato di mancanza di rapporti. Cosa è cambiato in questi giorni?
Quando ci sono i cambi nelle amministrazioni, c’è sempre un momento in cui i nuovi devono orientarsi e capire cosa trovano.
Per questo Renata Polverini e l’assessore Santini hanno voluto prima di inizaire un dialogo capire cosa fosse il Festival e l’attività della Fondazione che lo organizza.
Il presidente Polverini ha sempre detto in campagna elettorale, e più recentemente in un forum organizato dal Corriere della Sera, che l’industria dell’audiovisivo è una delle più importanti della regione, per cui non c’è mai stato dubbio che la nuova amministrazione considerasse centrale un’intervento per sviluppare questo settore.
Un comparto che – va ricordato – nel Lazio rappresenta circa 200 mila occupati e circa il 70 per cento delle imprese che operano a livello nazionale.
Il dialogo si è aperto, abbiamo presentato i nostri programmi alla Presidente: la sua presenza durante i giorni del Festival testimonia attenzione.
Ha fatto una dichiarazione che ci inorgoglisce, perché riconosce la bontà dell’idea.
Il Festival rappresenta una parte di straordinaria importanza di questo programma di rilancio, poiché rende omaggio alle eccellenze di maestranze, attori, produttori, registi.
Ma per fare un Festival bisogna mettere in piedi una politica che consenta di fare prodotto.
Cosa che – ne sono convinto – farà la Regione Lazio: sostenere il momento ludico del festival, ma prima ancora avviare un lavoro per rafforzare le imprese e l’economia di questo settore.
Tra i problemi che l’industria dell’audivisivo ha in questo momento c’è quello della delocalizzazione, che è forse stato il tema più discusso durante il Festival
La delocalizzazione è un fenomeno che esiste.
Se accettiamo di vivere in un mondo globalizzato, ci sta pure che una produzione vada laddove ci sono costi abbattuti.
Ma questo avviene molto spesso a discapito della qualità .
E anche questo va sottolineato.
Quello che si sta mettendo in piedi, e che deve vedere la Regione Lazio in prima fila, è che le regioni tutte si facciano parte attiva per dare strumenti e opportunità affinchè le produzioni usino location e maestranze italiane.
Ma le Regioni si lamentano di non avere dallo Stato neppure i fondi per l’ordinaria amministrazione di comparti di primaria importanza.
Non è tanto il discorso Regioni che mi preoccupa.
In questi giorni si parla tanto di Fiat e del suo ritorno a Pomigliano d’Arco.
Ma l’industria dell’audiovisivo, anche per numero di addetti, ha una forza d’impatto paragonabile, se non superiore, a quella di una Fiat.
Il prodotto audiovisivo ha in più una forza promozionale per l’Italia.
E mi spiace rilevare che ogni volta che si parla di apportare tagli – indipendentemente dal colore politico – si inizi sempre dalla cultura, considerata non come un investimento ma come contributi.
Cultura nel nostro caso è investire nel paese, portare le location italiane e i prodotti della nostra eccellenza in giro per il mondo.
O è un caso che gli americani proprio grazie a cinema e televisione abbiano imposto ovunque i loro modelli culturali?
Ma non sarebbe ora di pensare l’audiovisivo come comparto dell’industria invece che della cultura?
Circa 20 anni fa contribuii a presentare un disegno di legge per una revisione del ministero della Cultura: che non era quello di ora, ma doveva accentrare in sé le competenze di più ministeri.
Questo per dire che nel nostro paese servirebbe un unico luogo dove concertare e armonizzare una politica che non sia solo cura dei beni culturali e di un po’ di cinema, ma che sappia organizzare e rendere sinergiche tutte le attività finalizzate a rendere industria la promozione del prodotto Italia.
In questo senso però la Regione Lazio sta facendo importanti passi avanti nella direzione dell’internazionalizzazione.
Il RFF e quello del Cinema dove la Regione Lazio interviene pesantemente, sono momenti spettacolari dietro ai quali c’è la volontà politica di sostenere un’industria che in questo momento soffre molto.
E’ necessario dare strumenti, che non siano i vecchi contributi a pioggia ma opportunità per rafforzare le imprese dell’audiovisivo, costringendole a comportamenti virtuosi, molto più imprenditoriali.
Rispetto al passato questa edizione ha dovuto rinunciare al “decentramento”: c’è stata qualche polemica.
Le minori risorse di questa edizione ci hanno costretti a tagliare sulle province.
Ma è una parte del Festival che vogliamo ripristinare.
Non vogliamo rinunciare all’attenzione al territorio, che ci ha sempre sostenuto, anche con una folta e importante partecipazione di pubblico.